Capitan Lima: "Un successo per far crescere il movimento"

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Nato a San Paolo il 19 agosto 1987, Lima è capitano della Nazionale azzurra e sta guidando l'Asti calcio a 5 al primo posto in Serie A. La Uefa l'ha eletto miglior giocatore dell'Europeo 2014 disputato ad Anversa (foto Getty)
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Il leader e fenomeno del futsal azzurro viene da San Paolo, ha un nonno italiano e gioca nell'Asti primo in Serie A. La Uefa l'ha scelto come miglior giocatore dell'Europeo vinto dai nostri. Lui ora sogna una finale Mondiale: "Come la vorrei giocare!"

di Stefano Rizzato e Gianluca Maggiacomo

Capitano a 26 anni. Leader. Universale. Brasiliano e italiano. Campione d’Europa e, secondo la Uefa, anche miglior giocatore di Euro 2014. Nel profilo di Gabriel Lima si devono scrivere tante cose. Quel che più conta è che lui, uno tra i maggiori talenti mondiali del calcio a 5, veste la maglia azzurra. Alle spalle ha un itinerario da San Paolo ad Aosta, fino a Treviso e – oggi – ad Asti. Dove guida la squadra capoclassifica della Serie A.

È la stessa in cui giocano altri due azzurri campioni d’Europa...
“Sì, altri due italo-brasiliani che sono anche due amici. Rodolfo Fortino, il pivot della Nazionale, lo conosco addirittura da prima di arrivare in Italia, visto che anche lui è di San Paolo. E poi c’è Jairo Manoel Dos Santos alias Vampeta (il soprannome deriva da una chiara somiglianza con l’ex Inter ndr): con lui ci scontravamo ai tempi dell’under 21 e oggi siamo nello stesso club”.

Vi aspettavate di vincere l’Europeo?
“Negli ultimi tornei siamo sempre stati sul podio, terzi ai Mondiali del 2012 e agli ultimi Europei. Sapevamo di essere tra le squadre da battere e ci siamo confermati alla grande. Il meglio è che la squadra è ancora giovane, che c’è ancora da migliorare, che per noi non è un punto d’arrivo”.

Te la immagini una finale Italia-Brasile ai prossimi, di Mondiali, quelli del 2016?
“Beh sì, la finale del Mondiale me la immagino spesso: credo sia il traguardo più importante, me la vorrei giocare a prescindere da chi sia l’avversario”.

A livello internazionale, le nazioni più forti sono un po’ le stesse del calcio “normale”...
“Sì, Brasile e Spagna partono sempre da favoriti. Gli spagnoli questa volta sono arrivati terzi, ma hanno tradizione e movimento superiori. Poi ci sono Portogallo e Russia, l’Argentina e anche l’Iran, che ha sempre una nazionale molto forte e attrezzata”.

Tu quando hai iniziato col futsal?
“Molto presto, a tre anni o giù di lì. In Brasile i bambini iniziano dal calcio a 5, ovunque ci sono circoli e palazzetti attrezzati. Così s’imparano cose preziose come giocare la palla sullo stretto e controllarla bene. Da piccolo, giocavo il sabato a calcio a 5 e la domenica a 11”.

In Italia sei sbarcato invece nel 2004.
“La chiamata è arrivata quando avevo 16 anni, dopo qualche torneo che avevo fatto tra Svezia e Danimarca. Mi prese l’Aosta calcio a 5 e già il volo dal Brasile a Malpensa fu qualcosa di indimenticabile. Per fortuna era luglio e non faceva molto freddo, poi a dicembre mi sono reso conto di quello in cui m’ero cacciato... In generale il “salto” non fu da poco: io sono originario di San Paolo, abituato a una metropoli che vive 24 ore su 24. Non proprio come Aosta, ecco”.

L’incontro con la Nazionale di quand’è?
“Del luglio 2005, quando sono stato convocato nell’under 21. Da allora non sono più uscito dal giro. Oggi, se mi chiedono se mi sento italiano, come potrei rispondere di no? Ad Aosta ho fatto il liceo, poi ho giocato a Treviso e Arzignano e qui ad Asti – dove sono arrivato nel 2009 – ho anche iniziato l’università”.

Ora, con la vittoria dell’Europeo, ti aspetti che il movimento cresca ancora?
“Lo spero, perché la grande differenza rispetto ad altri Paesi è tutta qui. In Brasile e Spagna i bambini crescono sapendo che c’è un’alternativa, lì il futsal non “ruba” spazio al calcio a 11, non c’è nessuno scontro tra i due sport. Per questo è un bene che in Italia si stia lavorando molto a livello giovanile, che la Nazionale faccia raduni già per gli under 14, che le squadre di Serie A debbano avere tutte le serie, dai ragazzini alla prima squadra. Purtroppo, però, proprio a livello di club ci sono segnali preoccupanti e oggi la Marca, la squadra campione d’Italia nel 2013, quella che gioca con lo scudetto sul petto, ha praticamente chiuso e manda a giocare i ragazzi della Primavera”.