Tra Sinner e Alcaraz, il terzo incomodo può essere Musetti

A Parigi, quest’anno, abbiamo vissuto veramente il grande tennis. Il Roland Garros ci ha tenuti incollati ai match, ci ha regalato gioie, emozioni uniche. E spunti, tanti spunti. Come spesso si fa, per raccogliere le idee dopo un torneo così intenso, si parte dalla fine. Perché la partita tra Sinner e Alcaraz entrerà nei libri di storia: penso sia stata tra le finali più belle e importanti di tutti i tempi. Anche se a vincere non si è mai in due, abbiamo la certezza che sul trono del tennis si siederanno entrambi e per molti anni. Il fatto è: chi può diventare il terzo incomodo? Non possiamo nascondere che quei due, Sinner e Alcaraz, stiano viaggiando a delle velocità massime: sono più avanti di tutti gli altri. E noi, l’incomodo, lo stiamo ancora cercando. Ma c’è un potenziale profilo che potrebbe inserirsi in questa corsa, e rendere una rivalità da nazionale a internazionale. Sinner-Musetti, sì: ancora hanno giocato troppo poco uno contro l’altro per dire che il duello sia aperto. Ma forse ci stiamo avvicinando. Jannik impressionante La finale contro Alcaraz è davvero stata epica. Non è solo una questione di durata, ma proprio di tecnica, velocità, forza e potenza. È stata una partita che ha rappresentato i due più forti al mondo: ha reso a tutti chiara la loro massima espressione. Lo spagnolo vive di picchi altissimi e la fine di quel quarto set per me è stata incredibile. Certo, con grande rammarico per Sinner. Parlare dopo è sempre più facile, ma rivedendo le azioni credo che il terzo match point sia stato quello che più farà arrabbiare Jannik: su quel dritto, forse, poteva spingere un po’ di più, ed è lì che probabilmente le cose sono cambiate. È chiaro che a fine partita poi uno si ponga mille domande su cosa avrebbe potuto fare meglio e lui l’ha fatto di certo. Ma ha anche dimostrato di essere pronto ad andare avanti. Come? Con le sue parole, che sono lo specchio della bellezza dello sport. Andrebbero studiate: ha dimostrato capacità di accettare la sconfitta, di apprezzare l’avversario e di essere pronto a oltrepassare nuovi limiti. Lo dico anche con un riferimento personale e a una finale con emozioni molto, ma molto simili. Era Wimbledon del 2019, allenavo Federer che ha giocato quella partita incredibile contro Djokovic: di Roger non sapevamo se fosse o meno il suo ultimo Slam; di Jannik invece abbiamo la certezza che ne giocherà tantissimi altri. È a inizio carriera, sarà più facile superare una sconfitta così e saprà crescere anche da momenti così. Lorenzo e la maturità Ecco, ‘crescita’. È la parola giusta per definire quello che sta vivendo Musetti in questa bellissima stagione. È diventato maturo, è diventato costante, ed è una bellissima sorpresa: un tennista di questo tipo, con questo modo di giocare, difficilmente riesce a essere sempre regolare nell’arco di un anno intero. Lui ce l’ha fatta, e in questo periodo non ne sta sbagliando una: perde solo le partite che potenzialmente può perdere, mentre le altre le vince e pure bene. Ora dovrà capire l’origine di questi infortuni: a Monte-Carlo aveva avuto qualche avvisaglia che si è ripresentata poi a Parigi. Probabilmente è una questione di carichi: prima giocava di meno, ora fa più partite alla settimana. Ma sono sicuro che il suo staff stia già lavorando alla soluzione. Il vero salto in avanti è stato proprio mentale, e anche in questo caso riprendo un aspetto che mi ha coinvolto direttamente: anche la mia carriera è svoltata quando mi sono sposato e ho raggiunto una mia stabilità. Sono svolte positive enormi e repentine che si riflettono sul campo. Lorenzo si è sempre mosso bene, ma ora si muove meglio: fa quello che ha sempre saputo fare, con una consapevolezza diversa che sta dando i risultati. O non sarebbe il terzo giocatore più giovane di sempre ad arrivare alla semifinale del Roland Garros, dopo Nadal e Djokovic. Sono traguardi di cui deve essere fiero. Attesa E ora li aspettiamo, Sinner e Musetti, alla prova dell’erba. O meglio, di Jannik sappiamo già moltissimo: anche se ormai la differenza di superfici è sempre più ridotta, rispetto alla terra il numero 1 può contare su un appoggio diverso, andando ancora meno in difficoltà sulle palle alte. Wimbledon potrà mettere in mostra ancora una volta tutti i suoi grandi colpi, dal servizio alla risposta. Tutti, nessuno escluso. Per Lorenzo, invece, vedendo il suo tipo di gioco, la terra sembra la superficie più adatta. Ma l’anno scorso in Inghilterra ha fatto benissimo, perché ha quel cambio, quelle rotazioni e quella velocità che possono dargli delle belle soddisfazioni. Sull’erba, chi si muove meglio gioca meglio. E lui si muove molto bene. Magari sarà quello il teatro di uno scontro tra i due. E nel caso saremo pronti a commentarlo. Una nuova rivalità tutta italiana, come è stata quella tra Coppi e Bartali, o quella tra Goggia e Brignone, sarebbe affascinante nel tennis. Ancora i tempi non sono del tutto maturi. Ma forse ci arriveremo.

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