Simone Anzani non si vergogna delle sue lacrime: perché è stato il suo Mondiale

Ci sono storie che non si potrebbero scrivere meglio nemmeno se a pensarle fosse uno sceneggiatore hollywoodiano. Finale mondiale, palla del match, Simone Anzani guarda Simone Giannelli, con cui condivide la maglia azzurra da 10 anni, e gli dice – testualmente - “se c’è la palla, dalla a me”. Attacco vincente, Italia campione del Mondo per la quinta volta nella sua storia. La seconda consecutiva per questi due ragazzi. Simone si butta a terra in lacrime, Giannelli rimane in piedi a guardarlo esplodere di gioia prima di essere travolto anche lui dal resto del gruppo. Basterebbe già così, ma la verità è che il Mondiale di Simone Anzani non è stato solo sport, è stato la rivincita di un uomo che ha trasformato due anni di difficoltà. Estate 2023, dopo l’intervento per correggere le aritmie, un controllo lo costringe a rioperarsi e a rinunciare all’Europeo in casa. Simone rimane comunque vicino ai suoi compagni ed è a bordo campo a supportarli durante le fasi finali a Roma. Un’immagine in quei giorni mi ha fatto capire quanto Simone fosse importante per questo gruppo: semifinale contro la Francia, cade l’ultimo pallone e Giannelli corre, seguito da tutti gli altri, verso il bordo campo ad abbracciarlo. Estate 2024, Simone si sta allenando in palestra con la Nazionale in vista dell’ultimo obiettivo personale: i Giochi di Parigi. L’apparecchio impiantato nel suo petto riscontra un’anomalia, altra ablazione e addio Olimpiade. Ecco perché questo Mondiale per Simone è stato emozione pura: “Dopo due anni difficili, in cui i dottori mi dicevano che rischiavo di non giocare più, questo Mondiale è stata una liberazione, qualcosa di magico, di speciale”. La liberazione passa anche dalle lacrime. Quelle che, con coraggio, non nasconde mai perché fanno parte di lui, della sua storia. “Quando Viola, la mia bimba, mi chiama dal letto, prima di addormentarsi e mi dice: “papà mi manchi”, io piango. La gente vede solo quello che faccio in campo, ma non sa cosa c’è dietro, i sacrifici che faccio insieme a mia moglie”. Piangere è stato naturale anche davanti alle telecamere, quando tutta Italia lo ha visto commosso dopo la vittoria dedicata a Daniele Lavia e a chi gli è stato vicino in questi due anni complicati. “Per me era più di un Mondiale: era il segno che nonostante le difficoltà, i sacrifici, ce l’ho fatta, questo gruppo ce l’ha fatta”. E poi c’è il tema delle critiche e Simone non ha filtri: “In Italia si giudica, si commenta sempre il presente. Secondo me il concetto che bisognerebbe un po' cambiare è questo: bisogna guardare il percorso che una squadra ha fatto. Con questo non voglio dire che dobbiamo vivere nel passato, però bisogna far sì che il passato ci insegni qualcosa per il futuro. E invece se perdi un Europeo sei bollito, se arrivi quarto alle Olimpiadi sei cotto. Perdi con il Belgio ai gironi e ti massacrano: qualcosa si è rotto, la squadra è spaccata. Poi però, quando vinci, tutti salgono sul carro. Secondo me in Italia dobbiamo iniziare a farci un esame di coscienza. Guardiamo al valore che questa squadra ha portato al movimento pallavolistico e sportivo italiano: un oro e un argento Europeo, due ori Mondiali e un quarto posto olimpico. Dal 2021 siamo sempre tra le prime quattro al mondo. Cosa dobbiamo fare di più?! Dobbiamo renderci conto che ci sono anche gli avversari a cui dare i meriti” La forza di questa Nazionale sta anche in questo, nell’essere più forti delle critiche, dei giudizi, delle pressioni, nella capacità di ritrovarsi e trasformare le difficoltà. La vittoria del Mondiale ne è stata la prova. E poi c’è l’immagine che vale più di mille parole e per la quale il nostro vicecapitano è richiestissimo dalle televisioni bulgare: durante il saluto sottorete Simone prende il volto del giovane Damyan Kolev, Libero di ventitré anni, in lacrime dopo la finale persa. “Mi è venuto spontaneo, non so se era istinto paterno o cosa. L’ho visto piangere e gli ho detto: non piangere, siate orgogliosi di quello che avete fatto. Avete fatto qualcosa di grande. So cosa vuol dire vedere un sogno svanire. Nel futuro avrete altre occasioni”. In quel gesto c’è tutta l’umanità di Simone: la capacità di riconoscere la grandezza anche nella sconfitta. Ecco perché questo Mondiale resterà il suo Mondiale.

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Simone Anzani non si vergogna delle sue lacrime: perché è stato il suo Mondiale

Rachele Sangiuliano