Schwazer, per la perizia anomalie sulle provette. Alex: “Sono state manipolate”
l'udienzaA Bolzano si chiude l’incidente probatorio nel processo a carico di Alex Schwazer in merito alla seconda positività al doping (2016) che portò alla squalifica per 8 anni. Il Perito del Gip: “Tra le ipotesi non viene escluso un qualcosa di esogeno come la manipolazione. C'e' un dato anomalo e questa anomalia deve avere una spiegazione”. L’ex marciatore azzurro: “Aspetto da 4 anni la ricerca della mia verità. Non ho fatto niente, le mie provette sono state manipolate”
"Scusi, colonnello Lago, ma come si può mettere in atto una manipolazione delle urine?"
E' l'ultima domanda dell'udienza, il quesito chiave che pone il Gip di Bolzano Walter Pelino al perito Giampietro Lago che è il comandante dei RIS di Parma. Per decidere se Alex Schwazer sia colpevole di doping (in Italia il doping è un reato penale) il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bolzano ha scelto di avvalersi proprio della competenza del Reparto Investigazioni Scientifiche dei Carabinieri. Il caso dell'ex marciatore azzurro affidato dunque ai massimi esperti in materia di analisi del DNA e di reperti biologici. Non una perizia, non due ma bensì tre. La terza perizia è quella che Lago illustra in aula, 245 pagine, compresi allegati, con in oggetto lo studio effettuato su 37 atleti azzurri che si sono resi disponibili ad essere testati, sottoposti cioè ad un primo test antidoping e successivamente ad un secondo controllo a distanza di 26 mesi. E’ il tempo intercorso dal test antidoping a cui Schwazer è stato sottoposto il primo gennaio 2016 - quello che portò alla squalifica sportiva di 8 anni - e la rianalisi effettuata nel marzo 2018 con notevole ritardo a causa della reticenza del laboratorio di Colonia, accreditato Wada, a rilasciare alle autorità italiane il campione B delle urine dell'ex azzurro.
Le ipotesi della perizia
La prima perizia dei RIS aveva portato alla luce una concentrazione anomala di Dna nelle urine di Schwazer, un valore troppo alto che "non può essere fisiologico", sottolineò il colonnello Lago nell'udienza del settembre 2019. A distanza di un anno la nuova perizia (la terza) sottolinea che in nessun caso, nelle urine dei 37 atleti, è stata rinvenuta una quantità di Dna simile a quella trovata nelle provette di Alex. Quindi, se il DNA nelle urine degrada con il tempo, perchè nel caso di Schwazer aumenta a dismisura con il passare dei mesi? Come lo si spiega? Il colonnello Lago risponde: “Ci sono tre ipotesi, nessuna delle quali, da un punto di vista scientifico, prevale sulle altre: il doping, una patologia oppure una manomissione". Le prime due ipotesi sono escluse categoricamente dal 35enne che fu medaglia d'oro nella 50 Km alle Olimpiadi di Pechino, assistito legalmente dall’avvocato Gerhard Brandstatter e con l’immancabile presenza di Sandro Donati che da allenatore paladino dell'antidoping si è trasformato in un secondo padre per Alex. " Non è stato doping. Non è stata nemmeno una patologia, ma secondo voi potevo essere ammalato o anche solo influenzato quando invece mi stavo allenando al massimo? Il giorno del prelievo ero reduce da 40 Km di allenamento. Resta quindi solo una causa: la manomissione della mia provetta. Io sono assolutamente innocente, da quattro anni aspetto la verità". Tornando alla domanda del Gip Pelino: come si può mettere in atto una manipolazione delle urine? Il colonnello Lago illustra in aula le metodologie possibili per poter manomettere le urine ("sollevare, centrifugare.."). Aggiungendo la specifica: "Nelle provette non c'è urina di terzi ma abbiamo appurato che all'interno del laboratorio di Colonia c'erano urine di Alex Schwazer fuori dalla catena di custodia". Una tale affermazione apre nuovi scenari o forse conferma quelli a tinte oscure che la difesa ha sempre denunciato. La vicenda sin dall'inizio ha presentato alcune stranezze. Contorni non nitidissimi, ad iniziare dalle provette non anonime come invece il protocollo WADA imporrebbe: nell'etichetta c'è la scritta Racines, comune di residenza di Schwazer. Dopo il controllo del 1 gennaio 2016 a casa del marciatore altoatesino le provette restano ferme più di 22 ore a Stoccarda perché il laboratorio di destinazione, a Colonia, è chiuso per le Feste di fine anno. La successiva rogatoria internazionale per richiedere al laboratorio di Colonia la consegna del campione B ha vissuto di un tira e molla, un diniego inspiegabile da parte del laboratorio tedesco: il tempo che passa, una prima consegna che non risulta essere quella richiesta, la pretesa di spiegazioni e la consegna finale avvenuta nel febbraio 2018. Ad aggiungere un alone di mistero, degno di un romanzo thriller di Dan Brown, pure i pirati informatici: gli hacker russi di 'Fancy Bear' hanno pubblicato 23 mail sottratte alla Federazione Internazionale di Atletica (IAAF) relative al caso Schwazer, uno scambio di considerazioni tra il manager antidoping IAAF (adesso denominata World Athletics) Thomas Capdevielle e il consulente legale Ross Wenzer in cui risalta la parola "complotto". Si potrebbe trattare di mail fake, certamente, anche se una denuncia da parte della IAAF di violazione del proprio dababase in passato c'è effettivamente stata. "La mia è una battaglia per la riabilitazione del mio nome", aggiunge Schwazer. "Vale più di qualsiasi medaglia vinta in carriera. E' una gara più difficile perché non devo combattere con altri marciatori, qui i miei avversari sono molto ma molto potenti, parliamo di istituzioni come la Wada e la Federazione Internazionale. Io continuo la mia ricerca della verità". Al tribunale di Bolzano si chiude dunque il lunghissimo incidente probatorio. Il Gip Pelino ha rinviato gli atti al Procuratore Capo Bramante a cui spetta ora la decisione. Nell'ipotesi eventuale di una possibile archiviazione saranno altresì importanti le motivazioni del Pm: per mancanza di prove o invece perché il fatto non sussiste? Una differenza sostanziale per poter delineare il futuro del caso Schwazer.