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NBA, è ancora Carmelo Anthony contro Phil Jackson

NBA

Dario Vismara

Il tweet criptico del presidente dei New York Knicks ("Ho imparato che non si smacchia un leopardo") è solo l’ultimo episodio di una situazione interna ormai sempre più insostenibile

Dicono che New York sia la città che “non dorme mai”; di sicuro i New York Knicks sono la franchigia in cui non ci si riposa mai. Neanche nei giorni senza partite si può mai abbassare la guardia, perché può capitare che un pezzo su Carmelo Anthony – come se ne sono scritti innumerevoli in questi mesi – spinga Phil Jackson a mettersi davanti alla tastiera e twittare 127 caratteri pieni di riferimenti incrociati e accuse sottintese contro la sua stella, in pieno stile Coach Zen. E dire che l’ultimo tweet lanciato al mondo era datato 28 dicembre, quando con uno screenshot del suo iPad aveva annunciato la separazione dalla compagna Jeanie Buss. Questa volta, il suo obiettivo era decisamente più vicino e rispondeva al nome di Carmelo Anthony, il giocatore che in tutti i modi sta cercando di spingere lontano dalla Grande Mela.

Il pezzo di Ding – La causa scatenante è una column di Kevin Ding – storico reporter dei Los Angeles Lakers già ai tempi di Phil Jackson, da qualche anno passato a scrivere di NBA in generale su Bleacher Report – molto critico nei confronti di Anthony e della sua “voglia di vincere”. Il senso del pezzo sta già tutto nel titolo – “Phil Jackson e i Knicks, condannati a volere che Carmelo sia qualcosa che non è” – e fa passare Jackson come “l’allenatore e mentore e persino amico fidato di Michael Jordan e Kobe Bryant”, mentre dall’altra parte ‘Melo è “drogato dal suo successo individuale indipendentemente dall’esperienza o dalle visioni che gli vengono messe attorno per cercare di insegnargli qualcosa di più”, dandogli la gran parte delle colpe per il fallimento di New York nelle sue stagioni in blu-arancio. Nella frase più dura di tutto il pezzo, Ding conclude che i Knicks (e persino LeBron James, che però ha smentito le voci sullo scambio Love-Melo) “non possono volere qualcosa per Anthony che lui stesso non voglia profondamente per se stesso”.

La risposta di Jackson – Dopo settimane di silenzio sulla situazione dei Knicks e della sua stella, Jackson ha quindi affidato a Twitter la sua opinione, come al solito piena di messaggi criptici: “Ding del Bleacher è andato vicino al vero [“rings the bell” è l’espressione utilizzata, che idiomaticamente ha anche il significato di “riportare qualcosa alla mente”, ndr], ma ho imparato che non si smacchia il leopardo [ovverosia una persona non cambia la propria natura, ndr] con Michael Graham nei miei giorni nella CBA”. Il riferimento è a un giocatore – ex stella di Georgetown insieme a Patrick Ewing – allenato da Jackson negli anni ’80 con il quale aveva avuto diversi scontri, in particolare in una partita di capodanno del 1986 quando lui e Graham litigarono nel bel mezzo della gara. Qualche giorno dopo, gli Albany Patroons allenati da Jackson lo tagliarono dal roster. In un pezzo del tempo apparso sul The Washingtonian, Jackson disse che “nulla di ciò che dicevo faceva la minima differenza. Ogni volta che provavo a parlarci, i suoi occhi si rivolgevano da un’altra parte e si ritirava in un angolo oscuro che nessuno poteva penetrare”.

Ripercussioni – Il fatto che Jackson abbia indirettamente (ma neppure troppo) paragonato le due situazioni dice molto del rapporto tra il presidente dei Knicks e la sua stella, che sembra deteriorarsi ogni giorno che passa. Mancano ancora due settimane alla fine del mercato NBA e le voci sul futuro di Anthony si rincorrono ormai da un mese abbondante, visto che i Knicks (e il pubblico del Garden) non hanno fatto mistero di volersi liberare dell’ingombrante presenza e dell’ancor più ingombrante contratto di Anthony, che però ha il coltello dalla parte del manico potendo porre il veto su qualsiasi scambio lo coinvolga. Una clausola concessa dallo stesso Coach Zen nel 2014 – su cui Ding ha scritto che “Jackson indubbiamente ha sovrastimato la sua capacità di far evolvere Anthony da superstar a superstar vincente” – al momento del rinnovo del contratto e che ora gli si sta ritorcendo contro. Ma, come si dice spesso, chi è causa del suo mal pianga se stesso. E a questo punto verrebbe da chiedersi: chi è davvero la causa dei mali dei New York Knicks?