La regina Ledecky, le eredi Pallister, McIntosh e Quadarella e una finale storica

Quante cose possono cambiare in 13 anni? Infinite. Eppure, ce n’è una che dal 2012 al 2025 è rimasta identica: sul gradino più alto del podio degli 800 stile libero c’è sempre lei, Katie Ledecky. Aveva 15 anni alle Olimpiadi di Londra, oggi ne ha 28. In tutto questo tempo nessuna nuotatrice è mai riuscita a batterla. Ma mai come in questo Mondiale di Singapore la sua vittoria ha avuto un sapore speciale. Se negli anni passati era la dominatrice assoluta e i suoi successi sembravano quasi scontati, stavolta l’oro è arrivato al termine di una finale splendida, combattuta, intensa. El País l’ha definita “una delle gare più memorabili nella storia del nuoto”. Ed è difficile non essere d’accordo. Il merito è anche di chi ha provato a spodestarla: Lani Pallister, sorprendente argento, e Summer McIntosh, il fenomeno del momento. Senza dimenticare Simona Quadarella, quarta con un tempo straordinario che vale il nuovo record europeo. Per entrare nella storia, servono grandi avversarie. E stavolta c’erano. La scena, però, è ancora una volta tutta di Ledecky. Pallister e McIntosh hanno provato a farla abdicare, ma la regina ha resistito. Ha affrontato questa finale con una grinta e una testa fuori dal comune, ma ha vinto soprattutto grazie al cuore. Spesso si dice “è stata una vittoria di cuore”, e molte volte viene detto a sproposito o con superficialità. Qui no. Qui è proprio il cuore ad aver fatto la differenza. Si vedeva quanto volesse vincere, quanto fosse determinata a non mollare. E ha dato tutto per riuscirci. Come si fa a non perdere mai per 13 anni? Prima di tutto, Katie Ledecky ama quello che fa. Il nuoto è la sua vita, gli 800 stile la sua gara. Questo l’ha aiutata a trovare sempre nuovi stimoli, a migliorarsi e a restare affamata. In tutti questi anni ha saputo costruire intorno a sé una squadra fidata. Con il tempo i suoi allenatori, il suo staff e i suoi compagni son diventati la sua seconda famiglia. E poi c’è la famiglia vera, quella a cui ha dedicato quasi tutte le sue vittorie. Durante un discorso alla Stanford University ha raccontato come ha affrontato la finale dei 1500 a Tokyo 2020. Reduce da una bruciante sconfitta nei 200, si trovava nella camera di chiamata senza sapere come reagire. Poi ha pensato ai nonni che la stavano guardando in tv da casa e alle persone che le erano state vicine. E per tutta la gara non ha smesso di pensare a loro. Nonno Jerry e Nonna Hagan. Bracciata dopo bracciata. Nonno Jerry e nonna Hagan. Virata dopo virata. Non voleva deluderli. Così ha vinto. Ecco perché con lei ‘vittoria di cuore’ non è mai una frase fatta. Ma se ha dovuto dare tutto, bisogna riconoscere l’importanza delle sue avversarie. Lo ha fatto lei stessa, ringraziando Pallister e McIntosh per averla spinta oltre i limiti. Il risultato è stato una finale leggendaria, forse la più bella mai vista negli 800 stile femminili. La sorpresa è stata Lani Pallister. Tutti aspettavano il duello Ledecky-McIntosh, ma l’australiana ha sparigliato i pronostici, prendendosi con forza un argento che vale oro. McIntosh ha deluso? È stata la protagonista dei Mondiali, eletta miglior atleta dei campionati con 4 ori e 1 bronzo, ma nelle due gare a cui dice di tenere maggiormente ha mancato i suoi obiettivi: il record del mondo nei 200 delfino e l’oro negli 800 stile. Ha 18 anni, il tempo è tutto dalla sua parte. Ma dopo i tre record del mondo in cinque giorni stabiliti a giugno, le aspettative erano altissime. Non è facile gestire la pressione e nei momenti chiave ha mostrato una certa fragilità mentale. Il suo talento è fuori discussione, per completarsi dovrà lavorare su testa e gestione delle emozioni. E poi c’è Simona Quadarella. Argento nei 1500 con record europeo. Quarta negli 800, ancora con record europeo. In una finale difficile da leggere dall’acqua, in cui hanno scritto la storia, il suo risultato è enorme, il record europeo resisteva dal 2008. Eppure, sembra quasi passato inosservato. Forse non è chiaro il valore di un record europeo. È vero: si gareggia per le medaglie. Ma arrivare quarta con quel tempo, in quella gara, significa di diritto far parte della storia del nuoto. Simona ricorderà a lungo questo Mondiale e sarà per lei un grande stimolo per affrontare i prossimi anni. I miglioramenti sono frutto del nuovo percorso intrapreso con la nuova guida tecnica ma anche del lavoro fatto negli anni precedenti. Ma l’aspetto più importante è come ha nuotato. Libera, serena, senza pressioni. Così ha tirato fuori il meglio di sé. La testa, nel nuoto, è tutto. Anche se spesso la si sottovaluta. In uno sport di prestazione dove forza e resistenza dovrebbero farla da padrone, hanno vinto testa e cuore.

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Cristina Chiuso