United-City: com'è andato il derby di Manchester

Premier League

Daniele V. Morrone

Il derby di Manchetser, giocato sul filo della tensione nervosa, era lo scontro tra le filosofie calcistiche opposte di Mourinho e Guardiola. Alla fine Il City ha confermato il proprio dominio sulla Premier League, raggiungendo il record storico di 14 partite vinte consecutivamente. 

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Quest’anno nel derby di Manchester c'erano ragioni che andavano molto al di là della semplice rivalità, e persino delle questioni di classifica, nonostante sia il City che lo United, rispettivamente prima e seconda in classifica in Premier, avessero ovviamente entrambe la necessità di togliersi punti. Con Guardiola e Mourinho, quello tra Manchester City e Manchester United non è più solo un semplice derby ma quasi una guerra di religione tra chi pensa che si possa mettere il risultato davanti al gioco e chi invece considera il gioco necessario al raggiungimento del risultato.

Per Guardiola questa partita era fondamentale non solo per mettere 11 punti tra la propria squadra e la seconda in classifica, ma anche e soprattutto per certificare definitivamente che il suo stile di gioco non è solo bello da vedere, ma può essere vincente più di qualsiasi alternativa. Anche all’Old Trafford contro José Mourinho.

Il City ha vinto con merito una partita dove però si è scoperta forse meno precisa e meno brava nel definire di quanto la preparazione alla partita poteva far pensare. Contro uno United con le spalle al muro, la squadra di Guardiola ha dominato il gioco ma ha finito per vincere con due gol su due errori degli avversari su calcio d’angolo, finendo per mostrare una versione pragmatica di Guardiola che sembrava inesistente solo fino a pochi mesi fa.

Pep cambia subito

La partita è sembrata iniziare con il canovaccio che ci si aspettava, con lo United a uomo sui giocatori del City, che chiaramente controllava il possesso. La partita, però, è cambiata subito, dopo appena due minuti e mezzo. La squadra di Guardiola ha fatto uscire un pallone dalla difesa con un’azione fluida: De Bruyne riceve nel mezzo spazio di destra e prova a servire l'altra mezzala, David Silva, liberatosi al centro dell’area; il blocco basso dello United, però, regge l’urto e intercetta il filtrante del belga, partendo con il primo contropiede veloce della gara, sventato da Fernandinho in copertura su Martial. Alla ripresa del gioco Guardiola chiede alle due mezzali De Bruyne e Silva di invertirsi, e a Sterling di posizionarsi in maniera stabile al centro del tridente, spostando Sané sulla destra e Gabriel Jesus sulla sinistra.

Un cambiamento che ha avuto ripercussioni immediate, non tutte positive. Lo scambio di posizioni tra Silva e De Bruyne, con lo United a uomo a tutto campo, è servito a togliere sicurezze a Herrera e Matic, che si erano preparati per marcare il giocatore opposto, ma è la presenza di Sterling come falso 9 ad aver avuto l’impatto maggiore. Abbassando la propria posizione fino a posizionarsi alle spalle dei due centrocampisti dello United, Sterling ha costretto uno dei due a mantenere la posizione invece di salire e seguire la mezzala di riferimento mentre il City costruiva l'azione. Con i due esterni dello United fissi a uomo sui due terzini avversari, che rimanevano sempre larghi, si è creato quindi un 4 contro 3 nella fascia centrale quando la palla era gestita da uno dei due centrali difensivi dei “Citizens”.

La presenza di Sterling al centro, cioè, permetteva a turno a uno tra Silva e De Bruyne di scendere ad aiutare l’uscita e sfruttare a proprio vantaggio la marcatura a uomo di Lingard su Fernandinho, che Mourinho aveva isolato dal gioco in questo modo. Il City, inoltre, aveva sempre un centrale libero di condurre palla al piede in fase di prima costruzione, cosa che costringeva lo United a muovere le marcature. Dopo due minuti di gioco non solo la squadra di Guardiola ha trovato il modo per far uscire la palla dalla difesa in maniera pulita, sabotando le marcature di quella di Mourinho, ma si era anche tutelata da possibili perdite del pallone in zone avanzate, con Fernandinho più una delle due mezzali non molto lontana.

Herrera deve stare su Sterling, Matic su Silva, e Lingard su Fernandinho. De Bruyne resta smarcato. Con Ederson (non inquadrato) sono quindi 7 i giocatori coinvolti nella prima fase di uscita del pallone in superiorità numerica costante. Proprio come vuole Guardiola.

Questo meccanismo ha permesso al City un dominio territoriale incontrastato (sia con il pallone a disposizione che nel recupero immediato dopo la perdita) per praticamente tutto il primo tempo, ma ha avuto la controindicazione di togliere un riferimento costante in area. Con Sterling impegnato in un lavoro di appoggio che lo portava a ricevere spalle alla porta tra le linee e sia Jesus che Sané sempre molto larghi e quasi sempre lontani dall'area. L’inferiorità costante in area ha portato ad un’assenza di definizione rispetto alla mole di gioco che Sterling da falso nove ha effettivamente prodotto: in altre parole, il City arrivava con facilità fino alla trequarti ma poi non aveva abbastanza uomini in area per essere effettivamente pericoloso. In questo senso, non è un caso che il primo gol del City sia arrivato su calcio d’angolo.

È difficile dire quanto questo effetto sia stato messo in conto da Guardiola nel suo piano gara, ma in generale il suo City dava l'impressione più di voler controllare il contesto della gara che per creare occasioni da gol. Sulla mancanza di finalizzazione ha inciso anche la precisione tecnica nell’ultima trequarti, necessaria per poter incanalare tanto vantaggio posizionale in reali occasioni in area di rigore, che ieri non è stata del tutto eccellente soprattutto per una partita sotto tono di De Bruyne.

Se si guarda la mappa degli Expecetd Goals si capisce come il totale sia stato generato solo da poche occasioni per entrambe le squadre. Le due grandi occasioni in rosso per lo United sono in realtà un'occasione sola, quella arrivata nel finale sui piedi di Lukaku e poi, dopo una prima parata di Ederson, su quelli di Mata.

Ci sono state ovviamente dei tiri, ma non così pericolosi da impensierire un portiere reattivo come De Gea, e i due gol del Manchester City sono arrivati entrambi da calcio piazzato. Una realtà che ovviamente Mourinho non ha potuto fare a meno di notare a fine gara, definendo i gol del City come “deprecabili”, dichiarazione che va intesa come un tocco di fioretto al rivale, ma anche come un riconoscimento del lavoro difensivo della propria squadra.

L’attenzione difensiva dello United

L’aspetto più luminoso della squadra di Mourinho, d’altra parte, è stato proprio quello riguardante l’attenzione difensiva. Lo United senza Pogba è una squadra ancora più reattiva del solito. Il francese non è solo la stella della squadra ma anche l’unico giocatore in grado di fare tutta quella serie di piccole cose in grado di rendere fluida la transizione offensiva e permettere alla squadra di avere un attacco posizionale degno di questo nome. Con Pogba squalificato, quindi, Mourinho è potuto tornare ad affidarsi esclusivamente alle transizioni.

Il Manchester United era sostanzialmente diviso in due blocchi di giocatori: quello formato dalla linea difensiva e dai due mediani, e quello formato dai quattro giocatori offensivi (i due esterni e le due punte), pronti a ripartire appena la palla viene recuperata. Lo United ieri aveva in campo ben quattro attaccanti (Martial, Lingard, Lukaku e Rashford) ma era una squadra a tutti gli effetti difensiva, che attaccava anche nei momenti migliori solo con questi quattro giocatori, che giocava stabilmente con la linea difensivabassa (solo Valencia a volte si faceva tutta la fascia per seguire le transizioni), e i due mediani attenti più alle marcature preventive che a contribuire al possesso della propria squadra.

In questo grafico delle posizioni medie si vede come Lukaku va a ricevere esattamente nella posizione dove può ricevere i rilanci dalla difesa. La sua incapacità di dare seguito all’azione, però, ha spuntato la strategia offensiva dello United. 


Il Manchester United si è ritrovato costantemente spezzato a metà, non riuscendo né a recuperare il pallone alto sul campo né a verticalizzare verso la porta avversaria con successo. Mourinho è sembrato quasi voler ignorare la creazione di meccanismi in transizione offensiva, concentrandosi principalmente sulle scalate del blocco difensivo: i due mediani erano a pochi passi dai centrali di difesa, pronti a coprire la zona più delicata dell’area; il centrale del lato forte scalava accanto al terzino per mantenere le distanze cortissime nei raddoppi e coprire immediatamente eventuali errori, cosciente che i mediani sono comunque vicini a coprirgli le spalle. Un sistema che, grazie alla grande prestazione dei suoi interpreti (davvero concentratissimi per tutta la partita, pronti a pulire reciprocamente ogni piccola sbavatura) e all’imprecisione del City nell’ultimo passaggio, ha retto contro il miglior attacco della Premier League.

Valencia scherma Sterling in possesso, Herrera assorbe l’inserimento di Silva e Lingard quello di De Bruyne, mentre Matic si fionda in area per avere una schiacciante superiorità su Jesus. Sterling e Silva si scambiano le posizioni ma i giocatori dello United sono reattivi e semplicemente cambiano la marcatura.

La concentrazione e la reattività dei difensori dello United è stata portata al limite della propria eccellenza dall’allenatore portoghese. D’altra parte, l’aspetto mentale per Mourinho è fondamentale in tutte le fasi di gioco, soprattutto contro le squadre di Guardiola. Questo ha portato lo United a giocare costantemente sul filo della tensione, anche emotiva, con accuse continue dei giocatori all’arbitro e agli avversari.

Lo United è apparso isterico nell’approccio alla gara, ogni entrata più dura del normale e ogni fallo da un'avversario portava a una reazione esagerata. Questo, per quanto fastidioso ad un occhio esterno, ha aiutato tantissimo a rafforzare l’identità difensiva della squadra e a far perdere al City energie nervose preziose. Se dal punto di vista tattico Guardiola ha dotato la sua squadra del dominio territoriale, quella di Mourinho non ha perso neanche per un momento quello psicologico.

La versione più pragmatica di Guardiola

Una volta passato in svantaggio (0-1) Mourinho ha chiesto alla sua squadra di alzare il ritmo e di pressare più in alto, invertendo Martial con Rashford per avere il francese che rientrava sul tiro a sinistra. La scelta ha premiato immediatamente lo United, che è riuscito a servire i propri attaccanti palla a terra con più continuità, prendendo costantemente la transizione difensiva del City di sorpresa. Pochi minuti dopo questo cambio tattico, Martial è arrivato al primo tiro nello specchio della partita dello United proprio rientrando da sinistra; poco dopo è arrivato anche il gol del momentaneo 1-1, questa volta con il destro di prima di Rashford, a seguito di un errore di lettura di Otamendi.

Quando l’inerzia sembrava ormai a favore di Mourinho, però, si è chiuso il primo tempo e il pallino del gioco è tornato a Guardiola già all’inizio della ripresa grazie al gol di Otamendi, propiziato da un errore difensivo gigantesco di Lukaku (1-2).

All’inizio del secondo tempo tutte e due le squadre erano state costrette a un cambio: Gündogan per Kompany per il City (con Fernandinho che scala in difesa) e Lindelöf per Rojo; ma il cambio più significativo è avvenuto all’ora di gioco, poco dopo il gol del vantaggio del City, con Guardiola che inserito Mangala per Gabriel Jesus. L’entrata del centrale francese ha riportato Fernandinho a centrocampo, dotando nuovamente il City di due centrali fisici che potessero tenere a bada Lukaku (ora in difficoltà nel trovare dove ricevere grazie agli anticipi di Mangala). Inoltre, il cambio ha riportato anche Sterling a giocare esterno, con David Silva nel ruolo di falso 9.

Il meccanismo è ormai consolidato, solo che ora è Silva a venire incontro e ne esce fuori un rombo che assesta nella trequarti dello United e porta a fraseggi corti per avere lì il pallone. Ormai i giocatori dello United si aspettano il movimento, tanto che Lindelöf con tranquillità indica ai compagni a centrocampo che lo spagnolo sta arrivando da dietro.

Il fatto che Guardiola abbia scelto un’altro falso centravanti, invece di un uomo più presente nell’area di rigore come Sergio Agüero, ha certificato la volontà di Guardiola di voler controllare il possesso soprattutto in funzione difensiva, cioè di avere il pallone per toglierlo dalla disponibilità degli avversari. Grazie a questo cambio, Guardiola è tornato in totale controllo territoriale e dei ritmi di gioco.

Nonostante l’entrata tra l’ovazione generale di Ibrahimovic per Lingard prima e di Mata per Herrera poi, l'occasione buona per pareggiare definitivamente i conti ce l'ha avuta Romelu Lukaku, che da pochi passi ha calciato sul collo di Ederson, che ha parato anche la conclusione di Mata immediatamente successiva. È stato l’ultimo tiro in porta per lo United, arrivato appena dieci minuti prima del fischio finale grazie da una bella azione in cui sono stati coinvolti Ibra (sponda), Mata (palla profonda alle spalle della diefsa, con la complicità di Walker che rompe la linea difensiva) e Martial. Sarebbe stato un bel gol collettivo, quasi paradossale per una squadra che colletivamente prepara solo la fase difensiva.

Nei minuti finali il City ha continuato a tenere il pallone con un’esclusiva intenzione difensiva, giocando con il cronometro quasi a voler umiliare i rivali, che infatti sono quasi impazziti nel tentativo di recuperarlo. Persino quando ha avuto due occasioni di calciare in porta senza difensori davanti, Bernando Silva (entrato al posto di Sané) non sembrava intenzionato a segnare ma solo a portare palla il più possibile, ritardando la conclusione e facendosi recuperare, in un caso, e stringendo troppo l'angolo di tiro, nell'altro.

La vittoria del City va ad interrompere anche la striscia di 40 risultati utili in casa per lo United e anche in questo senso vanno letti i grandi festeggiamenti di fine gara nello spogliatoio del CIty, che hanno portato Mourinho a intervenire in prima persona, sfiorando (o arrivandoci proprio, dipende dai resoconti) la rissa. Ma, soprattutto, Guardiola in questo modo ha mandato un messaggio chiaro al suo rivale di sempre e all’intero campionato inglese: la 14esima vittoria consecutiva del City è un record storico per la Premier League (una in più dell’Arsenal 2001-02 e del Chelsea 2016-17) e porta a 11 i punti di distacco dalla seconda in classifica.

I campionati non si vincono a dicembre, come ha ricordato lo stesso Guardiola a fine gara, ma 11 punti adesso sono davvero tanto per i rivali in campionato, e al momento non sembrano esserci squadre in grado di mettere in discussione il dominio del City sulla Premier. Anche se questa vittoria non ha assegnato il titolo, adesso Guardiola è nella situazione migliore possibile per vincerlo in primavera.