Howe-Donato: la strana coppia si racconta

Atletica

Lia Capizzi

Andrew Howe ai World Athletics Championships (Getty)

LO SPECIALE. Fabrizio Donato è un atleta ma anche l'allenatore di Andrew Howe, il talento azzurro che tra infortuni, scelte sbagliate e mancanza di continuità nell'ambiente era ormai considerato un ex atleta

Il talento che sembrava ormai finito e l’atleta che a 40 anni (quasi 41) vince ancora, in più da settembre ha deciso di fare pure l’allenatore, di sé stesso e di Howe. La strana coppia dell’atletica, definiamoli pure così. Il loro rapporto professionale suscita reazioni contrastanti, un mix di curiosità e scetticismo.

Allenamenti a Castelporziano

Entrambi ne sono ben consapevoli, proprio per questo hanno scelto la linea del silenzio, poche interviste, preferiscono allenarsi nella quiete del Centro Sportivo delle Fiamme Gialle a Castelporziano, per isolarsi, per concentrarsi. Il mio incontro con Fabrizio Donato e Andrew Howe ha una sola condizione, quasi una parola d’ordine, la sincerità. Domande schiette e pure scomode. Ma come fa Fabrizio a saltare nel triplo oltre i 17 metri alla sua età? E soprattutto chi diavolo gliel’ha fatto fare di allenare Howe? Perché diciamoci la verità, nell’ambiente Andrew veniva considerato un ex atleta, un talento enorme capace di saltare 8.47 metri nel lungo (medaglia d'argento ai Mondiali di Osaka 2007) ma incapace di gestirsi tra infortuni, scelte sbagliate, mancanza di continuità negli ultimi anni, distrazioni pubblicitarie e televisive.

Howe: "Sono un saltatore"

Il vero Howe è totalmente diverso da come sembra all'esterno. Lo stesso Fabrizio, che prima non lo conosceva a fondo, ha scoperto un 32enne umile, professionista esemplare, una dedizione totale per l’atletica, schiacciato dal peso di un eccezionale 20”28 nei 200 metri realizzato a 19 anni (Mondiali Juniores, Grosseto 2004): “Tutti volevano che corressi i 200, mi indicavano come il nuovo Mennea, ma io non sono un velocista, non ho la mentalità del velocista, io sono un saltatore, io amo i salti”.

Donato l'autoritario

Di Fabrizio invece è evidente il carattere ferreo, la meticolosità e la curiosità che lo portano a studiare per ore nuove metodologie di allenamento, da qui si comprende la volontà di lasciare il suo storico allenatore Roberto Pericoli (quasi un secondo padre, al quale resta e resterà sempre legato) per allenarsi da solo. Stupisce l’autorità con la quale guida Howe: “Si fa come dico io”. Due campioni tanto diversi ma pure complementari. La strana coppia dell’atletica qui si racconta con una sincerità disarmante tra passato, presente ma soprattutto tanta voglia di futuro.