Dopo il fallimento Mondiale, prima di commettere altri errori è necessario analizzarli e poi decidere. Per rilanciare il nostro calcio occorre ripartire dalle basi: i modelli positivi non mancano
Fallimento Mondiale, tutti a casa: richiesta lecita, quasi scontata. Ma poi? E se dopo Ventura, dopo Tavecchio, arriveranno un altro Ventura e un altro Tavecchio? Siamo sicuri che non accadrà?
Slogan per slogan, allora è meglio: tutti a lavorare. Tutti a studiare. Analizzare i problemi, prima di decidere e prima di sbagliare ancora. Per arrivare a una Nazionale nuova e a una federazione nuova, ci vuole un modello nuovo, per un calcio nuovo.
Il risultato sportivo deve influire sul giudizio a proposito del lavoro del CT, che non si dimette per incassare i soldi del suo contratto fino a giugno, e della Figc, incapace di gestire la logorante crisi tecnica e di rapporti all’interno del gruppo azzurro. Ma la mediocre Svezia sarebbe stata battibile anche con un’Italia più scarsa di questa. E i giocatori hanno colpe, non poche. Il calcio di questa Nazionale è figlio degli alibi, di professionisti viziati, degli allenatori e dei dirigenti che danno la colpa agli arbitri, al terreno di gioco, alla sfortuna o alla stanchezza per qualche ora di riposo in meno dell’avversario. E’ figlio di quel modo di deresponsabilizzare i giovani, definiti calcisticamente tali anche a 22, 23, 24 anni, ma già maturi per avere super contratti e pretese spropositate rispetto al reale valore. Così, quando arriva il momento decisivo, tremano le gambe. E si fanno figuracce. Le sconfitte sportive non prevedono che si chieda scusa, ma bene ha fatto Buffon a parlare di dispiacere prima di tutto per i bambini: una generazione salterà il primo Mondiale azzurro dell’infanzia, e perdere la loro passione può essere letale per l’intero movimento. Servono buoni esempi, subito.
Il nuovo corso non può prescindere dalle basi, dai valori e dalla cultura dello sport agonistico, che deve unire dirigenti, giocatori, allenatori. Basta giustificazioni, basta chiacchiere. Dopo il trionfo del 2006 siamo crollati: due eliminazioni alla fase a gironi dei Mondiali, e al prossimo non ci saremo nemmeno. Non si può pensare di risolvere con tre o quattro licenziamenti una crisi che dura da più di dieci anni. Che ha portato al commissariamento delle due principali Leghe professionistiche, a campionati che producono squadre non all’altezza, al mercato delle plusvalenze su improbabili stranieri e alla svalutazione dei settori giovanili, che pure forniscono alle Nazionali di categoria i mezzi per portare a casa ottimi risultati, dai quali si può ripartire.
Sì, perché ripartire si può, i modelli virtuosi esistono e possono essere imitati, senza inventarsi nulla. Con un allenatore di grande spessore, non importa se part time, forse anche meglio. Con dirigenti che lavorano per il calcio, che conoscono il calcio: perché non imitare il modello Boban? Ex calciatore dotato di straordinario cervello, messo dal presidente Infantino alla guida della parte sportiva della Fifa. Facce credibili, per non perdere la faccia. Un’altra volta.