Buon compleanno coach. Dan Peterson compie 85 anni

Basket

Christian Giordano

Dan Peterson, da Evanston (Illinois), spegne oggi 85 candeline. 43 anni vissuti in Italia per l'icona del nostro basket e non solo

"Ciao amici, sapete cosa beviamo qui a Chattanooga, Tennessee, quando il sole ti spacca in quattro? Non si sbaglia. Una brocca di acqua ghiacciata e tutto il gusto di Lipton Ice Tea. Hey, gang..." Così recitava Dan Peterson nello spot diventato poi un cult. Ma chissà se è stata davvero una "good idea", Dan.

 

Atterrò in Italia da altri pianeti. Prima gli States: Evanston, Illinois; poi il Cile. Gli USA esportavano già democrazia, ma era l'America Latina il loro giardino. In cambio di concessioni minerarie, allenatori di basket. Meglio se con una laurea in psicologia, e un'anonima carriera a Delaware. Sbarcò a Bologna nel '73 con improbabili giacche a quadrettoni. La chitarra a tracolla invece era un must tutto petersoniano.

 

Coi primi soldi dell'Avvocato Porelli, guardaroba rifatto in via Rizzoli. Perché il mestiere conta, ma l'immagine di più. La Virtus non vinceva da vent'anni, lui impone e dispone. Porelli lascia fare, e arrivano Coppa Italia e scudetto. E (Tom) McMillen. Uno studentello da cinquanta punti a sera che fa il pendolare da Oxford. Come (Bill) Bradley dieci anni prima al Simmenthal. Milano, ovvio. Peterson ci arriva nel '78, con la Cinquecento bianca di seconda mano, rivenduta poi: guadagnandoci.

 

Da allora altri must. Solo treni, vittorie e business: dal caffè pagato, ai passaggi.

Col "Vate" Bianchini inventò in Italia, patria dei campanili, il basket dei personaggi. E delle rivalità. In campo, solo schema a "L" e 1-3-1. Il resto lo facevano "Lupin" D'Antoni, Gallo senior e compagni.

 

Era un altro basket, lui no: era già avanti. In campo e in tv. Con il "well.." come intercalare e lo slang alla Don Lurio, da noi ha trovato l'America. E a noi l'ha fatta scoprire. Good idea, Dan.