Guai ad abituarsi a tale bellezza

D’accordo, negli ultimi tempi i suoi successi si stanno facendo seriali, negli ultimi sei mesi parliamo di US Open, Finals, la seconda Coppa Davis e adesso Australia2. Solo per citare quelli più roboanti. Per cui la tentazione di darlo un po’ per ‘assunto’ verrebbe quasi spontanea. Ma noi abbiamo il dovere di scacciare il pensiero impuro: sarebbe peccato mortale. Equivarrebbe a sminuire il valore degli stessi suoi successi, e in qualche modo anche a squalificare i suoi avversari. Si sa, noi italiani siamo indiscussi numeri uno al mondo nella nobile arte dell’autoflagellazione. Per cui qua è là già si odono echi del tipo “eh ma non ha avversari”, “il livello è calato”, “gioca un tennis noioso”. Lo so, molti dei lettori stanno sgranando gli occhi, pensano sia inverosimile ragionare in questo modo. Invece accade, anche per via dell’effetto novità sta scemando, come naturale che sia. Le vittorie di Jannik Sinner non sono più grandi sorprese, ormai siamo nel campo delle conferme. E allora qualcuno potrebbe addirittura trovare stucchevole, il ragazzo perfetto, imbattibile, imperturbabile, sempre pronto e trionfante. Non è retropensiero, ne ho riscontro diretto. Per cui, ecco il mio umile parere in merito. Non scherziamo, per favore. Innanzi tutto, il ragionamento sul livello. Che è più alto, in tutti gli sport, rispetto anche solo a 10, 20 o 30 anni fa. Vale per il tennis come per il calcio, il basket, la F1, lo sci e quel che volete voi. Si tira più forte, si corre di più, i nuovi batterebbero i vecchi. Certo, la tendenza generale è improntata a una fisicità sempre più preponderante. La velocità aumenta a dismisura, ormai siamo al limite consentito della fisica. Per cui non aspettiamoci soluzioni artistiche o troppa fantasia. Il ritmo forsennato diminuisce fatalmente le possibilità degli atleti di creare bellezza, almeno nel senso classico del termine. Sono consentiti meno svolazzi, le differenze stilistiche si appiattiscono, non c’è più tempo per andare a rete, meno che mai per fare serve and volley. Basti dire che questo è stato il primo Slam della storia senza rovesci a una mano nella seconda settimana, notizia ferale per noi boomer. Però è indubbio che Sinner - a suo modo - sia bello da vedere e non solo perché vince. Un’estetica postmoderna, supportata da alcuni semplici capisaldi: nessuno spinge forte come lui, nessuno difende come lui, nessuno assilla l’avversario come lui. Nessuno è così continuo, perfezionista, ossessionato dal risultato, nel senso più alto del termine. Dopotutto è questo il profondo significato dello sport. E Sinner onora lo sport, tramite la fluidità di braccio, i piedi rapidissimi e la velocità del gesto. Un continuo trattato vivente di biomeccanica, alcune sue soluzioni andrebbero esposte nella Galleria d’Arte Moderna di Roma. Bum, Bang, Slam. Futurismo allo stato puro. Certo, è una bellezza a cui dobbiamo un po’ fare l’occhio, diversa da quella di Federer, Edberg o McEnroe, giusto per non fare paragoni ingombranti. Ma il tennis 3.0 è questo, fidatevi, e nessuno sa interpretarlo meglio del nostro ragazzo. Che è colpevole di un altro peccato originale: indurre gli spettatori a pensare che gli avversari siano in qualche modo ‘scarsi’, tanto da partire sovente battuti in partenza. Eresia. Niente di più sbagliato, non esiste pensiero più involuto. La dominanza sportiva è sempre frutto di somma bravura, mai di inadeguatezza altrui. Sinner - proprio come i suoi illustri predecessori dominanti - vince perché è un fe-no-me-no. E lo è in conseguenza della sua capacità di lavoro, della sua perfezione tecnica e del suo atletismo supremo. Il tutto gestito da una mentalità chiaramente superiore, per non dire di un altro pianeta. Esattamente ciò che succedeva ai suoi illustri predecessori: in ultimo Nole Djokovic; prima di lui Rafa Nadal sulla terra, poi altrove; prima ancora Roger Federer, che faceva davvero sembrare gli altri modesti comprimari. E invece no, occorre sempre esaltare la grandezza dei Campioni e realizzare quanto siano giganteschi i loro meriti. Siamo tornati a Jannik. Godiamocelo, per favore. Privilegiamo sempre la parte migliore delle sue imprese, delle circostanze e pure delle abitudini che ci sta creando. Tipo arrivare sempre in fondo. Senza farci fagocitare dalle storture di un’epoca, la nostra, che cerca in ogni modo di convertirci al tutto e subito, all’usa e getta, alla felicità virtuale ed effimera. Alla obsolescenza programmata. Facciamo in modo che almeno lo sport resista a tutto questo, che rappresenti una barriera contro questo modo di pensare. Sinner è importante anche per ciò. Non era mia intenzione o pretesa sottoporvi ad una sessione di sociologia di massa. Tantomeno caricare sulle spalle di Jan pure il peso di migliorare la nostra società . È solo un tentativo di mettere in risalto quanto sia speciale ogni successo del giovanotto, e come debba restare tale. Mentre le coppe si affastellano e tra un po’ non sapremo più dove metterle.

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