Una storia Azzurra: gli italiani che issarono la prima vela

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Nel 1983 Azzurra fu la prima barca italiana della storia a partecipare all'America's Cup (foto archivio Yacht Club Costa Smeralda)
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L'INTERVISTA. Trent'anni fa l'Italia scoprì uno sport "nuovo" grazie all'imbarcazione che lanciò la sfida in America's Cup. Fu un trionfo: l'equipaggio guidato dallo skipper Cino Ricci, al debutto, si spinse in semifinale: "Ci sentimmo dei pionieri"

di Alfredo Corallo

Doveste mai imbattervi, durante una di queste serate agostane, in una ragazza che di nome fa Azzurra, sulla trentina, sappiate che adora il mare ed è una vincente, nata. Vi racconterà che l'estate del 1983 nelle nursery degli ospedali, da Aosta a Siracusa, migliaia di coppie decisero di chiamare le figlie come una barca che fece sognare il paese intero. La prima a banda Tricolore che ebbe la sfrontatezza di lanciare la sfida al trofeo sportivo più antico, l'America's Cup.

Potere dell'Avvocato - Capirai, per l'Italia pallonara di un Mundial ancora da smaltire la vela era un mondo sommerso, il sollazzo di una ristrettissima élite o, se preferite, materia per addetti ai lavori (e poi internet non c'era, e neanche Sky...). Ci volle tutta l'ambizione di Gianni Agnelli e di Karim Aga Khan, che aveva già elevato Porto Cervo a una delle capitali velistiche internazionali; ma furono le straordinarie imprese degli uomini guidati dallo skipper romagnolo Cino Ricci a far riemergere i fasti delle gloriose Repubbliche Marinare...

Il varo - Fu proprio lo Yacht Club Costa Smeralda del principe ismaelita a guidare la struttura organizzativa, composta da una ventina di aziende che s'impegnarono a finanziare singolarmente la spedizione con 300 milioni di lire (tra le altre Iveco, Alitalia e Cinzano, di cui Luca Cordero di Montezemolo era amministratore delegato). Così, il varo di Azzurra, progettata dallo studio Vallicelli di Roma e realizzata dallo Yachts Officine di Pesaro, avvenne nel capoluogo marchigiano il 19 luglio 1982, che Zoff aveva appena sollevato la Coppa.

Si parte - Undici mesi più tardi, il 18 giugno, dopo un biennio di intensa preparazione, l'imbarcazione italica potrà presentarsi a Newport, nel Rhode Island, per affrontare ben cinque rivali in un inedito tutti contro tutti che avrebbe sancito il challenger ufficiale della XXV edizione (nonché il vincitore della primissima Louis Vuitton Cup, premio allo sfidante istituito per l'occasione).

I nostri eroi si aggiudicheranno 24 regate su 49, terzi! E poco importa se in semifinale avrà la meglio l'inglese Victory '83. Rimarrà un trionfo, con la ciliegina di un round strappato ad Australia II, che alla fine la spunterà su Liberty spezzando l'imbattibilità statunitense durata 132 anni.


Ricci, le femminucce Azzurra. Ma i maschietti li chiamavano Cino...
"Così dicevano, è stata una bella responsabilità...".

Quei fenomenali anni '80.
"Innamorarsi di una barca... Allora era una novità assoluta. La gente si fece coinvolgere perché eravamo un team di persone 'normali'. C'erano il ferroviere, gli studenti universitari, qualche prof di educazione fisica, windsurfer. Una storia romantica, d'altri tempi".

Come ogni grande avventura ci fu una giusta dose di incoscienza.
"Mi contattò il Gruppo Vallicelli: 'Vuoi fare la Coppa America?' Certo! Chiesi e ottenni un incontro a Torino con Agnelli, in Corso Marconi, nel febbraio del 1981. Ci trovammo subito in sintonia, accettò le mie richieste".

Quali?
"Nessuna interferenza sul lavoro, che all'equipaggio penso solo io. Voi andrete a ritirare il premio, se ci sarà... Riferì immediatamente all'Aga Khan e un mese dopo la sfida al New York Yachting Club era lanciata".

Scattarono le telefonatine dell'Avvocato all'alba? Un classico.
"Ovviamente, come faceva con tutti quelli che gestivano i suoi interessi, dalla Juventus alla Fiat. S'informava, ma non proprio tutte le mattine. Certo, quando sentivo squillare il telefono alle 6.30 era lui...".

Il nome Azzurra chi lo scelse?
"Ci fu una proposta del nostro ufficio promozione, il presidente Montezemolo la assecondò. Era quello più riconoscibile per l'Italia nel mondo, e ci portò anche bene".

Come selezionò l'equipaggio?
"Prima sulla base caratteriale, psicologica. Questi ragazzi dovevano essere pronti a resistere agli allenamenti e agli esami per 2-3 anni. Seconda prerogativa: nullafacenti e nessun legame affettivo. Li volevo vedovi... (ride, ndr). All'inizio erano 80, in America siamo andati in 28".

C'erano dei veri personaggi, il timoniere Mauro Pelaschier su tutti.
"Quando l'ho chiamato era a Roma che faceva l'hippie, con i fiori in testa...".

Avevate fissato un obiettivo?
"Le aspettative per una barca al debutto non potevano essere altissime. Sicuramente fare una figura degna della fiducia che mi era stata riposta".

E sui compensi?
"Non eravamo pagati, c'era solo un rimborso spese. Allora il professionismo nella vela non esisteva".

L'11 agosto cominciano le semifinali, in Italia la febbre è altissima.
"Che vuole, i mezzi d'informazione erano limitati, non c'era questa percezione dagli Stati Uniti. Ce ne siamo resi conto quando siamo tornati a Porto Cervo, mi hanno chiamato in tutte le trasmissioni televisive, da quelle sportive a Pippo Baudo".

Anche gli italo-americani facevano un tifo sfrenato.
"Era già pazzesco stare lì, e noi vincevamo pure. I nostri connazionali, spesso bastonati dalla vita, provarono un grande orgoglio, mi ringraziavano continuamente. Ricordo scene commoventi".

Andò male, la buona sorte non fu dalla vostra parte. Però avete battuto Australia II, la soddisfazione più grande.
"Hanno avuto un incidente e ne abbiamo approfittato. A noi successe in semifinale con Victory '83, capita, come l'infortunio al calciatore o la giornata storta per un ciclista. Ma andammo oltre ogni previsione".

Fu anche un grande divertimento, i party a "Casa Italia" erano il massimo del glamour.
"La mondanità imperava, ma a noi non doveva interessare. Piedi a terra, scarpe grosse e cervello fino".

Per gli italiani diventaste un mito.
"Anche la politica si appropriò di quel successo (il primo governo socialista di Craxi s'insediò il 4 agosto, ndr). Il presidente Pertini ci ricevette al Quirinale e mi inviò un bellissimo telegramma di ringraziamento per aver portato in alto i nostri colori".

Un mare di emozioni.
"Non sono il tipo che si fa condizionare dagli eventi. Però l'emozione più grande fu entrare allo stadio Olimpico per un derby Roma-Lazio e ricevere l'ovazione di 60mila persone".

Da Azzurra a Luna Rossa?
"Si è perso il romanticismo, la fantasia... La stessa paura del mare oggi non c'è più. Allora era come andare negli anni '20 con una macchina da Roma a Pechino... Ora  si pensa solo alla velocità, i fattori emozionali, passionali, contano molto meno e questo la gente lo sente".

Vi siete mai ritrovati tutti insieme?
"Sì, i primi giorni di luglio a Marina di Ravenna per festeggiare il trentennale, ma soltanto il team. Sono tornati apposta dall'Australia, dagli Usa. Ci siamo sfidati ai go-kart, ha vinto Paolo Rocca, ora commercializza polipi in Africa. Serata grandiosa".

Azzurra è esposta all'aeroporto di Olbia, ma presto sarà trasportata allo Yacht Club, nella rada di Porto Cervo. Tornerà a casa, finalmente.