Federer, i 40 anni di un "dio" del tennis: viaggio alle origini del mito

TENNIS

Alfredo Corallo

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Da ragazzino, a Basilea, aveva fama di essere una testa calda, cacciato più di una volta dai campi di allenamento. Giocava anche a calcio, e prima di conoscere la futura moglie Mirka aveva una "cotta" per Pamela Anderson. Viaggio alle origini di Roger Federer, leggenda vivente del tennis e dello sport che oggi compie 40 anni

 

La lunga estate calda di John McEnroe, le sue folli provocazioni al Queen's Club, le cannonate sul seggiolone dell'arbitro James e il colpo di grazia al già precario equilibrio di Björn Borg dovettero avere una certa influenza sul nascituro, futuro Re di Wimbledon; come se la sparata epica dell'americano per un "out" di troppo - quella del "You cannot be serious" - avesse fatto breccia nel pancione di mamma Lynette, grande appassionata di tennis, verosimilmente davanti alla tivù in quei bollenti pomeriggi di giugno/luglio del 1981, qualche settimana prima di regalare al mondo il piccolo Roger. Perché l'imprinting cognitivo di Super Mac non tarderà a rivelarsi sul baby royal d'Elvezia, l'ultimo genio ribelle di una città - Basilea - che aveva partorito menti diaboliche come il matematico Eulero, Albert Hofmann (il chimico dell'LSD) e segnato profondamente l'esistenza dei più celebrati visionari Erasmo da Rotterdam, Friedrich Nietzsche, Carl Gustav Jung, Hermann Hesse, Meret Oppenheim. Ma "Roggi" - come lo chiamano ancora con affetto nella campagna svizzera - non si limitava a spaccare le racchette o mandare al diavolo il malcapitato di turno alla stregua di un "normale" McEnroe; era il giudice più severo di se stesso, incapace di perdonare la propria imperfezione fino ad "auto-flaggellarsi" di insulti e urla disumane, cacciato regolarmente dai campi di Riehen e Münchenstein, dov'è cresciuto a pane (lo Schlumbergerli), dritto e Basler Mehlsuppe (una zuppa di farina e cipolle tipica di quelle parti). Un Federer molto diverso dal raffinato, principesco gentleman che conosciamo oggi, Signore indiscusso del Sacro Slam. E allora partiamo per questo tour alle origini del Mito, da quell'8 agosto di 40 anni fa, un sabato mattina...

Un giovanissimo Federer con una racchetta più grande di lui...
Un giovanissimo Federer con una racchetta più grande di lui...

 

 

Il mio nome è Federer, Roger Federer

Non ci sono prove che all'Ospedale cantonale di Basilea la scelta sia ricaduta su Roger per via di una passione dei genitori per 007 (all'epoca interpretato da Roger Moore); ma solo un indizio, che abbiamo banalmente ricavato dai registri anagrafici: non era così raro nella Confederazione, a cavallo tra i '70 e gli '80, chiamare un bambino Roger, 15° nella classifica dei più gettonati tra i maschietti. E, secondo la versione ufficiale, papà Robert e mamma Lynette optarono per un nome di respiro internazionale con l'idea che un giorno - "Mai dire mai" - potesse essere pronunciato facilmente anche in inglese, quasi ne avessero intuito le stimmate dell'eletto:  

della serie (predesti) nato... con lo smoking

Federer con papà Robert e mamma Lynette
©Getty

La famiglia

Robert - originario del Canton San Gallo, figlio di un operaio e di una casalinga - aveva conosciuto la futura moglie (sudafricana, lei) a Kempton Park, non distante da Johannesburg, entrambi impiegati presso la Chemical Industry Basel (Ciba), un'azienda leader nel settore chimico. La invitò per una partita a tennis... e poi a seguirlo in Svizzera, dove si sposarono e nel 1979 nacque la primogenita, Diana, vittima preferita dei dispetti del fratellino, che la usava spesso come "bersaglio" per i suoi allenamenti nel salotto di casa. Diventata infermiera, sulle orme della nonna materna, forse anche per lo shock di quelle pallate moleste non si è mai realmente interessata della carriera di Fedi. "Una volta, al Masters di Shanghai - ricorda il giornalista René Stauffer nella biografia 'definitiva' sul campione - abbandonò l'arena a metà partita per andare in vacanza...". 

L'amico Chiudinelli e i 6-0 della "vergogna"

Roger ha vissuto per tutta l'infanzia a Riehen, nel Cantone di Basilea Città (al confine con Francia e Germania, a due passi dalla Foresta Nera). A 4 anni rimane folgorato dai numeri di Boris Becker a Wimbledon e decide che da grande metterà le radici sull'erba del Centre Court. A 8, durante il "Bambino Cup" di Arlesheim, incontra l'amichetto del cuore Marco Chiudinelli. "Fu l'unica volta che riuscì a batterlo", ci ha sempre scherzato su l'ex tennista di origini italiane, che nel 2014 conquisterà la Coppa Davis proprio al fianco del suo vecchio compagno di merende. I due si fanno le ossa al Club Old Boys Basel, dove "Ruggero" s'imbatte nella sua prima, pesantissima debacle in un torneo, sconfitto 6-0 6-0. Ma si rifarà...

La fede per il Basilea, l'idolo Totti: Roger e il calcio

Nel frattempo la famiglia si trasferisce a Münchenstein, a pochi chilometri dalla St. Jakobshalle (sede dello Swiss Indoors, che in carriera Federer vincerà 10 volte dopo esserne stato anche raccattapalle da ragazzino) e dal St. Jakob Stadium, un tempio a Basilea per gli appassionati di calcio, l'altra "malattia" del principino. Attaccante del Concordia, ma fedele tifoso del Fußballclub Basel 1893, cui ha dedicato delle parole al miele per il 125° anniversario dalla fondazione, citando persino i suoi idoli ("Karli Odermatt, Christian Gimenez e Massimo Ceccaroni") che con il tempo hanno lasciato spazio a Zidane e all'amico Francesco Totti. "Ogni tanto mi chiedono di diventare presidente della società - riportiamo da un breve estratto della lettera, pubblicata dal quotidiano Blick - ma quello che mi preme far sapere ai fan e ai giocatori che indossano quella maglia, è che potranno sempre contare sul mio appoggio. Eravamo rivali, abbiamo giocato spesso contro, ma l'FCB era la mia squadra del cuore da bambino e lo è ancora oggi". 

Roger Federer e Francesco Totti
©Getty

Peter Carter e un sogno chiamato ATP

A 12 anni, Federer appende "prematuramente" le scarpette al chiodo e giura amore eterno a racchette e palline, sollecitato da Adolf "Seppi" Kacovsky (il suo istruttore al Club Old Boys) e soprattutto da coach Peter Carter, l'uomo della svolta. Per l'australiano - che morirà nel 2002 in un incidente stradale - il ragazzo, ormai 14enne, è pronto a spiccare il volo. Con la benedizione di Robert e Lynette, Roger si trasferisce a Ecublens, a sole tre ore di treno da Münchenstein, per frequentare il Centro federale, passaggio obbligato nella strada verso il professionismo. "All'inizio fu durissima - confessò il tennista - mi mancava la famiglia, non parlavo francese, non avevo amici. Un inferno". Ma i primi successi a livello nazionale e una maggiore confidenza con l'ambiente lo convincono che era stata la scelta giusta. Seppure a fatica - non è mai stato uno studente modello, per sua stessa ammissione - termina la scuola dell'obbligo e nel luglio del 1998, da campione juniores di Wimbledon, fa il suo ingresso trionfale nel magico mondo dell'Association of Tennis Professionals, volgarmente abbreviato in ATP.

In camera... con Pamela Anderson

In Svizzera, tuttavia, il suo talento è ancora semisconosciuto, offuscato dall'exploit della 16enne Martina Hingis, numero 1 del mondo grazie al tris di Slam a Melbourne, Londra e New York calato nel 1997. Amatissima - ex aequo con la russa Anna Kurnikova - anche da Roger, ma non al punto da meritarsi il poster gigante sulla porta della sua cameretta, occupato dalla sua prediletta: Pamela Anderson. Lo "scoop" è di una tv di Basilea, che nel 2000 intervista un ossigenatissimo Federer direttamente nel suo regno: scopriamo, così, che Bruce Willis è il suo attore preferito e Will Hunting-Genio ribelle è il film che l'ha stregato, pizza e pasta i suoi peccatucci di gola. 

La "cameretta" di Federer con il poster di Pamela Anderson in bella mostra sulla porta
La "cameretta" di Federer con il poster di Pamela Anderson in bella mostra sulla porta

Da Milano a Sampras: è nata una stella

I muri della "tana" sono tappezzati anche dai faccioni di Shaquille O'Neal e Michael Jordan, con un piccolo altarino impreziosito dalle sue coppette, cui si aggiungerà presto il trofeo del Milan Indoor 2001, il primo ATP in assoluto portato a casa da FedExpress. Che, pochi mesi più tardi, agli ottavi di Wimbledon, si trova face-to-face con Sampras, un altro dei "totem" appesi in camera tra Pamelona e Stefan Edberg a turbare le sue fantasie da aspirante GOAT. Roger fa fuori in 5 set l'americano - che a Londra non perdeva da 31 partite consecutive - in quello che sarà l'unico confronto ufficiale tra i due, una sorta di staffetta: lo svizzero uscirà sì ai quarti, ma dal 2003 si aggiudicherà il Major inglese 8 volte in 15 anni battendo il record di 7 che apparteneva, appunto, a Pistol Pete. Quello, e tutto il resto. 

Mirka, una ragazza magica!

Se il match con Sampras è considerato il bivio della sua carriera, l'incontro con Miroslava Vavrinec - per tutti Mirka - è molto di più. Il colpo di fulmine alle Olimpiadi di Sydney, nel 2000, perché anche lei era una promessa del tennis, più grande di Roger di tre anni. "Credo che all'inizio mi guardasse come un bambino - raccontò l'elvetico in un'intervista al Guardian - era una ragazza forte, che mi ha insegnato come si lavora seriamente. I suoi genitori sono fuggiti dal regime comunista in Cecoslovacchia quando era in fasce, è sempre stata più matura di me". A dirla tutta si erano già "annusati" a Ecublens, anche se il primo impatto non fu certo il massimo. "Era venuta a vedermi giocare - rammenta King Roger - ma la prima cosa che mi ha visto fare è stato lanciare una racchetta e dire un sacco di parolacce. Avrà pensato: 'Gran giocatore, ma che problemi ha?". L'11 aprile del 2009 il sì a Villa Wenkenhof (a Riehen) e oggi allevano 4 figli, una doppia coppia di gemelli: Myla Rose e Charlene Riva, Leo e Lennart. D'inverno a Dubai, d'estate sul Lago Zurigo, nella culla della privacy.

Roger e Mirka a Wimbledon nel 2003
Roger e Mirka a Wimbledon nel 2003 - ©Getty

San Roger da Basilea

Sono lontani i tempi della villetta a schiera nel quartiere Waserhaus di Münchenstein. Venti Slam (come Rafael Nadal e Novak Djokovic), 103 tornei (l'ultimo nel 2019 a Basilea) e un centinaio di milioni di dollari dopo, Roggi è stato incoronato "The Swiss Maestro" e anche in patria è una specie di Santo. C'è una strada intitolata lui a Berna e nel 2019 la Zecca ha coniato una moneta commemorativa per lui, la prima nella storia dedicata a un personaggio contemporaneo. Stessa operazione per un francobollo, che lo raffigura con l'Insalatiera d'argento del 2007. Alcuni dei suoi cimeli sono esposti allo Sportmuseum della sua città natale e tanti campi in giro per la Confederazione portano il suo nome. E come dimenticare quel "regalo" dei suoi connazionali, un omaggio al primissimo trionfo ai Championships: una mucca da latte (800 chili!) che gli organizzatori dell'Open di Gstaad trascinarono direttamente sul centrale, e che Roger battezzò Juliette...

Federer con la mucca "Juliette" nel 2003 al Torneo di Gstaad (foto ATP Tour)
ATP Tour

La perfezione esiste: è lui!

Per "ricambiare" l'affetto del suo popolo, dallo scorso autunno ha accettato - a titolo assolutamente gratuito - la proposta dell'Ente del turismo di affidarsi a lui per promuovere il territorio. Così è nato il video girato a Zermatt, nel Canton Vallese, che ha già superato 50 milioni di views su Youtube. In breve, Federer riceve una videocall da Robert De Niro, in collegamento dai grattacieli di New York, a caccia di una location per il suo nuovo film e deluso perché la "Svizzera è troppo perfetta, non c'è suspence". Intanto scorrono le bellissime immagini delle Alpi, dei laghi, accompagnate dal sottofondo dei canti tirolesi. L'attore deve arrendersi, la perfezione esiste ed è svizzera. Alles Gute zum Geburtstag, Roger! Buon compleanno!