La forza del tennis italiano e il ritorno del 'Re' Sinner: a Roma c'è tutto per sognare

Tutte le strade portano a Roma. O meglio, tutte le strade portano al ‘Re’ di Roma. Il re del Foro Italico e del ranking ATP, Jannik Sinner, atteso finalmente in campo dopo i tre mesi di sospensione, prezzo, a dire il vero decisamente alto, da pagare per chiudere per sempre la guerra fredda con la WADA e il caso Clostebol. Ma di strade, verso la Capitale e che si snodano attraverso il circuito ATP, ce ne sono tante: sono le tante strade di un tennis italiano che non ha fatto rimpiangere, se non altro nei risultati, l'assenza forzata alla quale si è dovuto piegare il numero 1 al mondo. Non sempre i numeri sono freddi. A volte sono caldi, espressivi. Emblematici. Come il numero 9, che, in questo caso, non è tanto una indicazione di ranking, ma è una cifra che si associa alle finali raggiunte da italiani, tra maschile e femminile, tra singolare e doppio, alla vigilia degli Internazionali d'Italia. Per intenderci, nel 2024, definito l’anno d’oro del tennis azzurro, a maggio erano stati 10 gli ultimi atti giocati dalla truppa tricolore. E, dettaglio non indifferente, in tre di quei tornei , il protagonista era stato Sinner, inevitabilmente fuori categoria. E quindi questo vuol dire che il movimento ha un valore sempre maggiore. Sempre più in alto, sempre di più. In assenza di Sinner, il nome che ha riempito di più gli occhi di tutti, portando in alto il tricolore nel mondo, risponde a quello di Lorenzo Musetti, neo-top ten soprattutto grazie alla finale raggiunta nel Masters 1000 di Monte-Carlo e la successiva semifinale nel Masters 1000 di Madrid. Merito di un tennis che sa essere semplice e complicato insieme – e non è un ossimoro. Un tennis semplice per la purezza di gesti e movimenti, impreziositi dallo splendido rovescio a una mano, gesto bianco dalla cifra stilistica squisitamente vintage che riporta il tennis indietro di decenni. Un tennis complicato per la difficoltà che ci vuole nel mettere insieme tutti i tasselli, nel capire che a volte è importante avere le soluzioni giuste piuttosto che tante, troppe soluzioni. Il debutto di Musetti in top ten è la realizzazione in concreto di un progetto che non è più soltanto un inno alla bellezza e alla magia, ma che adesso è anche un’impalcatura fondata sull’ordine e la tattica. E, soprattutto sulla grinta. Perché, come Musetti stesso ha detto dopo aver raggiunto la finale a Monte-Carlo, in campo adesso si vede un Lorenzo “più guerriero”. “Guerriero” è una parola che definisce molto bene anche il 2025 di Flavio Cobolli e Luciano Darderi. Per entrambi il 2025 non era iniziato con il piede giusto: dalle fasi finali di United Cup al Masters 1000 di Miami, Cobolli aveva messo in fila una striscia al contrario, di otto sconfitte consecutive a livello ATP, inclusa quella contro lo statunitense Colton Smith, alla prima vittoria nel circuito maggiore. Il romano aveva anche pensato di scendere di livello e di ritrovare sensazioni positive chiedendo una wild card per il Challenger di Napoli, ma dopo una chiacchierata rinfrancante con il concittadino e quasi mentore Matteo Berrettini, ha deciso di concentrarsi sul proprio percorso, sul lavoro che non finisce mai e ha scelto la terra rossa di Bucarest per provare a invertire la rotta. Risultato? Il primo, atteso, desiderato e sognato titolo ATP, sconfiggendo in finale l’argentino Sebastian Baez, uno che sul mattone tritato può e sa causare problemi a tutti. Di sconfitte di fila ne ha saputo qualcosa anche Darderi: dagli US Open 2024 a Miami 2025 l’italo-argentino aveva un triste bilancio di soltanto tre vittorie e ben 17 sconfitte a livello ATP, tanto che, per lui, tornare a giocare a livello Challenger è stata una necessità più che un pensiero su cui ragionare. Scommessa vinta, perché la finale raggiunta a Napoli ha permesso a Darderi di approcciarsi all’ATP 250 di Marrakech con più serenità e fiducia nel proprio tennis, fino al secondo titolo ATP vinto sconfiggendo in finale un tennista in continua crescita come Tallon Griekspoor ed ereditando la corona di Matteo Berrettini, campione in Marocco nel 2024. E adesso, con un’edizione di Internazionali d’Italia mai così incerta, non è presunzione pensare che Cobolli e Darderi possano essere le mine vaganti di un tabellone che non è mai stato così aperto. Flavio è la tipica espressione della romanità su un campo da tennis: nato a Firenze ma cresciuto nella Capitale all’ombra del Pietrangeli e addirittura festeggiato speciale durante il torneo, dal momento che compie gli anni il 6 maggio. Luciano, invece, è stato l’italiano che si è spinto più in là di tutti in singolare nella sfortunata edizione del 2024, venendo sconfitto, ma non senza lottare, dal futuro campione del torneo, Sascha Zverev. A proposito di romani e di Roma, impossibile non dimenticare il contributo dato da Matteo Berrettini al 2025 di tennis più che mai a tinte azzurre. Ancora nessun titolo in bacheca, ma tante le prestazioni importanti che certificano il ritorno ai vertici di chi è stato finalista a Wimbledon nel 2021. Due i manifesti di questa continuità ritrovata: la vittoria contro Novak Djokovic nell’ATP 500 di Doha, in un match interpretato da Matteo con fluidità al servizio e con cinismo immacolato nel salvare le tre palle break concesse al campione di tutto, e quella contro il numero 2 del mondo Sascha Zverev al secondo turno del Masters 1000 di Monte-Carlo, impressa ancora nella mente per quello straordinario scambio da 49 colpi vinto da Matteo sulla diagonale di rovescio con Zverev sulle gambe e ko tecnicamente e mentalmente. Da cerchiare in rosso, poi, anche la partita giocata punto a punto contro Taylor Fritz nei quarti di finale di Miami e persa per un’incollatura, a dimostrazione di come il tennis di Berrettini, infortuni permettendo, valga effettivamente la top ten. Una top ten nella quale Matteo può e vuole raggiungere Sinner e Musetti entro fine stagione. Continuità, da raggiungere e a cui ambire, è invece la parola chiave che deve rappresentare Lorenzo Sonego e Matteo Arnaldi: per entrambi il 2025 è stato caratterizzato da un po’ di alti e un po’ troppi bassi, ma gli alti sono stati davvero notevoli per entrambi. Sonego ha raggiunto i primi quarti di finale in uno Slam, agli Australian Open, concedendosi anche un piccolo rimpianto per la partita persa contro Ben Shelton. Arnaldi, invece, arriva a Roma dopo il quarto di finale raggiunto nel Masters 1000 di Madrid, il secondo in carriera dopo quello di Montreal ad agosto 2024. Per lui nessun rimpianto nella partita persa contro il neo-top five Jack Draper. Piuttosto, la consapevolezza che, guidato dal tifo, bisogna proseguire su questo percorso di crescita anche a Roma. Dal singolare al doppio, al Foro Italico l'attesa sarà anche per le nostre coppie di doppio. Bolelli e Vavassori hanno già vinto due titoli nel 2025, ad Adelaide e a Rotterdam, e hanno giocato la loro terza finale Slam, agli Australian Open. Errani e Paolini, invece, vogliono difendere il titolo a Roma, e puntano al secondo WTA 1000 della loro stagione, dopo quello vinto a Doha a febbraio. A Jasmine anche il compito di guidare la truppa azzurra al femminile, prendendo lo slancio giusto dalle semifinali raggiunte a Miami e Stoccarda, risultati incoraggianti che riscattano un inizio di 2025 sottotono e condizionato da un po’ di infortuni e dal cambio di allenatore, da Renzo Furlan a Marc Lopez. E poi a Roma ci sarà in mostra il futuro, quel futuro che già bussa alla porta. Quel futuro che si chiama Federico Cinà, classe 2007 che ha già vinto le sue prime partite ATP, sia sul cemento di Miami che sulla terra rossa di Madrid, e la neo-italiana Tyra Grant, classe 2008 che vuole imitarlo. Il centro di tutto, però, rimane inevitabilmente il numero 1, il punto fermo che ispira tutti e da cui parte tutto. Il signore del Foro che, tornando in campo, promette di rende indimenticabile gli Internazionali d'Italia. Sognando un campione avvolto nel tricolore in giro per la città eterna, un profeta in patria in singolare che manca dall’impresa di Adriano Panatta nel 1976. Perché il tennis italiano non è soltanto Jannik Sinner, ma se esiste un movimento così forte, non si possono dare grandi meriti – indovinate a chi – a Jannik Sinner.

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