Cosa sarebbe Karalis se non ci fosse Duplantis?

In questi casi si parla spesso della sfortuna di essere “capitati” nella stessa epoca di un marziano che ha deciso di fare il tuo stesso sport. Tu sei indubbiamente un campione, un vero fenomeno, il numero uno in assoluto… se non fosse che ce n’è un altro che è proprio fuori categoria, così tanto più forte che quando si fanno le classifiche ci si chiede direttamente chi sia il numero due, cioè il primo degli umani. È il caso del greco Emmanouil Karalis, il saltatore con l’asta “capitato” nell’era Duplantis e che, nonostante questa “sfortuna”, pare aver accettato il suo destino. Sempre sorridente, la faccia simpatica, pronto alla gag. Impossibile non volergli bene e fare un po’ il tifo per lui, anche per la curiosità di vedere che effetto farebbe Duplantis su un altro gradino del podio. La premessa è che Karalis è fortissimo. Salta 6 metri ormai senza apparenti difficoltà, quota che per decenni sembrava alla portata del solo mitico Bubka. Ma oggi, purtroppo per lui, esiste un alieno che va anche 30 centimetri più su. L'unico difetto che ha, direbbe Lucio Corsi, è che è suo amico. La bacheca di Karalis è una collezione di argenti , vinti alle gare in cui c’era anche Duplantis. Oro dove Mondo ha deciso di prendersi una giornata di riposo. Dovrebbe odiarlo, un avversario così. Maledire il destino beffardo che l’ha fatto nascere ad Atene il 20 ottobre 1999, 21 giorni prima che a Lafayette, nella Louisiana, la signora Helena Hedlund, ex pallavolista svedese, desse alla luce Armand Gustav detto Mondo, figlio del suo amore con l’ex astista americano Greg. No, Karalis vuole bene a Duplantis. Ma non solo lui. A vedere le gare degli astisti sembra di trovarsi al cospetto di un gruppo di amici che si sfidano solo per gioco. Nella finale di Tokyo sono arrivati in quattro a quota 5.95. Duplantis, ovviamente. Ma anche Karalis, Kendricks e Marschall, che fanno capannello e ridacchiano tra loro: sanno che uno di loro resterà senza medaglia, sono in tre per due gradini. Non è finita. Una volta sicuro dell’oro, Duplantis ha deciso di attaccare per la quattordicesima volta il record del mondo. Si è tolto le scarpe e si è seduto accanto alla pista per trovare la concentrazione, portando con sé un piccolo ventilatore portatile che ultimamente lo accompagna sempre. Ad un tratto, c’era Karalis a reggergli quel ventilatore per fargli aria, permettendogli di risparmiare ogni minima stilla di energia in vista dell’impresa. Un Karalis sorridente, che inevitabilmente si addormenta ogni sera pensando alla cascata di ori che sarebbe stata la sua vita senza Duplantis, ma che non perde mai l’occasione per dimostrare la sua sportività e il suo coraggio. Il ventilatore lo regge solo dopo averle provate tutte per sorpassare l’amico-rivale: addirittura, dopo aver passato i 6.05 e aver visto Duplantis fare prima 6.10 e poi 6.15, con un solo tentativo a disposizione rimastogli non ha pensato di provare a eguagliare Mondo, ma ha fatto alzare l’asticella a 6.20, come a dire: io non mi accontento, io voglio provare a batterti. Poi come era prevedibile non ci è riuscito, ma la sua speranza - quella che gli permette di tirare avanti nonostante la sopracitata "sfortuna" - è quella di vivere quel giorno in cui sarà lui a trionfare e magari sarà Mondo il primo a corrergli incontro per complimentarsi, così come oggi fa lui. "Bravo amico, ottimo lavoro". D’altra parte, se Karalis è arrivato dove è arrivato è perché il lavoro non gli fa paura, lui che non è stato baciato dagli dei come successo a Duplantis. Anzi, forse se è arrivato fin lassù è proprio grazie a Duplantis. Perché la sfortuna di essere nato nella sua epoca può diventare anche la fortuna di avere un modello forse irraggiungibile ma a cui tendere per provare a migliorarsi, per evitare di accomodarsi forti della convinzione di essere i più forti. Basta saper ribaltare la visione delle cose, e chi meglio di un astista può farlo?

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Cosa sarebbe Karalis se non ci fosse Duplantis?

Vanni Spinella