Bundesliga e Ancelotti, il quarto campionato dell'uomo Champions

Bundesliga

Stefano Olivari

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Vincendo il campionato tedesco Ancelotti è diventato il quinto allenatore della storia, dopo Ivic, Happel, Trapattoni e Mourinho, a vincere il massimo titolo nazionale in quattro paesi europei diversi. Un grande della panchina che piace a molti, ma non a tutti. Anche all'interno del Bayern Monaco

Carlo Ancelotti da decenni non ha bisogno di presentazioni, ma per lo meno bisogna dire che vincendo la Bundesliga alla guida del Bayern Monaco è entrato in una élite statistica e storica che mette i brividi.

CON QUATTRO GRANDI

Non perché sia impossibile vincere il campionato tedesco sulla panchina del Bayern Monaco, ma perché Ancelotti è ora uno dei pochissimi allenatori ad avere vinto il titolo nazionale in almeno quattro nazioni europee diverse: a quota cinque comanda l’indimenticato Tomislav Ivic (Francia, Olanda, Belgio, Portogallo e Jugoslavia), poi a quattro ci sono Happel, Mourinho, Trapattoni e, appunto, Ancelotti: uno scudetto con il Milan, una Premier League con il Chelsea appena finita la carriera in rossonero, una Ligue 1 con il Paris Saint-Germain e adesso la Bundesliga. L’unico campionato in cui non ha vinto è stata la Liga, ma lì nessuno ha parlato di fallimento visto che ha riportato subito la Champions (la Decima) dopo 12 anni che mancava.

FUNZIONARIO DEL CLUB

Queste però sono statistiche, l’unicità di Ancelotti così come quella degli altri santoni citati dipende da ben altro. Partiamo dalla fine, cioè da questa stagione al Bayern che sarà mediaticamente ricordata per l’arbitraggio di Madrid ma che merita anche un’analisi diversa. Ancelotti era stato ingaggiato, dopo l’anno sabbatico, per vincere la Champions sfuggita nei tre anni di Guardiola ma soprattutto per riportare al Bayern un allenatore che sembrasse un funzionario del club e non un artista in libertà. Qualcosa insomma di più coerente con la storia del Bayern: un Lattek, un Cramer, un Hitzfeld, un Heynckes pur con tutte le differenze tattiche del caso. Con questo non si vuole togliere niente a Guardiola, perché il suo Bayern ha vinto tre campionati con una superiorità imbarazzante e le Champions le ha sfiorate, però Guardiola come figura non era e non è da Bayern.

SQUADRA GIÀ FATTA

Annunciato con sei mesi di anticipo, Ancelotti non ha avuto bisogno di nessuno che gli spiegasse che era arrivato in un club con 25 titoli nazionali e 5 Coppe dei Campioni-Champions, al punto di accettare uno staff in gran parte impostogli da Rummenigge (dal vice Gerland al preparatore dei portieri Tapalovic), anche se i 'suoi' uomini non mancano, a partire dal figlio Davide. Anche il mercato è stato fatto a prescindere dalle sue indicazioni: arrivati sì Renato Sanches e Hummels, ma partiti altri, da Gotze e Benatia. Del resto non era certo una squadra da rifondare, anche se probabilmente nell’estate 2017 la musica cambierà, fra il ritiro di Lahm e Xabi Alonso più altre considerazioni legate al logorio di Robben e Ribery

L'ULTIMO MESE

Ancelotti ha più volte dimostrato di saper creare squadre, oltre che gestirle, ma l’ultimo mese (5 partite consecutive senza vittorie, al Bayern non succedeva da 17 anni, con la doppia elimonazione da Champions League Coppa di Germania) ha creato all’interno del club una corrente a lui avversa, che ritiene questa squadra poco allenata (musica già sentita ai tempi di Parma, Juventus e anche Milan: quando non si sa cosa dire di un allenatore, si dice che non allena) e vorrebbe riportare un tedesco sulla panchina più ambita di Germania. Non ci scommetteremmo, però, e non soltanto perché Ancelotti ha un contratto fino al 2019.

SEMPRE DA CHAMPIONS

Ancelotti a 58 anni rimane probabilmente il miglior allenatore in circolazione per arrivare nel modo migliore alle partite che contano, senza gridare insulti in faccia ai giocatori ma essendo all’occorrenza anche molto duro (esattamente come Nils Liedholm, sua vera fonte di ispirazione, che il luogo comune voleva invece freddo e distaccato). Da ex campione sa benissimo che tenere alta la tensione per nove mesi di fila e impossibile, così semplicemente effettua delle scelte. Quanto al mito degli allenamenti blandi, è in parte legato alla sua scarsa considerazione nei confronti di tecnologie e tecnici iperspecializzati (al Milan fingeva di dare importanza al Milan Lab esaltato da Galliani, così come alle formazioni scritte da Berlusconi sui tovaglioli, poi faceva di testa sua). Ci sta quindi che qualcuno all’ìnterno dei club lo abbia in antipatia. Guardando bene come sono andate le partite con il Real Madrid, non si può dire che il Bayern abbia giocato peggio (anzi) né tantomeno che la sua rosa fosse superiore a quella dispozione di Zidane. Per questo chi sogna la Champions e ha i soldi per vincerla non può non pensare ad Ancelotti. Che non sputa certo su questa Bundesliga, anche se è il primo a rendersi conto che non basta.