Il tennis rovente l’ho vissuto, serve una soluzione: cosa fare dopo i ritiri di Shanghai?

1992, Coppa Davis. Giocavamo al meglio dei 5 set. E mi ricordo benissimo una cosa: quel caldo asfissiante di Maceió che mi ha bloccato. Letteralmente. Così tanto da farmi andare all’ospedale, scortato dai miei compagni. Le condizioni climatiche erano pesantissime: giocavamo a pochi metri dal mare, con il 90% di umidità e una temperatura di quasi 40 gradi. Io non ero titolare per l’Italia, ma quel lunedì di fine marzo Panatta decise di far giocare me, perché Camporese e Canè avevano bisogno di rifiatare. Di solito, la Davis era strutturata così: il venerdì si giocavano le due partite singole, il sabato e la domenica il doppio. In Brasile però era troppo caldo e soprattutto al pomeriggio minacciava spesso pioggia: Camporese giocò venerdì mattina, Canè sabato. E domenica il doppio. Camporese lunedì doveva riposare per forza e in più aveva un problema al gomito. Giocai io, che nei giorni precedenti di caldo ne avevo preso comunque tanto: la nostra postazione era coperta solo da un ombrellone, non c’erano strutture particolari per stare al riparo. La gara fu molto dura: persi i primi due set, ma vinsi il terzo. Era prevista una pausa di 10’ prima del quarto: uscii dal campo con un dolorosissimo crampo al polpaccio sinistro, e corsi a fare una doccia. Faceva così caldo che nemmeno l’acqua era fredda, in più mi venne applicata una crema al mentolo che anziché distendermi mi fece quasi prendere fuoco. Rientrai in campo ma capii che non avevo forza a sufficienza per poter gestire la partita. E fui costretto a ritirarmi, finendo all’ospedale. Con questa lunga premessa, vengo a spiegare quello che è certamente il tema della settimana nel tennis: il caldo di Shanghai che sta portando allo stremo i partecipanti a questo 1000. È successo con Sinner, che si è ritirato, abbiamo visto Djokovic che nonostante tutto è riuscito a vincere. Ma non sono i soli. La fatica è immensa e la questione sta diventando davvero al centro del dibattito: ha senso giocare in queste condizioni? Rispetto alla Davis Cup, c’è un’altra grande differenza: noi arrivavamo a quella competizione dopo un po’ di pausa e con qualche giorno di tempo per abituarci al clima. Ora no: Shanghai si gioca dopo nove mesi di attività alle spalle, con tornei che vengono disputati quasi ogni settimana. In più, si aggiunge questo particolare: il caldo cinese di quest’anno è anomalo. A Cincinnati, solo per fare un esempio, in qualche modo si è più preparati a queste temperature, perché sono attese: ti alleni curando molto la dieta, prendendo integratori, mantenendoti sempre molto idratato. Non ricordo delle condizioni così estreme in Cina ed è una questione da tenere in grande considerazione anche per gli anni prossimi, soprattutto di fronte ai cambiamenti climatici a cui stiamo assistendo anno dopo anno. Soluzione obbligatoria Trovare una soluzione è diventato obbligatorio. In Australia da tempo è prevista la copertura dei campi in caso di caldo esagerato: può essere una strada, ma la ventilazione deve essere implementata o il tetto rischia solo di ampliare l’effetto serra. L’altra possibilità potrebbe essere ridurre il tabellone: passando da 96 a 64, rendendo più gestibile la logistica e le pause. I giocatori più forti, di solito, hanno modo di programmare i carichi anche legati al caldo, gli altri invece no: cercano di giocare di più per fare più punti possibile. E quindi qualche pausa deve essere necessaria. Forse, si potrebbe anche pensare di invertire il valore dei tornei cinesi: Pechino 1000, Shanghai 500. Ma sono dinamiche che vanno valutate per bene e vanno oltre delle considerazioni forse troppo semplicistiche per essere analizzate in questa sede. Di certo, qualcosa dovrà cambiare. Perché il caldo che ho subìto io nel ‘92 me lo ricordo ancora: è stremante, limitante, bloccante. E questo tennis sempre più spettacolare, nel senso positivo del termine, non se lo può permettere.

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Il tennis rovente l’ho vissuto, serve una soluzione: cosa fare dopo i ritiri di Shanghai?

Stefano Pescosolido