Gli emoji dominano da sempre i social media, e anche se contrastano con la tradizione di Wimbledon, possiamo usarli per rivivere la 131esima edizione dei Championships
Si chiamano “emoji”, non hanno classifica ma sono classificabili. Non formano una coppia di doppio tutta giapponese ma hanno partecipato in maniera attiva al torneo che due settimane l’anno ferma il Regno Unito. Segno dei tempi, anzi segni da inviare in tempi rapidissimi. Così tra quelli più evidenti, cioè più ripetuti, c’è il pittogramma (chi se ne intende traduce così il termine coniato dalle parti di Nishikori) che raffigura la bandiera del Lussemburgo. Tutto merito delle volée antiche con le quali Gilles Müller ha fatto impazzire Nadal. A proposito, c’è pure il simbolino della Spagna. Ma è più facile che il merito vada ricondotto alla finalista Muguruza. A dire la verità, che significa fare riferimento ai dati elaborati dalle piattaforme che si occupano di statistiche social, non mancano neppure i vessilli degli altri tennisti arrivati in fondo al torneo.
E c’è la palla, d’altra parte senza si fa fatica. Certo, la versione “twittabile” può anche risultare verde. Ennesima variazione sul tema per una protagonista del gioco che una volta – ma non sui social – è stata anche bianca. Nell’anno dell’ultima vittoria di Borg, per esempio. Quando la Regina già da un po’ non faceva un passaggio dalle parti dell’All England Club, proprio come in questa edizione. E allora in ipotetico omaggio alla Corona non manca l’emoji di una manina che saluta ricordando parecchio i convenevoli regali provenienti dal Royal Box. Da lì, nei casi più privilegiati, sarà possibile assistere alla finale dei maschi domenica alle 15.00. Così tra i mini simboli più cliccati c’è anche l’orologio con l’orario ben fissato. Non c’è da fare confusione tra l’orario nostro e quello al quale ormai sono abituati a svegliarsi i tennisti arrivati alla seconda settimana londinese. Di molto british c’è la faccina con le guance rosse parecchio tipica del colorito locale.
Invece gli occhi vispi sono una sorta di fermo immagine dello spettatore che segue lo scambio, con la palla che va da una parte all’altra della rete. Certo quando uno è on-fire come RF in questi giorni, gli occhi inseguono più che seguire. Con le mani che battono a tratti anche al ritmo dell’occhio di falco. Situazione che genera un “clap-clap” simile all’attesa di una palla break. Il pollice su rimanda ad una battaglia nell’arena, il braccio con il pugno sarebbe di Rafa se non avesse perso. E allora può essere attribuito a Cilic. L’uomo barbuto – simbolo esistente ma non sfruttato – capace di battere l’emoji in movimento più forte del mondo giapponese, cioè Nishikori, nella finale di uno slam. Con “slam” che suona un po’ come l’invio di un post. In attesa delle semifinali maschili, polpastrelli pronti: quattro sono le bandiere sulle quali premere il dito. Chi vince la sfida dei tweet, presumibilmente si porta a casa pure la coppa.