Il brasiliano del Psg parla in un'intervista del suo rapporto con il denaro e dell'infanzia difficile. Le rinunce, i sacrifici e la feroce determinazione che ha fatto la differenza: "Ho avuto un milione di amici con più talento di me, ma io avevo una mentalità diversa, volevo fare il calciatore più di chiunque altro"
Sognava di fare il calciatore fin da piccolo, per diventare ricco e potersi comprare una fabbrica di biscotti. Neymar è tornato a parlare della sua infanzia difficile in un'intervista a "El Primo Rico" e tra gli aneddoti ha raccontato anche di quella volta in cui, realizzando che nella sua famiglia non ci si poteva permettere il lusso di un biscotto, promise a se stesso che un giorno sarebbe diventato un calciatore famoso per potersene permettere una fabbrica intera. Sembrerebbe che ce l'abbia fatta, anche se non sappiamo se effettivamente si sia già lanciato nell'industria dolciaria.
"Mia mamma quel giorno cercò di consolarmi e ancora oggi quando ricorda quell'episodio si mette a piangere". Storie di ordinaria povertà, in Brasile, con il piccolo Neymar che condivideva la piccola casa con 8 familiari o che si intristiva perché non poteva nemmeno andare a vedere un film con gli amici, ma "mio padre mi ha sempre detto di restare calmo perché il futuro mi avrebbe ricompensato".
Neymar, i soldi e il papà
Storie ormai dimenticate grazie a uno stipendio di 30 milioni di euro (a cui vanno aggiunte le sponsorizazioni) che ne hanno fatto uno degli sportivi più pagati del pianeta, con un patrimonio interamente gestito dal padre, figura controversa del calcio di cui invece O'Ney si fida ciecamente: "Il mio denaro è ben curato, questo mi dà più tranquillità quando gioco a calcio. Ci sono persone che hanno dei consiglieri, ma nel mio caso è mio padre che gestisce tutto. Non ho dovuto cercare nessuno di cui mi fidi perché ho già lui, che vorrà sempre il meglio per me".
Tanti i passaggi dell'intervista in cui Neymar parla del suo rapporto con il denaro, di come sappia apprezzare ogni singolo euro proprio grazie alla sua infanzia povera e del ruolo che rivestono il duro lavoro e la fortuna lungo la strada verso il professionismo nel calcio: "Il processo per diventare un calciatore è molto duro e complicato, devi affrontare un sacco di cose: ho avuto un milione di amici con più talento di me che non sono riusciti ad arrivare". Mentalità e passione per il calcio hanno fatto la differenza, permettendogli di arrivare dove è ora: "Alcuni dicono di non aver raggiunto il successo per mancanza di opportunità, ma io non la penso così: ogni giorno hai l'opportunità di allenarti e mostrare il tuo calcio. Ci siamo allenati negli stessi giorni, abbiamo avuto gli stessi orari e abbiamo giocato le stesse partite, ma avevo una mentalità diversa, lo volevo più di chiunque altro".