Nel mondo di Cobolli: "Mi alleno con Alcaraz, voglio entrare in top 10"

Se ripensi alla Davis a distanza di qualche giorno, quali pensieri ti vengono in mente? “Che sono ancora il ragazzo più felice del mondo. Sono stato in vacanza alle Maldive con la mia fidanzata, ogni sera prima di andare a letto mi guardavo i video di questa settimana meravigliosa che abbiamo passato tutti insieme: si era creato proprio un gruppo unito e solido, ci siamo divertiti ma anche tanto emozionati. Perché sono stati raggiunti un obiettivo e un traguardo meravigliosi” Hai emozionato milioni di telespettatori, dove hai preso quella forza non solo fisica ma anche mentale? “Ho sempre detto che la competizione a squadra fosse un mio punto forte, grazie al quale riesco a dimostrare a tutti quello che voglio. È sempre stato così, anche quando giocavo la serie al Circolo Parioli. La Coppa Davis era il torneo dei sogni sin da quando ero bambino: quando indosso la maglia azzurra, mi sento un po' invincibile. Non sempre si può vincere, è ovvio, ma lottare fino all'ultimo punto è una cosa che puoi controllare e dominare. Fino a che sto in campo con quella maglia, con quei ragazzi e con quella Coppa a fianco non ci sarà mai un momento in cui mollerò” Tra quei ragazzi c'è Berrettini. Questa Coppa Davis cementerà ancora di più il vostro rapporto speciale che esiste da quando siete ragazzini? “Lui è un mio punto di riferimento a tutti gli effetti. Lo seguo sin da quando ero bambino e cerco di rubargli ogni volta qualcosa. Mi ha sempre dato una mano in campo, con lui ho avuto un rapporto sincero sin dal primo giorno ed è stato allenato da mio papà e da Vincenzo : questo ha aiutato la nostra relazione a evolversi. Come ha detto lui, ci siamo persi in questi anni ma perché giocava a un livello superiore. Io ho avuto il mio percorso, ma adesso che ci siamo ritrovati credo che sia ancora tutto come il primo giorno. Abbiamo una bella sintonia, ci diamo una mano e ci capiamo con un solo sguardo” Ecco, riconoscersi e comunicare con uno sguardo: avere un allenatore come tuo papà che non ha nessun altro interesse fuorché te, Flavio, quanto è importante? “È una cosa bellissima, anche se credo che il nostro rapporto sia complicato. Come tutti sanno, litighiamo tanto, ci sono tante incomprensioni, ma sono tutte per il mio bene. Io e lui abbiamo due caratteri molto contrastanti, forti, perché siamo molto simili e quindi è difficile lavorare insieme. Ma abbiamo un grande team e proprio per questo riusciamo a lavorare molto bene: ognuno ha il suo ruolo e ogni allenamento è fatto per migliorare e per migliorarsi tutti insieme. Ognuno ha le proprie lacune che insieme possiamo colmare più facilmente” Che programmazione avrete nel 2026, quali saranno i tuoi obiettivi? “Inizieremo a Monaco, dove da poco sono residente e mi sto trovando molto bene: abbiamo tante comodità per riuscire ad allenarci al meglio, sono felice di questo. Mi sono organizzato con Lorenzo per tanti allenamenti insieme e poi andrò da Alcaraz. Da un po' di anni ho un rapporto speciale con lui e con il suo team: mi stanno dando una grande mano e lavoriamo bene insieme. Per questo ci ha invitato a passare qualche giorno per iniziare una nuova stagione al massimo” Questa opportunità di lavorare con il numero uno al mondo è una chance in più per quale motivo? “Intanto mi dà tanta fiducia: essere chiamato dal numero uno è una cosa importante, perché nessuno sceglie un giocatore a quei livelli solo perché gli sta simpatico. Quando senti il tuo nome da giocatori come lui, Jannik o Draper, ti fa molto piacere: è sempre buono dire di sì e raccogliere il più possibile. Saranno allenamenti molto duri, di molte ore, però per migliorarsi è molto utile” Tu hai giocato sia con Alcaraz, sia con Sinner: cosa hanno più degli altri e quanto questa loro rivalità sta aiutando tutto il sistema tennis? “Hanno tutto: sono due fenomeni del nostro sport, al momento inarrivabili. Ma proprio per questo noi siamo ancora più motivati nel provare ad avvicinarci, so che è difficilissimo ma niente è impossibile. Li vediamo come supereroi, perché quello che fanno per il nostro sport e per loro stessi è incredibile: stanno aiutando tutto il movimento del tennis nell'evolversi, nel essere più seguìto, stanno creando una rivalità come quella dei Big 3” A proposito di Big 3, chi sarà il terzo incomodo in questo dualismo? “Sono tante le persone che hanno quelle qualità, però al momento io vedo Jack Draper: è un giocatore completo che si sta evolvendo a poco a poco. Sta avendo dei grandi risultati, l'anno scorso ha giocato bene o male sei mesi e ha avuto una stagione fantastica: secondo me potrà mettere in difficoltà Alcaraz e Sinner, deve solo gestire alcuni infortuni. Ne ha avuti già diversi” Dell'evoluzione di Joao Fonseca cosa pensi? “È un ragazzo seguìto da un team fantastico, giovane, che si dà da fare ed è molto umile. Lui sa quello che vuole e sta iniziando a farsi conoscere per come sta in campo e come gioca. Deve ancora maturare sotto tanti punti di vista, ma ha tutte le qualità per intromettersi tra i più grandi” Gli obiettivi del 2026 tra ranking ed eventuali miglioramenti tecnici quali sono? “In primis devo migliorare la risposta: è il primo obiettivo che ci siamo dati per contrastare i giocatori in top 10. Poi, la verticalizzazione del gioco: ho bisogno di imparare ancora perché faccio fatica nei tempi per andare a rete. Saranno la chiave per vincere contro i grandi, perché alla fine il nostro obiettivo è quello: entrare in top 10 il prima possibile” Chiudiamo con un doveroso ricordo per una leggenda come Nicola Pietrangeli. Hai avuto modo di conoscerlo, che rapporto avevate? “Ci ha lasciati una leggenda del nostro sport e nello specifico per il tennis italiano. Mi sono commosso: ero in vacanza e mi ha fatto molto effetto proprio perché credo che lui abbia fatto tanto per il nostro movimento. Era una persona molto influente, soprattutto ora che avevamo vinto la Coppa Davis: so quanto contasse per lui la maglia della Nazionale. Un po’ come lo è per me. Ho avuto modo di conoscerlo e incontrarlo più volte al nostro circolo, il Parioli: lo chiamavamo ‘casa’ ed era la nostra cosa in comune, nonostante i tanti anni di differenza. Ci mancherà, mi mancherà moltissimo”

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Angelo Mangiante