Sinner si racconta in esclusiva a Sky: "Il tennis? Una partita a scacchi"
l'intervista"Jannik, oltre il tennis. Sinner si racconta", un inedito autoritratto del giovane campione nell’intervista esclusiva realizzata dal direttore di Sky Sport Federico Ferri, alla scoperta del tennis di Sinner e soprattutto di quello che c’è oltre: il ragazzo Jannik
Un ritratto del giovane campione nello speciale "Jannik, oltre il tennis. Sinner si racconta", una nuova produzione originale Sky Sport già disponibile on demand. Un’intervista esclusiva di Federico Ferri in cui il tennista si racconta aprendo il “suo” mondo fatto ovviamente di tennis, ma anche di amicizie (“le stesse di quando andavo a scuola”) e altre passioni (la Playstation e le macchine, ma anche la buona cucina per “colpa” del papà cuoco). Per definire il tennis Sinner sceglie la parola passione. Ma non da subito: “Prima sciavo, poi ho giocato anche un po’ a calcio, ma alla fine ho scelto il tennis perché mi piace. Ho fatto questa scelta quando avevo più o meno 13 anni e mezzo, a 14 sono andato via di casa, dove stavo davvero bene, sulle montagne, con gli amici e con la famiglia. Ho scelto il tennis perché è diventata una passione: ogni torneo che faccio entro in campo perché mi piace. Non è sempre semplice, ovviamente, perché ci sono anche dei momenti difficili, ma anche quelli belli. E’ anche divertimento ovviamente, qualche volta ci sono delusioni, ma alla fine credo che sia una passione che sicuramente non mi lascerà per tantissimo tempo”.
Non tutti arriveranno a diventare Sinner, Berrettini, Nadal o Djokovic, ma è molto bello pensare che alcuni ragazzi, alcuni bambini comincino ad andare in campo dopo aver guardato voi. Perché oggi consiglieresti a una mamma o a un papà o a un bambino, di andare in campo, di fare uno sport, di provarci, indipendentemente dal risultato?
“Per la mia esperienza dico che è giusto provare tante cose; io, ad esempio- come ho detto prima -ho sciato, ho giocato a calcio, ho provato il tennis, ma quando avevo 10 anni il tennis era al terzo posto. Non sai mai cosa andrai a fare, non puoi vedere il futuro, però ho sempre continuato a provare delle cose e poi, poco a poco, mi sono reso conto ad esempio che il calcio non mi piaceva perché mi sono reso conto che è molto difficile che un giocatore faccia la differenza, quindi l’ho eliminto. Lo sci per me era molto difficile perché mentre stai andando non sai mai se sei avanti, indietro, se devi andare più veloce o puoi andare un po’ più lento e non vedevo l’avversario. Nel tennis ci sono più o meno tutte queste cose che per me sono importanti. Ma non è detto che sia uguale per tutti”.
Il poter determinare da solo e avere l’avversario di fronte…
“Esatto. Tante partite si vincono guardando solo dall’altra parte, nel senso che puoi prendere la forza guardando dall’altra parte del campo. Ti rendi conto che l’altro è nervoso e quindi devo giocare più calmo. È tipo un gioco di scacchi e a me questo gioco mi piace molto”.
Da qualche anno ci si aspetta molto da te: che rapporto hai con la pressione?
“La pressione per me è una cosa positiva perché vuol dire che sto facendo bene o che la gente vuole che faccio bene, ma la pressione più grande è quella che io metto a me stesso, perché voglio vincere io, perché voglio migliorare io delle cose, quindi la pressione me la metto da solo. Ma è inutile mettersi pressione a un torneo e dire: ok, questo lo DEVO VINCERE. Io lo posso vincere se gioco bene, ma non è che lo devo vincere, perché comunque, per vincere un torneo ci vuole tanto. Io cerco sempre di concentrarmi sul presente”.
Un grande uomo di sport, Ettore Messina, dice che una delle caratteristiche fondamentali per un campione è essere auto-esigente
“Per me questa è la cosa più importante, l’ho sempre avuta questa qualità; quando un atleta ha questa cosa vuol dire già tanto, perché questo significa che è disposto a far tutto, volendolo, anche da solo. Anche se magari l’allenatore lo spinge, è pur sempre il giocatore che si spingere da solo”.
Nell’ambiente del tennis sono tanti quelli che vedono in te dei valori che sono alla base del successo dei più grandi e parlo di mentalità: la cultura del lavoro, il rifiuto della sconfitta, l’allenamento e la professionalità spinta all’estremo delle proprie possibilità. Ti riconosci in questo? A volte il risultato diventa un’ossessione? “Qualche volta, è brutto da dire, ma le sconfitte possono aiutare. Ad esempio, quando perdo, mi rendo conto veramente di cosa sono, di dove è il mio livello e di quanto lo devo alzare. In alto puoi sempre andare. La mentalità è forse la parte più importante da tennista e non credo che sia solo nel tennis, ma in tutti gli sport. Su un campo da tennis devi accettare tutte le situazioni, perché può cambiare velocemente il gioco, può arrivare il vento, potrebbe piovere, quindi devi essere preparato a qualsiasi situazione in campo e i giocatori migliori al mondo quando non giocano il miglior tennis, vincono comunque. Io sto provando a migliorare quella parte e devo dire che quest’anno ci sto riuscendo molto bene. Perché ero molto costante e quindi vediamo nei prossimi anni come andrà a finire. Ovviamente devo ancora migliorare”.
Gli infortuni ti hanno obbligato a fermarti più volte in questa stagione
“Io non mi arrendo facilmente, sicuramente quest’anno non è stato il migliore, ma neanche il peggiore. Ho 21 anni, sono giovane e ho tante cose da migliorare. Sicuramente questa stagione ci sono stati dei momenti sfortunati in cui magari potevo andare più avanti e cambiare il mio livello, perché qualche volta è solo la confidence che vinci magari un torneo e quindi poi da lì parti; per me, quest’anno non è stato così, però non vuol dire niente. C’è l’anno prossimo, ci saranno dei tornei sempre più importanti e sicuramente sarò pronto a combattere contro i migliori al mondo, che poi è il mio obiettivo. Però credo di aver fatto tanti cambiamenti questa stagione e mi sento meglio come giocatore, come persona e anche fisicamente mi sento più forte, più pronto per stare in campo 4-5-6 ore”.
Che rapporto hai con la sconfitta? La analizzi subito, ci pensi per tanto dopo o riesci a guardare subito oltre?
“I peggiori dieci minuti sono sempre quelli che arrivano subito dopo la sconfitta perché lì cerco il confronto, forse in modo sbagliato, con il mio allenatore. Magari lui dice una cosa e la mia testa non la vuole capire, invece poi l’analizziamo dopo. Magari anche il giorno dopo ne parliamo e poi decidiamo come allenarci, cosa migliorare”.
Ti riguardi?
“E’ una cosa che a me non piace, ma lo devo fare. Ognuno può imparare dai propri errori”.
Poi ovviamente c’è la vittoria e ce ne sono tante per te. L’impressione che dai è che dopo ogni successo, pensi al livello successivo
“Anche quando vinco le partite, chiedo subito cosa potevo fare meglio. Ci sono veramente poche partite all’anno dove dico: oggi ho giocato veramente bene ed è andato tutto perfetto come volevo”.
La rivalità con Alcaraz: molti pensano che questo sarà il dualismo del futuro
“Sinceramente non penso tanto a questo, per prima cosa sono onesto, seconda cosa, per me lui è in un'altra posizione per parlare di queste cose. Ha vinto US Open, ha vinto i 1000, ha vinto già tante cose, io comunque non ho vinto -tra virgolette- nulla. So che il mio livello è molto alto quando gioco bene e l’ho fatto vedere spesso e lo farò vedere ancora tanto. Conosco anche i difetti su cui devo lavorare per vincere tornei importanti quindi vedremo… soprattutto nel prossimo anno, perché secondo me sarà un anno molto importante per me. Parlando di me e Alcaraz posso dire che siamo due giocatori forti, siamo giovani e ogni volta che giochiamo contro facciamo vedere le nostre qualità. Abbiamo fatto delle belle partite e spero che ce ne siano altre”.
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In questo percorso di crescita che stai facendo hai detto una cosa importante, cioè che il futuro immediato, il 2023, ha un valore per te: ti sei dato degli obiettivi, hai molte aspettative?
“Aspettative no, nel senso che ho fatto vedere spesso quest’anno che potevo andare veramente lontano nei tornei, ma non ci sono riuscito perché c’erano dei problemi. Credo che l’anno prossimo - o almeno spero- che questi problemi non li avrò più perché per me la preparazione a fine anno è molto molto importante. Ci sarà un lavoro veramente duro da fare. Alla fine io gioco per vincere i tornei, non gioco solo per farne parte e almeno la mentalità deve essere questa. Magari poi non vinco più un torneo, non lo so, ma l’obiettivo è quello di vincere i tornei e di andare avanti ogni volta un po’ di più. Quindi vediamo l’anno prossimo. Sicuramente sarà una stagione un po’ diversa”.
Tra un anno, se rifacessimo la stessa intervista, sarai soddisfatto se…
“Innanzitutto se avrò avuto una stagione con meno infortuni o comunque con più tornei finiti. Questo è il mio primo obiettivo. Il secondo, spero di vincere più partite di quest’anno, poi vediamo se vincerò anche qualche torneo. Il terzo è quello di essere sano, che poi è la cosa più importante per me e lo auguro a tutti”.
E con lo stesso sorriso...
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