Luca Banchi all'Efes: perché il coach italiano è l'uomo giusto per il club turco

L’ennesimo esempio di cervello in fuga dall’Italia, un’altra illuminata mente cestistica su cui il nostro basket preferisce non contare. Luca Banchi dal 7 gennaio scorso è l’allenatore dell’Efes Istanbul, squadra quest’anno in difficoltà ma senza dubbio la più vincente delle ultime stagioni di Eurolega, forte dei due titoli del 2021 e 2022. Fino ad un mese prima, fino al 4 dicembre, era sulla panchina della Virtus Bologna, squadra con la quale non solo ha eliminato dal play-in proprio l’Efes ma ha anche stupito mezza Europa per almeno due terzi della scorsa stagione, per vittorie, qualità di gioco e mentalità. Quest’anno invece l’idillio si è spezzato, tra infortuni, mercato bloccato e ingerenze societarie: la mancanza di serenità si è tradotta sul campo in tante sconfitte arrivate in volata per una squadra sicuramente indebolita rispetto alla scorsa stagione ma capace di mantenere uno spirito combattente che le ha permesso di giocarsela con tutte quasi fino alla fine. Quel quasi però ha fatto la differenza: i rapporti con lo staff dirigenziale già non erano decollati quando si vinceva, figuriamoci in mezzo alle sconfitte e agli infortuni. Inevitabile, per uno come Luca Banchi, la decisione estrema: dimissioni, una scelta rarissima da parte di un allenatore che rinuncia a una buona fetta di contratto pur di mantenere fede ai propri principi e ai propri valori, scelta peraltro non nuova nella carriera del coach grossetano. Nel gennaio 2018 se ne andò bruscamente dalla panchina di Torino dopo aver visto e sopportato per qualche mese intrusioni e interferenze da parte della dirigenza: anche in quell’occasione ebbe l’onestà intellettuale di rinunciare a un buon contratto triennale e alle Final 8 di Coppa Italia che la squadra aveva conquistato con lui e che da lì a un mese, senza di lui, avrebbe vinto. Coerenza, rispetto di sé stesso e del suo ruolo, indipendenza totale nella gestione della squadra: tre criteri da cui uno come Banchi non può prescindere. Ora gli tocca il compito non semplice di risollevare una squadra ambiziosa come l’Efes alla dura ricerca di un degno successore di Ergin Ataman: non ce l’ha fatta l’anno scorso Erdem Can, emergente coach turco ancora troppo acerbo per questa responsabilità, non ce l’ha fatta Tomislav Mijatovic tornato in quel ruolo di assistente che riveste ormai da quindici anni e che forse più gli si addice. Luca Banchi, invece, è senza dubbio l’uomo giusto per riuscirci, aldilà dell’inizio choc della sua avventura fatto di tre sconfitte nelle prime tre partite. Il mondo del basket forse se lo è dimenticato ma Banchi è il coach che ha saputo prolungare il dominio di Siena fino al 2013, che nel 2014 ha riportato lo scudetto a Milano diciotto anni dopo l’ultima volta; poi, finita l’avventura all’Olimpia, ha dovuto quasi ricominciare da zero. Fino al Mondiale del 2023, quando la sua Lettonia ha sfiorato il podio e lui è stato eletto miglior coach della manifestazione. Solo lì ci si è accorti di nuovo di un allenatore che, ovunque è andato, ha fatto sempre molto bene come dimostrano, ad esempio, i playoff 2022 con Pesaro, quelli del 2023 in Francia con Strasburgo o la coppa Intercontinentale del 2019 con l’AEK di Atene. Ora l’avventura turca da avversario delle italiane con Olimpia e Virtus in arrivo nella sua nuova casa, un altro rimpianto che il nostro basket fa finta di non avere, un altro cervello cestistico, dopo Scariolo, Trinchieri, Melli e tanti altri, che illuminerà il basket in altre latitudini.

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