Riecco il Giro. E con lui cent'anni di storia d'Italia

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Armstrong con i compagni dell'Astana durante l'allenamento di venerdì, alla vigilia del via del Giro
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La presentazione di Giovanni Bruno della corsa del Centenario. Si parte da Venezia con il solito bagaglio di emozioni che accompagnano da un secolo la carovana dei corridori. E' l’Italia del pedale che riparte con speranze, obiettivi, e fame di vittorie

di GIOVANNI BRUNO



Una gigantesca macchia colorata attraversa l’Italia. E' l’Italia del pedale che riparte, riparte per la centesima volta, sempre così… sempre con speranze, obiettivi, fame di vittorie e di successi, voglia di correre. Voglia di far girare al massimo quei rapporti nelle pianure, indurirli per le volate e renderli agili e semplici per le salite. È l’Italia del pedale che fatica, dove non esiste più né la parola gregario né portatore d’acqua, o tanto meno finesseur ma solo compagno di squadra o specialista.

Dove la bomba di un tempo non bellico, è una serie di interminabili parole di interpretazione medica che identificano il solito male da estirpare, di chi bara con se stesso e con gli altri. Dove la tecnicità del mezzo fa ridere a chi l’Italia l’ha attraversata con tubolare incrociato in spalla. Cent’anni di giro, sono cent’anni di storia d’ Italia, un album fotografico che si sfoglia sempre con grande piacere, per veder quel passare dei tempi nel ricordare mille paesaggi, mille panorami, mille strade strade del biancofiore e dei covoni. Un passare attraverso la storia , di guerre, tragedie, rinascite e ricostruzioni.

Tutto ha dell’indimenticabile, come quei volti conosciuti e non, quei volti  stanchi , tesi, sofferenti, colmi di fatica e di imprese ma anche sorridenti, gioiosi, felici di imprese fatte. Ogni volto è un piccolo tassello di storia di questo sport che  nonostante tutto, nonostante tutto. Rimane affascinante e per certi versi poetico. Dove tanti lo hanno descritto cercando di rinchiuderlo in poche righe o in un fiato del microfono, di imprigionarlo nella gabbia del racconto. Ma il vero racconto è quel assaporare il gusto dell’impresa, di tentarla, di provarla, di viverla. Ci basta questo per cercare di credere, basta poco, credere ancora …nonostante tutto.

Poco importa  allora che quei volti diventino gesti e nomi, poco importa se il Giro va da Venezia a Roma e Milano è solo una tappa, poco importa se la conta della classifica e dei numeri va da Ganna a Contador. Per noi e per tanti sono la vista delle montagne, il bianco antico della polvere battuta dalle ruote, l’alta neve di tappe memorabili. E la gente. Quel popolo del ciclismo che non tradisce, che affolla il bordostrada passando dal bianco e nero al colore, senza tempo per far  ricordare 100 anni di Giro, 100 anni di ciclismo, 100 anni d’Italia.