A una squadra vincente serve una grande comandante

Non più capitana, ma comandante. Ha ragione chi ormai la chiama così. Undici anni fa, in questo periodo, Tathiana Garbin la si poteva vedere la domenica mattina sotto i palloni dei circoli di provincia ad assistere ai match dei campionati a squadre delle serie minori. Ieri, a Shenzen, ha accompagnato le azzurre verso il loro secondo successo consecutivo in Billie Jean King Cup. Da Malaga alla Cina. Viaggio sul tetto del mondo e ritorno. Contro pronostico. Erano campionesse uscenti ma sfavorite sia in semi che in finale. Prima contro l’Ucraina di Svitolina e Kostyuk, poi contro gli Stati Uniti di capitana Davenport. Le americane si sono presentate in campo con il viso coperto da brillantini, la sicurezza di chi è abituato a primeggiare, senza Coco Gauff ma con Jessica Pegula ed Emma Navarro, numero 7 e numero 17 del ranking Wta, con un albo d’oro a ricordare che la squadra femminile born in Usa ha sollevato il trofeo diciotto volte nella storia, quel trofeo che dal 2020 prende il nome di una delle sportive statunitensi più rappresentative della storia. E poi sono arrivate le azzurre, rassegnate a essere perennemente le sfavorite, anche senza motivo, anche dopo tre finali giocate in tre anni, tutto da difendere con ciò che ne deriva. È stato il presidente Angelo Binaghi a farlo notare: gli uomini ormai sono favoriti ovunque, le donne sono una sorpresa. Soprattutto in questa stagione. Jasmine Paolini nel 2025 aveva perso due volte contro Elina Svitolina, agli Australian Open e al Roland Garros. In Cina ha vinto in rimonta, consegnando all’Italia il punto del pareggio e l’opportunità di giocarsi l’accesso in finale in doppio con Sara Errani. una risposta a tutte le domande che le rivolgono ormai da due anni: perché non concentrarsi solo sul singolare? Per far parte di una squadra che vince. Paolini non giocava così bene a tennis da Wimbledon 2024; contro Pegula ha giocato una partita perfetta, un body language aggressivo, testa alta e piedi in campo, l’atteggiamento di chi non ha intenzione di perdere. Proprio come Elisabetta Cocciaretto subito prima, nel primo incontro della giornata, quando con un rovescio lungolinea ha conquistato il punto del vantaggio contro Emma Navarro. La numero 91 del ranking che sconfigge la numero 17. Anche questo significa qualcosa e ha a che fare con la persona che decidi di guardare alla fine di ogni punto. Che sia un vincente o un errore. Non si tratta di una settimana in Asia, è che Tathiana Garbin c’è sempre. Impossibile assistere a un match delle azzurre e non vederla sugli spalti. Nel 2016, l’anno in cui è diventata capitana, ha preso un gruppo di ragazze e le ha trasformate in squadra. Nelle prime stagioni il confronto con il passato è stato doloroso, lo squadrone formato da Vinci, Errani, Pennetta, le quattro vittorie in sette anni, una stagione che sembrava irripetibile. Garbin ha rimesso insieme i pezzi. Nel 2020 le azzurre in Estonia giocavano per non retrocedere in C. Forse la capitana era l’unica a crederci. Non al passaggio del turno, ma a quello che sarebbe successo nel 2023, nel 2024 e back to back nel 2025. “Sta a vedere che possiamo farcela anche noi”. Il tennis è uno sport solitario finché non incontri una squadra, una capitana che inverte la tendenza, che ti fa capire che lei ci crede e ti regala un po’ della sua fiducia. E del suo entusiasmo. Dietro c’è un lavoro di tecnici, ore e ore sul campo nei centri federali, palestra e cesti di servizio, un team building fatto anche di partite a carte. On the record si vedono i sorrisi, la giacca da campionesse del mondo, il debutto di Tyra Grant che in Asia, in panchina mentre tifava per le sue compagne, ha capito di aver fatto la scelta giusta a scegliere la nazionalità italiana. On the record si vedono gli occhi lucidi di Elisabetta Cocciaretto, le sei coppe conquistate da Sara Errani in carriera, il suo “è difficile smettere se continuo a vincere”, Billie Jean King con la maglia dell’Italia e la comandante che applaude, fa il pugnetto, e trasforma la paura in vittoria.

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A una squadra vincente serve una grande comandante

Giorgia Mecca