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"9,79: 100 metri di vergogna", il film sullo scandalo Ben Johnson

buffa presenta

La clamorosa squalifica per doping di Ben Johnson, recordman sui 100 metri alle Olimpiadi di Seul del 1988, è solo l’inizio di una corsa nel cuore dell’atletica e delle sue contraddizioni. Appuntamento con Buffa il 23 dicembre alle 21 su Sky Sport Arena e disponibile on demand

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“L’ultima incarnazione di Ercole semidio”. Così Gianni Brera ricordava la finale dei 100 metri cui assistette nel 1988 all’Olimpiade di Seul. E Federico Buffa riprende quella definizione per introdurre il film incentrato sui retroscena di quella memorabile gara durata appena 9 secondi e 79 centesimi, come l’incredibile record siglato dal vincitore Ben Johnson su una schiera di eccellenti rivali (primo fra tutti Carl Lewis) e come recita il titolo del film che Sky Sport Arena proporrà il 23 dicembre alle 21 (disponibile on demand).

 

Quel “superuomo che forse non appartiene nemmeno alla nostra specie”, riassume Buffa con Brera, nasconde in realtà un segreto, sul quale si sono versati fiumi di inchiostro, polemiche e inchieste giudiziarie. Perciò la seconda parte del titolo italiano del film è “100 metri di vergogna.” Dopo la vittoria, il canadese Johnson vive un giorno da leone, ma già il giorno dopo un funzionario del comitato olimpico internazionale pretende di riavere indietro quella medaglia d’oro che lo ha consegnato alla storia.

 

Ma cosa è successo prima durante e dopo quei 100 metri che sono forse i più ricordati e discussi nella storia dello sport? Lo racconta l’accuratissimo documentario prodotto e diretto da Daniel Gordon per ESPN che mostra come in un giallo tutte le trame vere o presunte di quel 29 settembre coreano. Buffa ricorda nella sua introduzione anche il libro di Richard Moore dal titolo “La gara più sporca della storia” per spiegare quanto quell’evento fu traumatico per chiunque ami lo sport.

La trovata registica di questo documentario, davvero imperdibile, è di intervistare tutti e otto i partecipanti a quella finale di 32 anni fa, compreso lui, Ben, retrocesso da semidio a uomo, che per la prima volta ci spiega il perché. Perciò “9,79: 100 metri di vergogna” è avvincente come uno di quei meravigliosi film processuali in cui sono maestri a Hollywood. Sul banco dei testimoni sfilano Desai Williams, Carl Lewis, Lindfor Christie, Dennis Mitchell, Calvin Smith, Ray Stewart, Robson Da Silva e naturalmente lui, Ben Johnson. Di ciascuno la regia ci offre un profilo, una nota umana che ci porta nel suo mondo, nella sua storia. “Un documentario sorprendente” dice Buffa, per scavare attorno a un evento sportivo unico nel suo genere. 

Nei giorni successivi alla finale di Seul scoppia uno scandalo internazionale di proporzioni inedite. Ben perde milioni di dollari, il Canada perde tutti i record nazionali: un prezzo enorme da pagare. Si apre un’inchiesta, “in molti hanno rotto il silenzio” dice un avvocato. La parola “doping” diventa di dominio pubblico, ma ciò che indica esisteva anche prima. Molti sapevano, nessuno parlava. Fino a Seul e a quell’inchiesta che scoperchia il vaso di Pandora. Nel film vediamo una delle testimonianze, toccante nella sua dimensione umana. Si arriva al farmaco incriminato, un medicinale veterinario per cavalli che il medico della squadra iniettava agli atleti (non si capisce quanto consapevoli di ciò). Il medico ha registrato le conversazioni telefoniche in cui concorda l’uso dei farmaci (ormoni). Tutti pensano che se lo fanno tutti lo possono fare anche loro. Desai Williams dice che atleti di tutto il mondo usavano gli ormoni e che continuano ad usarli. 

Il film parla poi dei metodi di rilevamento moderni che lasciano supporre come in passato abbiano potuto essere occultati molti illeciti: insomma quella dell’atletica (forse dello sport) potrebbe essere una storia da riscrivere. “9,79: 100 metri di vergogna” getta un sasso in uno stagno che forse non ha ancora finito di smuovere acque limacciose sedimentate da molti anni.