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NBA, Rajon Rondo e i Bulls sono già ai saluti?

NBA

Dario Vismara

7.2 punti col 37% al tiro per Rondo, i minimi dal suo anno da rookie (Foto Getty)
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Il playmaker non è sceso in campo contro i Milwaukee Bucks per scelta di Fred Hoiberg e già parla apertamente della possibilità di un addio. Ma come si è arrivati a questo punto?

Nel corso dell’estate, i Chicago Bulls si erano prefissati come primo obiettivo quello di migliorare la situazione nel ruolo di point guard. Dopo l’addio a Derrick Rose, la dirigenza aveva individuato in Rajon Rondo il “bersaglio grosso” della free agency, corteggiandolo fin dal primissimo giorno disponibile e facendogli firmare un biennale da 28 milioni di dollari. Solo dopo è nata l’idea di accoppiarlo a Dwyane Wade, che ai tempi sembrava destinato a rimanere coi Miami Heat, e i Bulls si erano convinti che, affiancando due campioni NBA a Jimmy Butler, la squadra avesse lo “star power” per contendere per un posto ai playoff nella Eastern Conference. Una convinzione rafforzata da un buonissimo inizio di stagione (11-7), suggellato da una vittoria sui Cleveland Cavaliers il 2 dicembre. Proprio in quell’occasione Rondo firmò la sua prima tripla doppia in maglia Bulls (15+10+12), facendo pensare per un breve istante che quello strano “mostro a tre teste” avesse trovato un suo equilibrio. Ieri notte, a meno di un mese dalla vittoria coi Cavs, Rajon Rondo è stato lasciato in panchina per tutta la partita contro i Milwaukee Bucks in favore di Michael Carter-Williams, in una gara che i Bulls hanno perso di 20 crollando nell’ultimo quarto. Nel post-partita Rondo, pur rispondendo con calma alle domande dei reporter, ha fatto chiaramente intendere che se la situazione fosse destinata a continuare gradirebbe cercare una sistemazione differente, e che nel caso ne discuterà con il GM Gar Forman. Ma come si è arrivati a questo punto?

Tre panchine in una settimana – I 48 minuti filati a osservare i compagni erano abbastanza nell’aria: l’allenatore dei Bulls Fred Hoiberg lo aveva già tenuto seduto nell’ultimo quarto della vittoria contro gli Indiana Pacers di lunedì scorso, ma le cose sono andate definitivamente a sud dopo il primo tempo disputato da Rondo contro i Pacers due giorni fa, in cui ha chiuso con più falli (3) rispetto a punti, rimbalzi e assist combinati (2), con un plus-minus complessivo di -20. Da quel momento in poi Rondo non è più sceso in campo, rimanendo seduto per la prima volta dopo 610 partite disputate in quintetto (l’ultima volta che è uscito dalla panchina risale al suo anno da rookie). Ciò nonostante il record dei Bulls non ne ha particolarmente beneficiato, visto che Chicago ha perso otto delle ultime undici partite disputate e la posizione di Hoiberg – e, secondo quanto riportato da Marc Stein di ESPN, anche quella della dirigenza – appare sempre più in bilico.

Rapporto complicato – Proprio il rapporto tra il capo allenatore dei Bulls e il suo numero 9 è al centro di questo “caso”. Pochi giorni dopo la vittoria contro i Cavs, Rondo era stato sospeso dalla franchigia per “comportamento dannoso nei confronti della squadra”, dopo un’accesa discussione con l’assistente Jim Boylen che si era conclusa con un asciugamano tirato in faccia. Hoiberg però ha definito la scelta di mettere Rondo in panchina “strettamente legata al basket”, preferendogli il rientrante Michael Carter-Williams nonostante i ben noti problemi al tiro "per l'energia che è in grado di darci e la difesa a tutto campo, spingendo anche in contropiede". “Mi ha detto che gli sono sembrato più lento nelle ultime cinque partite” ha dichiarato Rondo ai cronisti con grande calma. “Mi chiede sempre se sono a posto fisicamente; io gli rispondo la stessa cosa da un po’, ovvero che non mi sono mai sentito meglio a questo punto dell’anno”. Dal canto suo, Hoiberg ha comunque lodato l’atteggiamento tenuto dal suo playmaker: “È stato molto professionale, mi ha detto che accetterà qualsiasi ruolo e che aiuterà i nostri ragazzi a farsi trovare pronti. Sono molto orgoglioso di come ha gestito la situazione [dopo la panchina con Indiana]: incitava i compagni e dava consigli sulle rotazioni. La sta gestendo bene e vedremo come andrà”. Parole di circostanza, perché la realtà dei fatti racconta ben altro.

Il crollo difensivo – Quello che ha convinto Hoiberg a optare per Michael Carter-Williams è la scarsa propensione difensiva che Rondo ormai mostra da diversi anni, a dispetto dei quattro quintetti All-Defensive per cui è stato nominato dal 2009 al 2012, anno in cui si è infortunato gravemente al ginocchio. Dalla rottura del crociato in poi l’ex playmaker dei Celtics non è più riuscito a essere un difensore quantomeno decente, tanto per il declino fisico (Rondo ormai non guarda più il canestro e va pochissimo in lunetta, tentando meno di un tiro libero a partita) quanto di atteggiamento, mostrandosi il più delle volte disinteressato a rimanere davanti al suo uomo in difesa, cercando un rischioso recupero da dietro che il più delle volte si conclude con un fallo. L’unica volta in carriera che ha visto Rondo chiudere con più palloni recuperati che falli commessi risale al 2010-11, e quest’anno il rapporto parla di un chiaro 39-67. I Bulls subiscono oltre 2 punti su 100 possessi in più quando lui è in campo (105.3 contro 103) e Chicago riesce a mantenersi in piedi (differenziale di -0.1) soprattutto grazie all’attacco (105.2), che però passa soprattutto dalle mani di Dwyane Wade e Jimmy Butler, visto che Rondo conclude con un tiro, un assist o una palla persa solo il 16.6% dei possessi di quando è in campo, superando di poco il centro Robin Lopez al settimo posto nella sua stessa squadra. Decisamente non quello che i Bulls si aspettavano la scorsa estate dopo quella che Rondo ha definito “una stagione piuttosto buona a Sacramento”, ma non del tutto imprevedibile o imprevista, visto che si premurarono di prevenire situazioni del genere garantendo solamente 3 dei 13.4 milioni previsti per il prossimo anno di contratto di Rondo, rendendo quindi percorribile l’ipotesi di un taglio. Sicuramente Chicago cercherà di trovare un acquirente sul mercato, ma è improbabile che una delle altre 29 squadre si priverà di qualcosa di interessante per mettersi in casa un giocatore che, fino a questo momento, si è rivelato più un problema che una soluzione.