Briatore: "Caro Ferguson, ecco il mio segreto per vincere"
Altri SportL'INTERVISTA. Come Ferguson, anche il Boss di The Apprentice ha le sue regole per il successo sportivo (e non): "Avere idee chiare e dialogare sempre con lo staff. Però un club di calcio resta ingestibile". E su Alonso: "Con Raikkonen non avrà problemi"
di Stefano Rizzato
L'errore da cartellino rosso? Non saper gestire il team. Il segreto del successo? Tirare dritti verso l'obiettivo, ma saper dialogare e anche cambiare idea. A dar ragione a sir Alex Ferguson ci pensa Flavio Briatore: "Le regole per affermarsi nello sport o da manager sono le stesse. Valgono per vincere un campionato o aprire un locale, per sviluppare una monoposto oppure un nuovo prodotto". Vincitore di sei titoli mondiali con Benetton e Renault, ex presidente del QPR, manager nei campi più diversi, Briatore è abituato a "rimbalzare" tra sport e impresa. E dopo aver scoperto e lanciato un certo Fernando Alonso, oggi i talenti li cerca su Sky, con The Apprentice.
C'è un ingrediente al quale non si può rinunciare, per avere successo?
"Se c'è un segreto è questo: motivare al meglio le persone con cui si lavora e, più a monte, saperle scegliere bene. Ancora una volta, è una regola che vale per tutti gli sport e per qualunque altro settore".
Certo, ma come si fa a motivare?
"Innanzi tutto bisogna avere molto chiari gli obiettivi e come raggiungerli. C'è un unico modo per farlo: lavorare più di tutti. Poi è decisivo comunicare bene con lo staff, dargli fiducia, lasciare anche spazio alla creatività".
Il dilemma è il solito: essere autorevoli o più di manica larga?
"Quando si ha a che fare con una squadra di calcio, un team di Formula 1 o un'azienda, ci sono tanti 'ego' da gestire e il dialogo è fondamentale. Non si può dire 'Fai questo perché sì', bisogna spiegare e confrontarsi. Io parlo sempre molto con i miei collaboratori e a volte questo mi ha portato a cambiare idea. Non è un tabù, ma la traiettoria deve restare diritta e chiara".
È più difficile gestire un team di Formula 1, una squadra di calcio o un'azienda con 100 dipendenti?
"Senza dubbio il più ostico è il pallone. Anzi, in quel caso più che difficile è impossibile e serve davvero una gran fortuna perché tutti i tasselli vadano al loro posto. I costi e gli investimenti, tra ingaggi e quant'altro, crescono di anno in anno e così si perde l'obiettivo di fondo, che anche per un club di calcio dev'essere il profitto. Ripeto, è impossibile. A meno che uno non sia un oligarca pieno di soldi, oppure ci si accontenti di restare a metà classifica e decida di cedere di anno in anno i giocatori migliori".
Gli errori più comuni che ha visto fare, tra sport e impresa?
"Sono due. Il primo è quello che dicevo prima: gestire male le persone dello staff. E l'altro è insistere a fare lavori o prodotti che non sono più richiesti".
E l'errore che proprio non sopporta nei candidati di The Apprentice?
"È uno che mi fa arrabbiare: la tendenza ad incartarsi nella teoria senza avere una minima idea dell'aspetto pratico. Molti si riempiono la bocca di strategie e market price ma poi crollano sul lato concreto. È come voler fare un hamburger senza saper tagliare il pane".
Le piace che il suo "Sei fuori" sia diventato un tormentone?
"Lo sapevo dall'inizio che sarebbe successo... credo che sia divertente. Vedo tanti giudizi positivi sulla trasmissione, tra Twitter, Facebook e così via. Sarà perché non offriamo un premio in gettoni d'oro, ma assumiamo gente di talento e gli diamo un'opportunità".
A proposito di talenti, come vede la futura coesistenza tra Raikkonen e Alonso? C'è chi dice che rischia di destabilizzare Fernando.
"Ma no, Alonso guida con chiunque. È un grande campione e professionista, com'era Senna, e non avrà alcuna difficoltà ad adattarsi alla nuova situazione. L'importante è che i due piloti abbiano un trattamento equo e in questo alla Ferrari non ci saranno problemi".
L'errore da cartellino rosso? Non saper gestire il team. Il segreto del successo? Tirare dritti verso l'obiettivo, ma saper dialogare e anche cambiare idea. A dar ragione a sir Alex Ferguson ci pensa Flavio Briatore: "Le regole per affermarsi nello sport o da manager sono le stesse. Valgono per vincere un campionato o aprire un locale, per sviluppare una monoposto oppure un nuovo prodotto". Vincitore di sei titoli mondiali con Benetton e Renault, ex presidente del QPR, manager nei campi più diversi, Briatore è abituato a "rimbalzare" tra sport e impresa. E dopo aver scoperto e lanciato un certo Fernando Alonso, oggi i talenti li cerca su Sky, con The Apprentice.
C'è un ingrediente al quale non si può rinunciare, per avere successo?
"Se c'è un segreto è questo: motivare al meglio le persone con cui si lavora e, più a monte, saperle scegliere bene. Ancora una volta, è una regola che vale per tutti gli sport e per qualunque altro settore".
Certo, ma come si fa a motivare?
"Innanzi tutto bisogna avere molto chiari gli obiettivi e come raggiungerli. C'è un unico modo per farlo: lavorare più di tutti. Poi è decisivo comunicare bene con lo staff, dargli fiducia, lasciare anche spazio alla creatività".
Il dilemma è il solito: essere autorevoli o più di manica larga?
"Quando si ha a che fare con una squadra di calcio, un team di Formula 1 o un'azienda, ci sono tanti 'ego' da gestire e il dialogo è fondamentale. Non si può dire 'Fai questo perché sì', bisogna spiegare e confrontarsi. Io parlo sempre molto con i miei collaboratori e a volte questo mi ha portato a cambiare idea. Non è un tabù, ma la traiettoria deve restare diritta e chiara".
È più difficile gestire un team di Formula 1, una squadra di calcio o un'azienda con 100 dipendenti?
"Senza dubbio il più ostico è il pallone. Anzi, in quel caso più che difficile è impossibile e serve davvero una gran fortuna perché tutti i tasselli vadano al loro posto. I costi e gli investimenti, tra ingaggi e quant'altro, crescono di anno in anno e così si perde l'obiettivo di fondo, che anche per un club di calcio dev'essere il profitto. Ripeto, è impossibile. A meno che uno non sia un oligarca pieno di soldi, oppure ci si accontenti di restare a metà classifica e decida di cedere di anno in anno i giocatori migliori".
Gli errori più comuni che ha visto fare, tra sport e impresa?
"Sono due. Il primo è quello che dicevo prima: gestire male le persone dello staff. E l'altro è insistere a fare lavori o prodotti che non sono più richiesti".
E l'errore che proprio non sopporta nei candidati di The Apprentice?
"È uno che mi fa arrabbiare: la tendenza ad incartarsi nella teoria senza avere una minima idea dell'aspetto pratico. Molti si riempiono la bocca di strategie e market price ma poi crollano sul lato concreto. È come voler fare un hamburger senza saper tagliare il pane".
Le piace che il suo "Sei fuori" sia diventato un tormentone?
"Lo sapevo dall'inizio che sarebbe successo... credo che sia divertente. Vedo tanti giudizi positivi sulla trasmissione, tra Twitter, Facebook e così via. Sarà perché non offriamo un premio in gettoni d'oro, ma assumiamo gente di talento e gli diamo un'opportunità".
A proposito di talenti, come vede la futura coesistenza tra Raikkonen e Alonso? C'è chi dice che rischia di destabilizzare Fernando.
"Ma no, Alonso guida con chiunque. È un grande campione e professionista, com'era Senna, e non avrà alcuna difficoltà ad adattarsi alla nuova situazione. L'importante è che i due piloti abbiano un trattamento equo e in questo alla Ferrari non ci saranno problemi".