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Trump riabilita Johnson, il campione del mondo condannato dal razzismo

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Il primo campione del mondo di colore è stato riabilitato dal Presidente degli Stati Uniti in una cerimonia nello Studio Ovale: fu condannato a scontare un anno di prigione dopo una sentenza viziata dai pregiudizi razziali

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Barack Obama non ci era riuscito, Donald Trump sì: Jack Johnson è stato riabilitato dal Presidente degli Stati Uniti. Nel 1908, il primo campione del mondo di colore, fu condannato a un anno di prigione per aver sconfitto un bianco nell'"Incontro del secolo" e per aver sposato tre donne bianche. Una sentenza condannata dai pregiudizi razziali e che è stata “perdonata” solo oggi anche grazie all’intervento di Sylvester Stallone, uno che alle storie di pugilato ci tiene particolarmente.

La cerimonia

Donald Trump, che aveva ospitato moltissimi riunioni di boxe nei suoi Casinò di Atlantic City, ha commentato: "Oggi prendo questa giusta decisione per correggere un errore commesso nella nostra storia passata e per celebrare una vera leggenda del ring. È un un onore portare a termine questa missione, era ora". Con il presidente statunitense,  c’erano oltre a Stallone, l’ex campione dei pesi massimi Lennox Lewis e il campione in carica de Wbc Deontay Wilder.

La storia

Nato a Galveston il 31 marzo 1878, Jack Johnson era il secondo di sei fratelli di una famiglia di ex schiavi: nel corso degli anni molti membri della sua famiglia hanno chiesto la riabilitazione per il pugile, ma senza ottenere risposte dalla giustizia americana. Il 4 luglio 1910 Johnson ottiene il successo più importante della sua carriera, ma anche quello che gli causerà i problemi più grandi: a Reno nel Nevada, batte James Jef-fries definito “La grande speranza bianca”. Una vittoria che non fu accolta positivamente dai bianchi americani: da quel momento le autorità iniziarono a indagare sulla vita del pugile che, nel 1912, fu accusato di aver violato il Mann Act, legge istituita due anni prima che vietava il confine di uno Stato (all’interno degli Usa) insieme a una donna ai fini della prostituzione. Prosciolto dalla prima accusa grazie all’aiuto di Lucille Cameron, sua fidanzata di allora, che si rifiutò di testimoniare contro di lui, Johnson fu condannato un anno dopo per la denuncia di una sua altra ex, Belle Schreiber. Johnson fuggì in Francia dove continuò a combattere fino al 1915, passando anche da Spagna e Messico. Nel 1920, rientrato negli States, decise di consegnarsi spontanemente alle autorità: dopo aver scontato la pena continuò a seguire la boxe fino ai sessant’anni. Morto in un incidente stradale nel 1946, la International Boxing Hall of Fame lo ha dichiarato uno dei più grandi pugili di tutti i tempi ed è diventato anche il protagonista di un documentario a lui ispirato e diretto da Ken Burns.