Ora nessuno dice più 'Basavareddy chi?'

Leggendo la lista dei qualificati per le ultime Next Gen finals, probabilmente in molti si saranno chiesti: ‘Basavareddy chi?’ Perché di sicuro Nishesh Basavareddy, americano dal nome così atipico da suggerire immediatamente le sue origini indiane, ad inizio 2024 era uno dei protagonisti meno attesi nel mondo del tennis. Passato in poco più di dodici mesi dal numero 457 al 101 della classifica mondiale, era 138 quando si è conquistato un biglietto per Gedda. Lì, tra veri fenomeni annunciati, sembrava quasi un infiltrato. E invece, oltre ad aver fatto un’ottima figura, ha anche vinto una partita contro Shang. A fargli scattare qualcosa dentro è stato l’ultimo turno di qualificazioni dello Us Open. Partita persa contro Medjedovic, ma dopo una lotta durissima. Quel match gli ha fatto venire voglia di diventare un tennista vero. Dopo, solo dopo sono arrivate le vittorie in due tornei Challenger e soprattutto la decisione di dedicarsi allo sport da professionista. Sì, la storia di Basavareddy è una storia particolare. Classe 2005, nato a Newport Beach in California. Figlio di genitori arrivati in America dall’Andra Pradesh, regione indiana che conta 50 milioni di abitanti. Quando aveva 8 anni, il trasferimento in Indiana e il primo vero contatto con il tennis. I suoi fratelli amano quello sport e lui comincia a vedere qualche torneo. Lì, in Indiana l’incontro che in qualche modo gli cambierà la vita: quello con Rajeev Ram, grande doppista oggi quarantenne, ex numero uno, ma non ex giocatore, visto che è ancora in attività. Origini indiane come lui, per il piccolo Nishesh, Ram diventa più di una guida, una sorta di mentore. Basavareddy promette bene, ma a 11 anni il primo contrattempo: un’operazione alla rotula, Recupera e riprende a giocare, ma poi è costretto a fermarsi di nuovo, per colpa di un ginocchio che fa ancora crack. Ha 15 anni, ma non si perde d’animo. Anzi, trasforma quel contrattempo in una risorsa. Usando la testa. Con le stampelle, va a vedere tutti i tornei juniores che può. Impara, studia, analizza punti di forza e punti deboli di quelli che saranno i suoi futuri avversari. Ma questo studio fa nascere anche altro, un amore per i dati che lo porta a scegliere strategia dell’analisi dei dati nella prestigiosa Università di Stanford. Il resto è storia abbastanza recente, che lo porta ad avere anche un bel legame con il nostro Paese: ama la nostra cultura e in Italia ha vinto il trofeo Bonfiglio nel 2022, quando ancora giocava con gli occhiali. Perché il ginocchio non è stato l’unico problema di Nishesh. Soffre anche di una miopia che lo ha costretto a giocare a lungo con gli occhiali. E’ cresciuto con il mito di Djokovic ed è facile immaginare cosa possa aver provato quella sera in Australia, quando al suo primo Slam, il destino lo ha messo di fronte proprio a Nole sul centrale. Ha potuto guardalo in faccia da vicino, persino stringergli la mano e chissà se gli avrà raccontato che era abituato a vederlo su whatsapp, perché la foto che ha avuto per tanto tempo sul suo profilo è stata proprio quella dell’ex numero uno. Lui l’ha semplicemente definita “una serata incredibile”. Ne arriveranno altre, anche vincenti. Perché se a Indian Wells Basavareddy ha sicuramente pagato l’emozione del suo primo torneo 1000, peraltro giocato in casa, a Miami è già pronto per riprovarci. Poi lo aspetta l’Europa e quella terra rossa su cui non gioca da circa tre anni. Il suo obiettivo era entrare nei 100: obiettivo già ampiamente centrato. Nishesh Basavareddy è già pronto per il prossimo passo. Magari fare meglio del suo miglior risultato nel circuito Atp, ottenuto a gennaio quando ad Auckland è stato capace di arrivare dalle qualificazioni fino alla semifinale. Di sicuro appena quattro mesi dopo le Next Gen Finals, oggi nessuno si chiede più, ‘Basavareddy chi?’

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Ora nessuno dice più 'Basavareddy chi?'

Alessandro Sugoni