Da Pertini a Napolitano: tra presidenti campioni e... tifosi

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Alfredo Corallo

Lo scopone "Mundial" sull'aereo che riportava gli azzurri in Italia, ospiti del presidente Sandro Pertini
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Il dodicesimo presidente della Repubblica Mattarella conserva una simpatia per la squadra della sua città, il Palermo. Negli ultimi decenni si sono alternati juventini (Cossiga), livornesi (Ciampi) e altri meno faziosi, ma vincenti...

Carmelo, il portiere storico del suo condominio, in via della Libertà, racconta che ogni tanto il Professore si ferma volentieri a scambiare due chiacchiere con lui sul Palermo. Ma non è mai stato uno sportivo il nuovo presidente della Repubblica Sergio Mattarella: al massimo una passeggiata in montagna, d'estate, a Courmayeur. Avrà modo, tuttavia, da qui al 2016, quando incalzeranno gli Europei di calcio e le Olimpiadi, di prendere confidenza con l'ambiente.

I predecessori. Anche Giorgio Napolitano non era particolarmente ferrato sullo sport, ma nei 9 anni di presidenza si è rifatto alla grandissima. Ha visto la Nazionale di Marcello Lippi vincere la Coppa del mondo in Germania nel 2006; le imprese delle ragazze del tennis e della scherma; i trionfi di Federica Pellegrini, Valentino Rossi e Vincenzo Nibali; l'ultima vittoria iridata della Ferrari (con Kimi Raikkonen). E, in cuor suo, avrà esultato per la rinascita del Napoli, il ritorno in Europa, le due coppe Italia e l'ultimissimo regalo "di congedo", a dicembre, la Supercoppa contro la Juve.

Tante soddisfazioni e medaglie anche per Carlo Azeglio Ciampi, fedelissimo del Livorno, mentre il sardo Francesco Cossiga, socio numero uno dell'associazione Juventus Club Parlamento "Giovanni Agnelli", non potè togliersi lo "sfizio" di un successo ai Mondiali casalinghi del '90, che lo avrebbe consegnato alla storia. Una gioia che, in parte, provò il socialdemocratico Giuseppe Saragat, che nel 1968 ricevette Giacinto Facchetti, Gigi Riva e gli altri azzurri campioni d'Europa dopo la vittoria nella (seconda) finale di Roma con la Jugoslavia.

Il partigiano Pert. Sala degli Specchi del Quirinale. Dino Zoff alla sua destra, Enzo Bearzot a sinistra. Tutta la squadra invitata a pranzo il giorno successivo al trionfo del Bernabeu con i tedeschi ("se rimangono dei posti a tavola per i ministri siedano pure, se no vadano tranquillamente al ristorante"). Uno dei corazzieri, che Sandro Pertini condusse con sé a Madrid, dirà che il presidente aveva visto i giocatori un po' smagriti: "Portiamoli al Quirinale a fare una bella mangiata!". Sull'aereo la celebre partita a scopone, il settebello di Franco Causio e l'arrabbiatura con il "vecio" (ma poi il "Pert" confessò al compagno di carte Zoff che l'errore era stato suo...).

Quando gli chiedevano per chi tifasse, il suo cuore di partigiano aveva un fremito. "Da giovane mi piaceva il Genoa Club, ma ora la mia squadra è solo una: la Nazionale. Viva l'Italia!".