I Jazz passano sul campo dei Clippers 97-95 all’ultimo secondo grazie al buzzer beater del veterano dalla panchina e nonostante l’infortunio di Rudy Gobert, uscito dopo 17 secondi per una iperestensione al ginocchio. A L.A. non bastano i 26 di Blake Griffin e i 25 di Chris Paul
Sembrava essere cominciata davvero male la serata per gli Utah Jazz, con Rudy Gobert costretto a uscire dal campo dopo soli 17 secondi di partita. Portando un blocco su Mbah-a-Moute per liberare Gordon Hayward, il centro francese ha subito un contatto che ha fatto girare in maniera innaturale il suo ginocchio sinistro, crollando immediatamente a terra e lasciando subito la partita. Uno scenario da incubo per i Jazz, privi del loro miglior lungo e della loro àncora difensiva su un campo difficile come quello dei Clippers, ma da lì in poi la serata non ha fatto altro che migliorare: i suoi compagni, infatti, hanno dato battaglia per tutta la gara mostrando una resilienza straordinaria, muovendo il pallone in attacco e rimanendo solidi in difesa pur subendo il canestro del pareggio di Chris Paul sul 95 pari a 13 secondi dalla fine. Il sangue freddo di Quin Snyder nel non chiamare timeout ha permesso a Johnson di giocarsi l’isolamento contro un difensore facilmente attaccabile come Jamal Crawford, imponendo la superiore stazza per arrivare fino in area e lasciar partire il floater sopra il braccio proteso di DeAndre Jordan, che si è arrampicato sul ferro prima di entrare esattamente allo scadere del cronometro, dando ai Jazz una insperata gara-1 in trasferta. Ancora meglio, dopo la gara le prime diagnosi sul ginocchio di Gobert hanno riferito che non ci sono danni strutturali né ai legamenti: per ora è stata definita come una iperestensione e una contusione, e anche se il suo status per la serie è ancora incerto, a questo punto Utah non poteva sperare in uno scenario migliore.
L’ennesima sconfitta
In casa Clippers invece la sconfitta all’ultimo secondo è stata ovviamente digerita malissimo, per un gruppo che in questi playoff si gioca veramente tutto. Blake Griffin e Chris Paul — che in estate saranno free agent così come J.J. Redick — hanno guidato la squadra rispettivamente con 26 e 25 punti, con il secondo a distribuire anche 11 assist nella sua gara dominando praticamente da solo l’ultimo quarto (12 punti di cui 10 in fila con 5/8 al tiro). La solita grande prestazione che però non è bastata, anche perché la panchina dei Clippers è stata ancora una volta inconsistente (20 punti in quattro tra Crawford, Speights, Felton e un Paul Pierce da soli 2:33 di gioco) e anche gli altri titolari non hanno esaltato, con Jordan a chiudere con 10+15 mentre Redick e Mbah a Moute si sono fermati a 7 a testa, con un plus-minus combinato di -14. Ai padroni di casa è mancato il tiro dalla lunga distanza (8/24 dall’arco) e anche un po’ di attenzione (15 palle perse), senza mai andare oltre le sei lunghezze di vantaggio in una gara che, con l’infortunio di Gobert, sembrava potesse andare in loro favore dopo tanta sfortuna negli anni passati. Invece i Clippers hanno anche perso 42-40 nei punti in area, pur vincendo lo scontro a rimbalzo 40-34, ma non sono stati in grado di produrre abbastanza attacco (99.5 di rating offensivo contro il 110.3 stagionale) per avere la meglio sui Jazz.
Resilienza
I Jazz invece sono riusciti a costruire abbastanza canestri per tenersi quasi sempre in vantaggio nel secondo tempo, muovendo il pallone in maniera mirabile e trovando buone percentuali al tiro (48% dal campo, 42% da tre) con un attacco equilibrato, guidato dai 21 di Joe Johnson (9/14 al tiro con tre triple), i 19 di Gordon Hayward che ha dato una grossa mano a rimbalzo prendendone 10 pur tirando male (7/18), i 16 di George HIll e i 15 di Derrick Favros, apparso un po’ in affanno fisico nel finale dopo aver giocato 32 minuti (il suo massimo da più di un mese a questa parte), ma fondamentale con la sua presenza in area per sopperire al vuoto lasciato da Gobert. Soprattutto, per questa vittoria i più grandi meriti vanno a Quin Snyder, capace di tenere lì mentalmente i suoi dopo aver subito un colpo durissimo dopo neanche 20 secondi di partita e glaciale nel finale nel riconoscere l’accoppiamento favorevole a Joe Johnson contro Crawford. Per essere un assoluto esordiente ai playoff da capo-allenatore, davvero un ottimo inizio, che mette ora i Jazz nella condizione di dover “solamente” difendere il fattore campo a Salt Lake City per passare il turno.
Resilienza
I Jazz invece sono riusciti a costruire abbastanza canestri per tenersi quasi sempre in vantaggio nel secondo tempo, muovendo il pallone in maniera mirabile e trovando buone percentuali al tiro (48% dal campo, 42% da tre) con un attacco equilibrato, guidato dai 21 di Joe Johnson (9/14 al tiro con tre triple), i 19 di Gordon Hayward che ha dato una grossa mano a rimbalzo prendendone 10 pur tirando male (7/18), i 16 di George HIll e i 15 di Derrick Favros, apparso un po’ in affanno fisico nel finale dopo aver giocato 32 minuti (il suo massimo da più di un mese a questa parte), ma fondamentale con la sua presenza in area per sopperire al vuoto lasciato da Gobert. Soprattutto, per questa vittoria i più grandi meriti vanno a Quin Snyder, capace di tenere lì mentalmente i suoi dopo aver subito un colpo durissimo dopo neanche 20 secondi di partita e glaciale nel finale nel riconoscere l’accoppiamento favorevole a Joe Johnson contro Crawford. Per essere un assoluto esordiente ai playoff da capo-allenatore, davvero un ottimo inizio, che mette ora i Jazz nella condizione di dover “solamente” difendere il fattore campo a Salt Lake City per passare il turno.
Resilienza
I Jazz invece sono riusciti a costruire abbastanza canestri per tenersi quasi sempre in vantaggio nel secondo tempo, muovendo il pallone in maniera mirabile e trovando buone percentuali al tiro (48% dal campo, 42% da tre) con un attacco equilibrato, guidato dai 21 di Joe Johnson (9/14 al tiro con tre triple), i 19 di Gordon Hayward che ha dato una grossa mano a rimbalzo prendendone 10 pur tirando male (7/18), i 16 di George HIll e i 15 di Derrick Favros, apparso un po’ in affanno fisico nel finale dopo aver giocato 32 minuti (il suo massimo da più di un mese a questa parte), ma fondamentale con la sua presenza in area per sopperire al vuoto lasciato da Gobert. Soprattutto, per questa vittoria i più grandi meriti vanno a Quin Snyder, capace di tenere lì mentalmente i suoi dopo aver subito un colpo durissimo dopo neanche 20 secondi di partita e glaciale nel finale nel riconoscere l’accoppiamento favorevole a Joe Johnson contro Crawford. Per essere un assoluto esordiente ai playoff da capo-allenatore, davvero un ottimo inizio, che mette ora i Jazz nella condizione di dover “solamente” difendere il fattore campo a Salt Lake City per passare il turno.