Piazza: "Io, Ct italiano di un Iran in guerra"

Roberto, come sta? “Stiamo vivendo un momento strano. L’ho già detto, io sono ignorante in politica, nel senso che non mi spiego quali siano le dinamiche che hanno abbiano portato a una guerra come quella che è scoppiata adesso. Stiamo solo guardando con occhi speranzosi quello che sta accadendo” I giocatori come stanno vivendo questa situazione? “Alcuni sono seriamente preoccupati perché c’è chi ha casa e famiglia a Teheran. Altri abitano lontano dalle zone militari e si riesce a vivere meglio. O meglio, vivere. Il nostro quartier generale è di fianco a una base militare… Dieci giorni fa ho fatto un’intervista al primo canale sportivo iraniano, esattamente dove è esploso il missile nella sede della televisione...” L’Iran ha contrattaccato colpendo anche una base in USA in Qatar, nazione di cui è stato Ct nel 2016. “Sì, per un brevissimo periodo. Con alcuni di loro sono in contatto, ogni tanto ci si sente. Diciamo che è un bel un bel casino...” Voi adesso siete in Serbia per la Nations League, com’è la situazione? “Siamo arrivati a Belgrado con un piano già prestabilito. La decisione di rimanere fuori dall’Iran era stata presa dall'inizio perché nella settimana di recupero tornare a Teheran non aveva senso. E quindi avevamo deciso di arrivare subito in Serbia. Appena atterrati siamo stati subito scortati. Ho cominciato a vedere che eravamo sempre seguiti dalla polizia e c’è sempre qualche agente nel nostro albergo, ma i ragazzi sono tranquilli. Lo sport dovrebbe essere una wild card per la vita e invece da quando siamo arrivati mi sono sentito un po' a disagio, devo essere sincero” Come si prepara un evento sportivo con questo clima? “Noi siamo tranquillissimi, però all’esterno vedi la gente che ti guarda come per dire ‘Questi qua sono gli iraniani’...“ Un membro del tuo staff aveva ricevuto la chiamata straziante della figlia dopo i bombardamenti... “Sì, l’ha chiamato prima di una partita dicendo ‘Papà, qua stanno arrivando le bombe e io non so se ti rivedo’. La famiglia, in questo momento, è un po' più al sicuro, nel senso che ha lasciato Tehran, si trova sempre in Iran ma almeno lontano dalle zone colpite” L’Iran l’ha scelta per ‘ricostruire’ dopo la mancata qualificazione alle Olimpiadi del 2024. Storicamente è una nazione che ha avuto sempre grandi Ct, tra cui Julio Velasco, l’ha sentito? “Mi ha mandato un messaggio di vicinanza sapendo che sono situazioni non semplici da vivere. Lui l'ha vissuta prima di me, ma senza questa spada di Damocle sulla testa. È stato molto carino. Ci sono tanti allenatori che mi hanno espresso il loro supporto. Sono colleghi, ci si conosce e ci si vuole bene. Tutti quanti sappiamo che lavoriamo per lo sport, non per altro. In questo momento noi siamo osservati speciali perché stiamo vivendo qualcosa che è veramente inspiegabile” L’Iran vi ha dato qualche garanzia? “Dal 9 dovremo giocare in Polonia, ma ancora non sappiamo dove allenarci. Diventa difficile farlo in Iran se possiamo rientrare nel Paese soltanto via terra. Qui in Serbia, invece, siamo scortati per un discorso di protezione. Entrano in gioco tutte quelle situazioni politiche alle quali è difficile dare una risposta. È una situazione grottesca. Io ricordo qualcosina della Guerra del Golfo, quando ci passavano i caccia sopra le teste... Ho letto che il Pakistan ha lanciato la candidatura di Trump al Nobel per la Pace. Ma di costa stiamo parlando... Il mondo sta andando al contrario...” Qualche giocatore vorrebbe tornare in patria per stare vicino ai propri cari? “In questo momento i giocatori hanno capito la situazione, che non è tale per auspicare un rientro. Ci siamo parlati e, anche se è brutto dirlo, noi siamo dei privilegiati perché siamo partiti e stavamo bene, stiamo bene, siamo all'estero e in questo momento non stiamo rischiando niente. Chi rischia è chi è a casa in Iran” Se la guerra dovesse continuare, ha pensato di lasciare il ruolo da Ct? “Non le so dare una risposta perché è un qualcosa che è più grande di me”

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