Lettera a un tennista scettico dopo il caso Sinner-Wada

Essere un tennista ed essere scettico, va bene. Porsi dei dubbi, farsi delle domande, è necessario. La conseguenza è cercare di chiarirli quei dubbi, prendere tutte le informazioni possibili e credibili a disposizione, approfondire. Anche questo vuol dire essere un professionista. Fa parte del tuo lavoro. Perché ha una diretta conseguenza sulla tua vita agonistica. Devi sapere come funziona l’ambiente che frequenti, di cui condividi le regole e la cultura. Il mondo del tennis. È impegnativo, può essere difficile. Bisogna darsi la cura e gli strumenti per capire, per dire, le 181 pagine del Codice Anti-Doping pubblicato dalla Wada, l’agenzia mondiale anti-doping. O le 109 pagine del Tennis Anti-Doping Programme pubblicato dall’ITIA . Se ti succede qualcosa o succede qualcosa ad un tuo collega, bisogna documentarsi, leggere le carte. Può non essere semplice se, per dire, la decisione del tribunale indipendente che ha emesso la sentenza di primo grado e ricostruito il caso Clostebol che ha coinvolto Jannik Sinner, ha esposto le sue conclusioni in 120 punti argomentati. Ma io gioco a tennis, penserai. Penso a colpire la palla, a battere i miei avversari. Vero. Ma sei tenuto a conoscere le regole, a rispettarle e a vivere in un contesto in cui vengono rispettate. Nell’interesse tuo, dei tuoi colleghi, di chi paga per vederti giocare, di chi organizza e gestisce la baracca. Le regole e i fatti non ammettono ignoranza, una mancata o parziale conoscenza. Le opinioni sono legittime se partono da una base di conoscenza, altrimenti sono pregiudizi fatti circolare sui social o attraverso le interviste senza alcuna utilità alla causa. Proviamo ad entrare nel merito. Jannik Sinner non ha assunto alcuna sostanza allo scopo di doparsi, di migliorare le sue prestazioni. Era stato assolto per mancanza di colpa o negligenza in primo grado. La sua correttezza è stata riconosciuta anche dalla Wada, quando ha fatto ricorso al Tas e quando ha proposto l’accordo che poi è stato raggiunto con i tre mesi di sospensione per il giocatore. Non ha senso parlare di doping. È una negligenza di un membro del team e, secondo il codice, i giocatori rispondono anche del comportamento del loro staff. Sinner è risultato positivo a due controlli del marzo 2024 dove sono state trovati 86 e 76 picogrammi per millilitro di clostebol. Il clostebol è uno steroide anabolizzante, è nella lista delle sostanze proibite dal Codice Anti-Doping. La semplice presenza della sostanza in un campione di urine costituisce una violazione, secondo le regole attuali. Per questo scatta una sospensione, un’indagine e un procedimento per accertare fatti ed eventuali responsabilità. Era utilizzato soprattutto nell’Europa dell’Est negli anni '70 e '80, poi di fatto non è più abitualmente usato per aumentare la massa muscolare e la resistenza. A questo scopo, andrebbe assunto in quantità significative e per periodi prolungati. Ci sono molti casi tra gli sportivi negli ultimi anni perché il C21H29CIO3 è uno steroide per uso dermatologico usato come principio attivo in spray e creme che curano ferite, abrasioni, lesioni cutanee. È un ottimo cicatrizzante, venduto in paesi come Italia e Brasile. Un’ampia letteratura scientifica ha dimostrato che penetra rapidamente perché ha una grande lipofilia, si lega cioè ai grassi e attraversa le membrane cellulari. Può essere facilmente trasmesso per contatto con persone che ne hanno fatto uso. Contatti di tutti i tipi: rapporti intimi, massaggi, uso degli stessi indumenti, carezze ad un animale curato con il farmaco, perfino una semplice stretta di mano. Può rimanere nell’organismo fino a 25 giorni. Sia un tribunale indipendente nominato dell’Itia per la sentenza di primo grado che la Wada nell’accordo con Sinner hanno riconosciuto che si è trattato di contaminazione transdermica, attraverso la pelle, avvenuta con i massaggi del fisioterapista che si era curato un taglio ad un dito con uno spray cicatrizzante contenente clostebol. Perché è credibile? Oltre alle prove dell’acquisto del farmaco e del suo utilizzo, bisogna considerare anche la quantità infinitesimale. Quanto è grande un picogramma? È un bilionesimo di grammo. Si scrive così, in numeri: 0,000000000001 grammi. Aiuta a capire. La relazione dei tre esperti della commissione medica che ha contribuito alla sentenza di primo grado ha presentato una ricca documentazione scientifica, con queste conclusioni: una quantità così piccola non è compatibile con una assunzione intenzionale, non ha avuto alcun effetto sulle prestazioni del giocatore. In caso di assunzione volontaria, ci sarebbero state tracce in altri esami sostenuti prima e dopo i test, che non hanno evidenziato nulla. Perché Sinner non è stato subito sospeso, mentre in altri casi ci sono stati giocatori sospesi? Sinner in realtà è stato sospeso, due volte. Nei tempi previsti ha presentato ricorso ed ha ottenuto di poter continuare a giocare perché ha presentato subito la versione dei fatti, ritenuta valida sia dai tribunali che hanno tolto la sospensione, sia in primo grado, sia da Wada, ITIA e ITF alla conclusione di questa vicenda. Non si tratta solo di avere una buona storia da raccontare, bisogna anche avere prove credibili, raccolte rapidamente. Può non essere facile nei casi di clostebol, perché le contaminazioni sono di varia natura e non è semplice risalire alle cause. È certamente un elemento di riflessione. Questo è un dubbio che è giusto mantenere. Infatti, la Wada ha già annunciato che nel codice che entrerà in vigore nel 2027 ci saranno delle soglie per sostanze come il clostebol. Al di sotto delle quali non ha senso parlare di doping, non ci sarà nessuna violazione, non scatterà alcun procedimento e nessuna sospensione. L’agenzia antidoping ne è talmente consapevole che l’ha considerato per proporre a Sinner una sospensione di tre mesi, nonostante la negligenza venga punita dal codice attuale con pene da 1 a 2 anni. Una sanzione che sarebbe stata eccessivamente severa rispetto al livello della gravità della violazione. Come ha potuto proporre una pena di 3 mesi se il codice dice almeno un anno? Lo ha fatto perché è nelle regole. Il codice in vigore lo prevede all’articolo 10.8.2, per i casi unici che non rientrano esattamente in quelli previsti e sanzionati: c’è una riduzione della pena per arrivare ad un giudizio appropriato e condiviso dalle parti. In cambio l’atleta ammette la violazione, che nel caso di Sinner è una contaminazione involontaria dovuta il comportamento imprudente di membri del suo staff. Non è un’ammissione di colpevolezza. Il patteggiamento non è un’ammissione di colpevolezza. Ha ammesso una violazione, perché basta la semplice presenza della sostanza nei test per configurare la violazione. Sinner non ha “usato” alcuna sostanza vietata. Ne è stato contaminato. C’è una differenza. Sostanziale. Ha senso paragonare il caso Sinner con altri? Può averne, parzialmente, nel caso della stessa sostanza, il clostebol. Di sicuro non ha senso se le sostanze e le modalità sono diverse. Il caso Swiatek è diverso: la contaminazione è da Trimetazidina, contenuta in un farmaco a base di melatonina per risolvere problemi di jet lag. Non sapeva del prodotto contaminato, confermato da laboratori indipendenti. L’ha assunto volontariamente e quindi c’è stata una colpa anche se di livello minore. C’è stato un accordo per un mese di sospensione. Il caso Halep è diverso: positiva al Roxadustat, contenuto in un integratore consigliato e fornito dal suo staff, anche qui un’assunzione diretta, con in più irregolarità nei valori del passaporto biologico. Condannata a 4 anni ma poi sospesa solo per 9 mesi dal Tas per una negligenza di minore entità. Fanno lo stesso sport. Fine delle coincidenze. Ogni caso vale per sé e va analizzato con le sue peculiarità. Certo, Halep è stata ferma a lungo, altri sono stati fermi a lungo. Caro tennista scettico, puoi anche continuare a porti dubbi e domande. Anzi, forse devi. I tempi della giustizia sportiva devono avere una durata ragionevole, soprattutto in casi di violazioni vere o presunte del codice anti-doping. Tempi così lunghi hanno un impatto sulle carriere dei giocatori, quando non diventano quasi uno strumento di pressione sugli stessi atleti che hanno l’urgenza di uscire dai procedimenti nel più breve tempo possibile. Se il patteggiamento è uno strumento finora poco utilizzato, gli ultimi casi possono essere precedenti da imitare. Lo si potrà fare nei casi in cui ci sarà una certa unicità, come le contaminazioni involontarie, con un livello di gravità della violazione più complicato da quantificare in modo congruo. Dove c’è una somministrazione diretta, dove ci sono valori decisamente anomali, c’è già un quadro normativo più chiaro. Vale la pena impugnare la racchetta e chiedere che la trasparenza e la ricchezza di spiegazioni che hanno accompagnato questi ultimi casi ci siano sempre. Si può discutere anche se la trasparenza sia più importante della tutela della privacy dell’atleta durante la fase di indagine. E quindi se ogni violazione vada comunicata sempre e comunque. Si può lottare perché regole più giuste siano garantite a tutti, non perché un’ingiustizia sia condivisa da tutti. Caro tennista scettico, prima di spargere sospetti negli spogliatoi, cerca di porre i dubbi e le domande giuste. Il rischio è concentrarsi sulla vittima e non vedere il sistema che l’ha creata. Guardare il dito e non vedere la luna.

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