Italoamericano, alto solo 1.73 m, sul ring diventava una furia. Fu campione dei pesi medi e il primo a sconfiggere il grande Sugar Ray Robinson. Carattere turbolento, si sposò 6 volte. Il film a lui ispirato consentì a Robert De Niro di vincere l'Oscar
Lo chiamavano "raging bull", "toro scatenato". Che è anche il titolo della sua autobiografia e soprattutto di un film leggendario, diretto da Martin Scorsese, che permise a Robert De Niro di vincere il Premio Oscar come miglior attore protagonista nel 1981. Prima che il personaggio di una pellicola, Jake LaMotta era soprattutto un grande pugile, capace di combattere per 14 anni, ottenendo 83 vittorie (di cui 30 per ko), 19 sconfitte e 4 pareggi. Fu il primo a battere Sugar Ray Robson, nel secondo dei loro sei incontri. Negli altri cinque fu sconfitto, compreso il match in cui doveva difendere il titolo mondiale dei pesi medi. Oggi a sconfiggerlo è stata la polmonite, che lo ha colto a 96 anni, dopo averlo costretto al ricovero in una casa di cura.
Jake La Motta era nato a New York il 10 luglio 1921, da padre originario di Messina e madre ebrea. Fu un ragazzo inquieto, uno dei tanti ragazzi di strada della New York più violenta. Una volta raccontò di aver aggredito con un tubo di metallo un allibratore lasciandolo agonizzante a terra. Per anni credette di averlo ammazzato, poi però gli riapparve nel suo camerino il giorno in cui diventò campione del mondo. Pur non essendo molto alto (solo 1,73) sul ring diventava una furia. Lui era il picchiatore che non provava dolore. Nemmeno quando l’avversario lo sfigurava. Non era mai un ballerino. Ma un campione coraggioso, chimicamente puro. Nella sua boxe abitava l’essenza della sofferenza.
LaMotta riuscì ad essere un grande protagonista anche fuori dal ring. Si sposò sei volte, non ebbe mai un buon rapporto con i suoi manager. Spesso sospettato di truccare i match, fu sempre troppo vicino a certi gangster della mafia. Nel 1961 ammise di avere perduto di proposito con Billy Fox, perché solo perdendo gli sarebbe stata data la chance di battersi per il titolo. Finì anche in prigione per una denuncia di violenza a una minorenne. Una volta disse: "Sono stato fortunato perché sopra il ring non mi sono mai fatto male, e perché tante donne mi hanno voluto bene".