Prima parte [qui la seconda] di una doppia intervista agli autori dei due libri che mettono uno di fronte all'altro - anche sugli scaffali delle librerie - due tra i protagonisti di queste finali NBA, LeBron James e Steph Curry. Qui Brian Windhorst ci racconta The Return of the King
CLEVELAND — Brian Windhorst è considerato una sorta di biografo non ufficiale di LeBron James. C’era ben prima che il n°23 facesse bella mostra di sé sulle maglie di Cavs e Heat, quando identificava un giovane di grandissime speranze al liceo di St. Vincent-St. Mary, dove tutto è cominciato. LeBron stesso ha più volte riconosciuto il ruolo di Windhorst pubblicamente, a volte in maniera scherzosa (“L’unica persona insieme a mia madre che c’è sempre stata, dalla mia infanzia a oggi”) e quindi la sua firma — insieme a quella di Dave McMenamin, altro eccellente giornalista di ESPN — su Return of the King — LeBron James, the Cleveland Cavaliers and the Greatest Comeback in NBA History è sicuramente garanzia di qualità. Il libro sul biennio 2014-2016 di casa Cavs — dal ritorno di James alla vittoria del titolo — è uscito negli Stati Uniti lo scorso 13 aprile, curiosamente in concomitanza con l’arrivo nelle librerie anche di Golden — The Miraculous Rise of Stephen Curry, suo avversario diretto in queste finali.
L’ultima partita, l’ultimo capitolo
Proprio da Brian Windhorst ci siamo fatti raccontare genesi e curiosità di un libro che guida appassionati e tifosi dentro al mondo di LeBron James e dei Cleveland Cavaliers in maniera davvero originale e approfondita. “Io e Dave abbiamo iniziato a pianificare il progetto-libro prima che iniziassero le finali del 2015 — racconta Windhorst — ma dopo gli infortuni di Kevin Love, Kyrie Irving e dopo la sconfitta contro Golden State lo abbiamo momentaneamente accantonato. La stagione successiva non è stata meno convulsa, con il licenziamento di David Blatt e la rimonta in finale. Molto del materiale c’era già, dato che sia io che Dave eravamo stati al seguito della squadra per tutto l’anno. L’accordo con la casa editrice era che avremmo fatto il libro solo se avessero vinto la finale e così — dopo quell’incredibile gara-7 alla Oracle Arena — quella stessa sera ci siamo ritrovati a lavorare fino all’alba, partorendo sostanzialmente sui tavoli della sala stampa della Oracle il capitolo sulla gara finale con cui poi si chiude il libro. Quando siamo usciti dal palazzo erano le 5 del mattino, scoprendo che il parcheggio dove avevo messo l’auto a noleggio era ormai chiuso e noi quindi bloccati — con un volo alle 8 del mattino per tornare in Ohio da prendere a tutti i costi. Abbiamo abbandonato l’auto nel parcheggio e in qualche modo siamo riusciti a tornare a Cleveland”.
La genesi del libro
Continua Windhorst: “Abbiamo pensato che il libro dovesse avere una voce sola — che è la mia, che ho scritto ogni pagina — ma giornalisticamente il lavoro è stato fatto in coppia, sia per quanto riguarda le interviste che per il lavoro di raccolta di tutte le informazioni, facilitati in questo dal nostro ruolo di cronisti per ESPN. Abbiamo chiesto il loro placet alla pubblicazione del libro — non facile da ottenere — perché per scrivere un libro del genere dovevamo necessariamente frequentare qualcuno da molto vicino, e a ESPN questo non piace (motivo per cui se avessimo voluto fare il libro con LeBron James, ESPN non ce l’avrebbe mai permesso). Una volta incassato il loro ok ci siamo dedicati, separatamente, alle interviste che sono andate avanti per tutto agosto e settembre, facilitati dal buonumore e dell’euforia successivi alla vittoria di molti degli intervistati”.
Il furioso litigio tra Tyronn Lue e LeBron James
“La storia a mio avviso più incredibile che è emersa dal libro è il furioso litigio tra LeBron e coach Tyronn Lue all’intervallo di gara-7 [con Lue severissimo con James, convinto che potesse e dovere fare di più, ndr]. Dopo che coach Lue me l’ha raccontata sono andato a rivedermi la partita, trovando un paio di azioni in tutto in cui forse LeBron avrebbe potuto dare di più, ma tutto considerato mi sembra si possa dire che avesse giocato bene anche nel primo tempo [ride]! Una storia del genere non sarebbe mai emersa se coach Lue non ce l’avesse mai raccontata per il libro”, conclude Windhorst.
La (significativa) parentesi David Blatt
Ma se Lue è l’allenatore che a giugno 2016 mette le mani sul Larry O’Brien Trophy, non va dimenticato che a iniziare quella stagione sulla panchina dei Cavs c’era qualcun altro: “David Blatt è un personaggio importante nel libro”, assicura Windhorst. “Lo definirei una persona complessa, che con noi giornalisti non ha mai avuto un buon rapporto. Credo che una parte di quello che gli sia successo sia profondamente ingiusto nei suoi confronti, ma che una parte ancora maggiore sia la diretta conseguenza dei suoi stessi comportamenti. Definirei ingiusto il ruolo che è stato obbligato ad assumere: con il senno di poi la cosa più giusta probabilmente sarebbe stato lasciarlo andare immediatamente dopo la firma di LeBron James, perché lui non era l’allenatore pensato per allenare una squadra con James. Ovvio, sarebbe sembrata una follia, licenziare un allenatore appena assunto, senza neanche farlo allenare, ma in tutta onestà sarebbe stata la decisione migliore. Se non sai nuotare è ingiusto gettarti in mare aperto e sperare che tu possa imparare: la sua posizione era impossibile da sostenere fin dal primo giorno, ma lui ha peggiorato la sua situazione con un atteggiamento molto arrogante ogni volta che si è ritrovato di fronte a una sfida. Forse questo tipo di comportamento è stato quello che lo ha portato fin qui, che ne ha fatto un allenatore vincente in Europa, ma qui non poteva funzionare”.
Il retroscena della firma
Per chiudere Windhorst racconta un aneddoto curioso sul giorno del ritorno del Re nella sua Land: “La miglior parte del libro per me è quella che racconta l’estate del 2014 — dice — quando LeBron sceglie di tornare a casa, lasciando Miami per Cleveland. Avrei probabilmente potuto fare un libro solo su quell’estate! Ho trovato molto affascinante il modo in cui il suo agente, Rich Paul, ha condotto tutte le trattative per organizzare il ritorno a Cleveland. Le cose che si possono leggere nelle pagine di questo libro non erano mai uscite prima. Lo stesso giorno d’agosto in cui LeBron si è presentato in sede ai Cavs per firmare il suo contratto, io e Rich Paul ci siamo incontrati a colazione in un caffè di Cleveland perché lui voleva raccontarmi il suo piano dall’inizio alla fine — quasi volesse una sorta di documento storico a testimoniarlo. Mi ricordo che il nostro incontro è durato a lungo, quasi tre ore. Gli ho offerto la colazione, mi ha salutato e si è messo in auto: ha fatto quei due minuti di strada che lo separavano dagli uffici dei Cavs e dopo pochi minuti ha firmato insieme a LeBron il contratto che lo avrebbe riportato a casa. Io non ne sapevo niente e oggi mi fa ridere l’idea di aver offerto io la colazione a lui quando lui era sul punto di firmare un contratto a quelle cifre [ride]”. Perché in fondo gli affari sono affari, anche quando si tratta di una banale colazione.