Ahi, arrivano le montagne: gli sfracelli li farà la retorica
Altri SportCRISTIANO GATTI profetizza: tra oggi e domani faranno fuoco e fiamme i cantori del reducismo. Quelli che non fanno che riproporre servizi in bianco e nero del tempo che fu. Sono i "seppiati" dentro, stirpe di 30-40enni già somiglianti a Zavoli. IL VIDEO
di CRISTIANO GATTI
inviato de Il Giornale
da Valdobbiadene (Tv)
Arrivano le prime montagne, non so davvero quel che potrà succedere. Due giorni, due tappe, prima San Martino di Castrozza e poi Alpe di Siusi. Diciamolo subito: non sono tapponi dolomitici, non sono niente di pazzesco. Sono pure tappe corte.
Quest’anno, grazie alle scelte geniali del patron Zomegnan, le scalate epiche come Mortirolo, Gavia, Stelvio, Colle dell’Agnello, ce le possiamo vedere solo in Dvd. Com’è noto, per il Centenario – ma soprattutto per non fare troppo male all’amico americano – ha voluto farlo strano, cioè con poche montagne, messe subito alla prima settimana, e pure bassine. Il resto lo sta facendo la neve di quest’inverno implacabile: già hanno dovuto eliminare l’Izoard e accorciare il Blockhaus, quel che resta è davvero poca cosa (idea mia: il Giro verrà deciso e seppellito nella lunghissima crono delle Cinque Terre, alla tappa numero 12: nelle restanti nove, grandi partite a scopa).
Messa così la questione salite, i veri sfracelli non bisogna attenderli dai corridori. Tra oggi e domani, faranno fuoco e fiamme i loro cantori. Da intere settimane stanno caricando i mitra della retorica e del reducismo. Non fanno che riproporre servizi in bianco e nero del tempo che fu, quando Girardengo andava in Giro con i tubolari a tracolla e Learco Guerra metteva gli occhiali da aviatore. Sono magnifici: hanno una concezione del ciclismo da Istituto Luce. Sublime Bruno Vespa, che alla vigilia della partenza monta un apposito “Porta a Porta” rosa e non riesce a spingersi oltre il duello Saronni-Moser. Dagli anni Settanta in poi, non risulta attività ciclistica. Non esiste campione. Vai col commovente servizio su Coppi e Bartali, che erano rivali, però tanto amici, ti ricordi quella volta al Musichiere?
E finchè lo fa Sergio Zavoli, che ha 85 anni e un luminoso trascorso negli anni Sessanta, si può pure capire. La tragedia è che pure i trentenni e i quarantenni sono uguali. Sono zavolati dalla nascita. Godono per Mugnaini e Massignan, sbavano per Magni sul San Luca, si spingono a malapena fino a Merckx. Basta dire, che so, Bugno e Indurain per vederli subito immusoniti. Troppo moderno, non ce la fanno a sopportare tutto questo futuro. Sono al Giro dei cent’anni, ma la loro vera aspirazione sarebbe stare al Giro numero uno. Sono seppiati dentro.
In questa bella ambientazione, coperta da due dita di muffa, da quattro dita di mestizia, si va sulle prime montagne. Ci dobbiamo preparare: a questa brava gente basta un cavalcavia per scomodare l’epica di Manuel Fuentes, figuriamoci a San Martino di Castrozza. Non bisogna perderci lo spettacolo: stanno caricando il mitra da settimane, pensa le raffiche di bischerate.
inviato de Il Giornale
da Valdobbiadene (Tv)
Arrivano le prime montagne, non so davvero quel che potrà succedere. Due giorni, due tappe, prima San Martino di Castrozza e poi Alpe di Siusi. Diciamolo subito: non sono tapponi dolomitici, non sono niente di pazzesco. Sono pure tappe corte.
Quest’anno, grazie alle scelte geniali del patron Zomegnan, le scalate epiche come Mortirolo, Gavia, Stelvio, Colle dell’Agnello, ce le possiamo vedere solo in Dvd. Com’è noto, per il Centenario – ma soprattutto per non fare troppo male all’amico americano – ha voluto farlo strano, cioè con poche montagne, messe subito alla prima settimana, e pure bassine. Il resto lo sta facendo la neve di quest’inverno implacabile: già hanno dovuto eliminare l’Izoard e accorciare il Blockhaus, quel che resta è davvero poca cosa (idea mia: il Giro verrà deciso e seppellito nella lunghissima crono delle Cinque Terre, alla tappa numero 12: nelle restanti nove, grandi partite a scopa).
Messa così la questione salite, i veri sfracelli non bisogna attenderli dai corridori. Tra oggi e domani, faranno fuoco e fiamme i loro cantori. Da intere settimane stanno caricando i mitra della retorica e del reducismo. Non fanno che riproporre servizi in bianco e nero del tempo che fu, quando Girardengo andava in Giro con i tubolari a tracolla e Learco Guerra metteva gli occhiali da aviatore. Sono magnifici: hanno una concezione del ciclismo da Istituto Luce. Sublime Bruno Vespa, che alla vigilia della partenza monta un apposito “Porta a Porta” rosa e non riesce a spingersi oltre il duello Saronni-Moser. Dagli anni Settanta in poi, non risulta attività ciclistica. Non esiste campione. Vai col commovente servizio su Coppi e Bartali, che erano rivali, però tanto amici, ti ricordi quella volta al Musichiere?
E finchè lo fa Sergio Zavoli, che ha 85 anni e un luminoso trascorso negli anni Sessanta, si può pure capire. La tragedia è che pure i trentenni e i quarantenni sono uguali. Sono zavolati dalla nascita. Godono per Mugnaini e Massignan, sbavano per Magni sul San Luca, si spingono a malapena fino a Merckx. Basta dire, che so, Bugno e Indurain per vederli subito immusoniti. Troppo moderno, non ce la fanno a sopportare tutto questo futuro. Sono al Giro dei cent’anni, ma la loro vera aspirazione sarebbe stare al Giro numero uno. Sono seppiati dentro.
In questa bella ambientazione, coperta da due dita di muffa, da quattro dita di mestizia, si va sulle prime montagne. Ci dobbiamo preparare: a questa brava gente basta un cavalcavia per scomodare l’epica di Manuel Fuentes, figuriamoci a San Martino di Castrozza. Non bisogna perderci lo spettacolo: stanno caricando il mitra da settimane, pensa le raffiche di bischerate.