Linus, il Forrest Gump dei Navigli: correre, la mia vita
Altri SportEsce "Parli sempre di corsa", la spiritosa autobiografia di un deejay che si è convertito tardivamente alla fatica di correre. “Sono consapevole della mia malattia, ma la tengo a bada...". GUARDA IL VIDEO
di PAOLO PAGANI
Una vita mangiata di corsa, sarà per questo che ha scritto “Parli sempre di corsa” (Mondadori editore, 108 pp, € 15,50). Doppia valenza nel titolo ipercinetico a queste confessioni maniacali di Linus, non l’anti-eroe dei Peanuts, ma il pimpante 53enne che ha inventato (e dirige) Radio Deejay. Uno che parla sempre delle corse, appunto, ma anche uno che parla in fretta: forse, in un cortocircuito prevedibile, per avere più tempo per correre.
Icona dei maratoneti, quelli veri in braghette e quelli delle playlist, Linus scrive dunque il Manifesto dell’atleta tardivo. Celebra una passione travolgente. Confessa la fatica e la bellezza del correre, lui specie di Forrest Gump dei Navigli che non è contento se non esce in sneakers quattro volte a settimana (l’ultima performance è stata di 32 km) prima di correre (naturalmente) in ufficio. Autobiografia intima, psicanalisi della sgambata, “Parli sempre di corsa” è un libro divertente e sprint, veloce da gustare, farcito di auto-ironia. In linea con Linus insomma.
Dice lui: “Io ho costanza, molta costanza. Esco per l’appunto quattro volte a settimana. Mai solo. Mai con le cuffie e la musica nelle orecchie. Corro sempre con gli amici. Anche i miei weekend sono strutturati per essere compatibili con l’impegno sportivo”. Dice ancora: “Sono consapevole della mia malattia. Ma credetemi, la tengo a bada con un po’ di ironia. Sì, certo, è anche vero che prendo appunti dettagliati sulle mie performance e, magari a distanza di anni o di mesi, li rileggo di notte nel lettone…”.
Sono tanti e sparpagliati i momenti di poesia del libro, lì dove il dj maratoneta squaderna lampi di sentimento profondo. Come a pagina 19, dove espone certe regole “nonnistiche” da rispettare, da neofita tra gli esperti, quando si muovono i primi passi d’allenamento in pista: “Le gerarchie tra i corridori che vanno forte e i comuni mortali sono più o meno le stesse che ci sono tra il guidatore di una Porsche e voi con la vostra Ford Fiesta”. O come a pagina 25, dove descrive l’idillio della corsetta mattutina al Reservoir di Central Park, New York, alla vigilia della maratona più famosa del mondo. “Due miglia da percorrere rigorosamente in senso orario” per godere la magia della luce nell’Upper East Side a quell’ora del giorno. O come, poco più avanti, quando espone la sua filosofia della scarpa. Ammette ora: “ A casa ho una scarpiera dedicata, sei scaffali da quattro paio l’uno, 24 paia in tutto. Mia moglie mi fa il mazzo: un paio nuovo entra solo quando un paio vecchio esce e va in pattumiera. In genere le cambio ogni 500 km, due-tre mesi…”. O come, pagina 39, nel punto clou. Dove confessa, lui dj accanito, che ruolo ha la musica. “Io mischio tutto, senza ritegno. Tanto è solo per me…”. Questione di playlist da i.Pod insomma. Che lui disdegna, purista dello sforzo muscolare senza intermediari tra piedi e cervello. Ma con la predilezione per un brano, da legare a New York, maratona del 2006. Quando una tambureggiante Glory Days di Springsteen sparata a un angolo della First Avenue, cinque miglia di rettilineo interminabile, 28° km di corsa, “ha fatto la differenza, mi ha dato la carica giusta…”.
"Parli sempre di corsa” è un libro che parla all’uomo in quanto animale sociale, ma anche (veltronianamente?) a quell’autistico coatto del maratoneta che ha fame di tabelle, diete, consigli alimentari sui carboidrati da ingurgitare e che sette giorni su sette, dodici mesi l’anno, pensa a una cosa soltanto: correre. Linus non arrossice mica quando sputa: “Vivo, a Milano, tra parco delle Cave, montagnetta di San Siro e parco di Trenno. E ho misurato personalmente, camminando, di notte, 27 km di percorso con la mia rotella metrica… L’ho fatto, a dire il vero, anche al parco di Monza. Prendendo appunti, che non mostrerò a nessuno, sui punti di riferimento in corrispondenza dei quali prendere il tempo. Perché 10 secondi in più o in meno sono la differenza che passa, alla mia età, tra euforia e depressione”. Che ne dite? Prossimo appuntamento in calendario la Deejay Ten, 3 ottobre, Milano. Pioggia o sole Linus sarà lì in canotta sull'asfalto.
Una vita mangiata di corsa, sarà per questo che ha scritto “Parli sempre di corsa” (Mondadori editore, 108 pp, € 15,50). Doppia valenza nel titolo ipercinetico a queste confessioni maniacali di Linus, non l’anti-eroe dei Peanuts, ma il pimpante 53enne che ha inventato (e dirige) Radio Deejay. Uno che parla sempre delle corse, appunto, ma anche uno che parla in fretta: forse, in un cortocircuito prevedibile, per avere più tempo per correre.
Icona dei maratoneti, quelli veri in braghette e quelli delle playlist, Linus scrive dunque il Manifesto dell’atleta tardivo. Celebra una passione travolgente. Confessa la fatica e la bellezza del correre, lui specie di Forrest Gump dei Navigli che non è contento se non esce in sneakers quattro volte a settimana (l’ultima performance è stata di 32 km) prima di correre (naturalmente) in ufficio. Autobiografia intima, psicanalisi della sgambata, “Parli sempre di corsa” è un libro divertente e sprint, veloce da gustare, farcito di auto-ironia. In linea con Linus insomma.
Dice lui: “Io ho costanza, molta costanza. Esco per l’appunto quattro volte a settimana. Mai solo. Mai con le cuffie e la musica nelle orecchie. Corro sempre con gli amici. Anche i miei weekend sono strutturati per essere compatibili con l’impegno sportivo”. Dice ancora: “Sono consapevole della mia malattia. Ma credetemi, la tengo a bada con un po’ di ironia. Sì, certo, è anche vero che prendo appunti dettagliati sulle mie performance e, magari a distanza di anni o di mesi, li rileggo di notte nel lettone…”.
Sono tanti e sparpagliati i momenti di poesia del libro, lì dove il dj maratoneta squaderna lampi di sentimento profondo. Come a pagina 19, dove espone certe regole “nonnistiche” da rispettare, da neofita tra gli esperti, quando si muovono i primi passi d’allenamento in pista: “Le gerarchie tra i corridori che vanno forte e i comuni mortali sono più o meno le stesse che ci sono tra il guidatore di una Porsche e voi con la vostra Ford Fiesta”. O come a pagina 25, dove descrive l’idillio della corsetta mattutina al Reservoir di Central Park, New York, alla vigilia della maratona più famosa del mondo. “Due miglia da percorrere rigorosamente in senso orario” per godere la magia della luce nell’Upper East Side a quell’ora del giorno. O come, poco più avanti, quando espone la sua filosofia della scarpa. Ammette ora: “ A casa ho una scarpiera dedicata, sei scaffali da quattro paio l’uno, 24 paia in tutto. Mia moglie mi fa il mazzo: un paio nuovo entra solo quando un paio vecchio esce e va in pattumiera. In genere le cambio ogni 500 km, due-tre mesi…”. O come, pagina 39, nel punto clou. Dove confessa, lui dj accanito, che ruolo ha la musica. “Io mischio tutto, senza ritegno. Tanto è solo per me…”. Questione di playlist da i.Pod insomma. Che lui disdegna, purista dello sforzo muscolare senza intermediari tra piedi e cervello. Ma con la predilezione per un brano, da legare a New York, maratona del 2006. Quando una tambureggiante Glory Days di Springsteen sparata a un angolo della First Avenue, cinque miglia di rettilineo interminabile, 28° km di corsa, “ha fatto la differenza, mi ha dato la carica giusta…”.
"Parli sempre di corsa” è un libro che parla all’uomo in quanto animale sociale, ma anche (veltronianamente?) a quell’autistico coatto del maratoneta che ha fame di tabelle, diete, consigli alimentari sui carboidrati da ingurgitare e che sette giorni su sette, dodici mesi l’anno, pensa a una cosa soltanto: correre. Linus non arrossice mica quando sputa: “Vivo, a Milano, tra parco delle Cave, montagnetta di San Siro e parco di Trenno. E ho misurato personalmente, camminando, di notte, 27 km di percorso con la mia rotella metrica… L’ho fatto, a dire il vero, anche al parco di Monza. Prendendo appunti, che non mostrerò a nessuno, sui punti di riferimento in corrispondenza dei quali prendere il tempo. Perché 10 secondi in più o in meno sono la differenza che passa, alla mia età, tra euforia e depressione”. Che ne dite? Prossimo appuntamento in calendario la Deejay Ten, 3 ottobre, Milano. Pioggia o sole Linus sarà lì in canotta sull'asfalto.