Il futuro che Sarà parte da qui

Arrivati alla fine di questa stagione, un’atleta su tutte è riuscita a prendersi la scena, bracciata dopo bracciata, con prestazioni da record e una presenza mediatica sempre più luminosa. Il suo futuro sembra già scritto: vincente, rivoluzionario, promettente. Ma forse è ancora troppo presto per tracciare confini netti. Sara Curtis non ha più bisogno di presentazioni. È lei la nostra punta di diamante della velocità femminile, e ha firmato una pagina storica del nuoto italiano conquistando, per la prima volta, la finale regina dei 100 stile libero ai Mondiali di Singapore. Nessuna italiana c’era mai riuscita prima. Anche perché, a dirla tutta, non avevamo mai avuto una velocista del suo calibro. La medaglia non è arrivata – per sognarla sarebbe servito un tempo inferiore al suo record italiano di 53”01 – ma esserci, lì, tra le migliori otto al mondo, è già stato un traguardo immenso. Negli ultimi anni ci siamo abituati a tante medaglie grazie alla corazzata del nuoto italiano: Ceccon, Martinenghi, Quadarella, le staffette… Eppure, l’importanza di una finale mondiale sembra quasi passare in secondo piano. Soprattutto agli occhi di chi si appassiona di nuoto solo durante le afose giornate estive. Ma non è affatto scontato, ve lo assicuro. Essere in quella finale, grazie a Sara, nella gara più iconica del programma mondiale, è stato qualcosa di speciale. Non ha nuotato il suo miglior tempo e non è uscita soddisfatta dalla vasca di Singapore. Le parole rilasciate ai microfoni dicevano il contrario, ma il linguaggio del corpo non mente: lo sguardo fisso al tabellone, come a cercare risposte. Cosa non ha funzionato? Dove posso migliorare? Quale dettaglio posso limare? E poi, le parole più belle, le più potenti, le più vere: “La medaglia arriverà”. La ragazza è decisa. È sicura dei propri mezzi. E soprattutto, sa dove vuole arrivare. Sara, dopo la finale, è stata anche criticata, com’è spesso il destino degli atleti più noti quando non salgono sul podio. Ma molti, troppi, non sanno cosa c’è dietro quell’ottavo posto mondiale. Non sanno che quell’impresa parte da Savigliano, dove mamma Helen e papà Vincenzo la portarono in acqua a due anni. Non sanno del lavoro instancabile di Thomas Maggiora, il tecnico che l’ha fatta crescere, che ha forgiato la campionessa fin dai primi successi giovanili, portandola ai record assoluti. Non sanno che, a differenza delle sue avversarie, non fa doppi allenamenti. Che solo un mese prima del Mondiale ha sostenuto la maturità, superata con 100. Che per lei questo è il primo anno di vera esposizione mediatica, di notorietà da gestire, tra foto, sponsor, servizi in tv e sui settimanali più noti. Sara è diventata un simbolo, anche al di là del cronometro. Un simbolo per un’Italia che, ancora oggi, fatica ad accettare che il tricolore possa essere sventolato da chi ha il colore della pelle diverso da quello che alcuni ritengono ‘italiano’. Ma Sara è italiana, fino in fondo. È cresciuta con il sogno di indossare quella cuffia azzurra, e oggi lo fa da protagonista. Eppure, tutta questa attenzione può diventare un’arma a doppio taglio. A 19 anni si può non essere pronti. Certo, fa piacere: le luci, gli applausi, la possibilità di raccontare la propria storia… Ma tutto questo porta con sé anche pressione. E purtroppo, anche l’ignoranza di chi giudica senza sapere. Dietro alle risposte sicure e ai sorrisi di circostanza, c’è ancora una ragazza. Giovane. Determinata. Talento purissimo. Ma pur sempre una ragazza. E allora, per il suo bene - come atleta e come donna –, facciamo tutti un passo indietro. Lasciamola crescere. Con calma. Con rispetto. Godiamoci ogni sua poderosa partenza, ogni bracciata elegante, ogni piccolo miglioramento. Perché il meglio deve ancora venire. Perché Sara non si ferma qui. Da settembre si allenerà in Virginia, negli Stati Uniti, dove studierà e nuoterà al fianco delle più forti della nazionale a stelle e strisce. Un salto nel cuore del metodo americano, da cui tornerà ancora più forte, più consapevole, più completa. Ascoltiamola. Aspettiamola. Lasciamola sorprendere. Perché Sara Curtis ha davanti a sé una strada luminosa, e passo dopo passo, vasca dopo vasca, la sta già percorrendo. E chissà, magari quel “la medaglia arriverà” sarà solo il primo capitolo di un cammino che ci porterà a sognare in grande a Los Angeles 2028. Dove il talento non si limiterà più a sorprendere. Ma finalmente, conquisterà il mondo.

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Luca Dotto