Mancini: "La mia Nazionale è speciale. Quagliarella? Se segna così, lo convoco di corsa. Balotelli torna solo se merita"

Calcio
Roberto Mancini, Ct dell'Italia, ha raccontato i suoi piani per il 2019

Il Ct azzurro racconta i piani per futuro: “Fare bene agli Europei 2020, o addirittura vincerli. Questa Italia è sulle tracce di quella delle notti magiche del 1990. Zaniolo scommessa vinta, ora tocca a Kean. Aspetto Meret, Spinazzola, Conti e Inglese”. Le certezze? “Bonucci e Chiellini sono i miei Cristiano Ronaldo”

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I propositi per il 2019? Allontanare violenza e razzismo dagli stadi, portare la Nazionale agli Europei e continuare a plasmare una rosa giovane e di qualità, senza dimenticare i “grandi vecchi” che possono tornare utili alla causa. Parola di Roberto Mancini, Ct dell'Italia che ai microfoni del Corriere dello Sport ha raccontato i suoi piani per il nuovo anno.

“La mia Nazionale sulle tracce delle notti magiche del 1990”

Dal 28 maggio 2018, data dell'esordio sulla panchina azzurra contro l'Arabia Saudita, le partite di Mancini da commissario tecnico dell'Italia sono 9: hanno prodotto 3 vittorie, 4 pareggi e 2 ko, con 8 gol fatti, altrettanti subiti e una Nations League chiusa alle spalle del Portogallo nel girone completato dalla Polonia. "Diventare Ct della Nazionale era un sogno che si è realizzato – ammette Mancini - quando giochi in quella squadra, sai di far parte di un'élite di calciatori importanti. Quando la alleni, sei consapevole di rappresentare il tuo Paese, occupando un ruolo importante”. Il bicchiere del Mancio è mezzo pieno: “Sono contento, penso di aver costruito una Nazionale speciale e divertente, sulle tracce di quella delle notti magiche del 1990. Sto lavorando pensando al futuro. Guardo i giovani, li studio, li preparo e li faccio giocare". Dal futuro sul campo, alla premessa sul presente del calcio italiano: "La situazione sta diventando drammatica – le parole di Mancini con particolare riferimento agli incidenti accaduti prima di Inter-Napoli del 26 dicembre - non si può morire andando a vedere una partita di calcio. Le istituzioni devono intervenire, prendendo decisioni drastiche. Sono stato tanti anni in Inghilterra, dove la situazione era altrettanto drammatica: oggi i tifosi vedono le partite a contatto con i giocatori. E poi tutto quel razzismo, oggi che anche in Nazionale abbiamo calciatori di colore. Bisogna che i genitori inizino ad educare i propri figli: ripartiamo da questo".

Da Quagliarella a Zaniolo, porte aperte per tutti

I piani per l'Italia di Mancini sono chiari. Le porte sono aperte per tutti, a patto che vi sia chiarezza tra le parti: "Sto lavorando su un progetto che guarda a 2 o 4 anni di lavoro, ma se nel corso del nostro viaggio mi serve un Grande Vecchio io lo chiamo subito, ma chi entra deve sapere che può uscire anche subito perché i Mondiali sono un obiettivo distante”. L'esempio è quello di Fabio Quagliarella, a segno già 12 volte nella Serie A 2018/2019: “A marzo iniziano le qualificazioni europee – spiega il Ct - se sono in difficoltà e continua a segnare uno o due gol a partita come adesso, lo convoco di corsa. Ma Fabio, per questioni anagrafiche, deve sapere che nel lungo periodo non può avere un futuro azzurro". Da Quagliarella, il Grande Vecchio, a Nicolò Zaniolo: "Lo avevo seguito nell'Under 19, come Tonali. E mi accorsi che aveva delle qualità non comuni per un ragazzo così giovane. Rispetto agli altri, aveva più fisico e qualità. Oggi penso che i fatti mi abbiano dato ragione, è diventato un titolare della Roma. I paragoni con Totti per lo scavino? Questo è il bello e il brutto di Roma, intesa come città. Un giorno è tutto nero, un giorno è tutto bianco. Per me lui non è Totti ma un interno di sinistra o di destra che può realizzare molti gol". Per un'Italia che fa pochi gol, le certezze di Mancini sono in difesa: "Bonucci e Chiellini sono i miei Cristiano Ronaldo. Giorgio è impressionante: un difensore implacabile e un uomo vero".

La Nazionale del 2019: "Balotelli torna solo se lo merita"

Mancini vede un futuro radioso anche per il bresciano Tonali ("E' destinato al salto di qualità a fine stagione"), mentre l'altro nome-scommessa è quello dello juventino Kean ("Pronto a esplodere"), che a molti addetti ai lavori ricorda Mario Balotelli: "C'è una differenza da non sottovalutare - spiega Mancini - ma c'è una differenza: io ho fatto giocare Mario a 17 anni nell'Inter e ha segnato gol decisivi. Difficilmente Kean può fare adesso questa esperienza". E a proposito di Balotelli: "Io ho fatto il possibile - ammette il Ct - spero sempre che succeda qualcosa in positivo. Negli ultimi mesi ha dato davvero poco. Tornerà in Nazionale solo se lo merita". Nell'Italia del futuro ci sarà spazio per "giovani importanti, quelli che nei miei primi sei mesi stavano male - ricorda Mancini - cito Meret, Spinazzola, Conti e Inglese. Ci sono Cutrone e Mancini, attendo conferme dai romanisti Pellegrini e Cristante. Intanto ho scoperto Barella: possiede una personalità straordinaria". Con una carezza per Immobile: "Non è vero che ce l'ho con lui. Ciro ha giocato tanto anche con me. I numeri dicono che è il miglior attaccante italiano, ma la Nazionale non è come la squadra di club: ci sono otto o nove partite l'anno e vanno sfruttate”.

Il sogno nel cassetto e la Juventus

Attaccante da oltre 200 reti in carriera sul campo, con tante gioie condivise con Vialli ("Gianluca è imbattibile"), in panchina Roberto Mancini ha vissuto tra club e Nazionale 730 partite, passando per Fiorentina, Zenit, Lazio, Inter, Manchester City e Galatasaray. Ora che guida l'Italia, a cambiare è stata la prospettiva con la quale vive le partite e analizza il campionato, quella Serie A della quale Cristiano Ronaldo è già assoluto protagonista: “Fa la differenza, in campo e fuori. Dedito totalmente al suo lavoro, fa crescere anche gli altri. Voi guardate i gol, io la sostanza: CR7 è di un altro pianeta”. Lontano dagli avversari, come la Juventus che ha chiuso il girone di andata a +9 sul Napoli secondo. “L'Inter mi sembra la rivale più pronta per la Juventus, come struttura e capacità di investimenti – è il pensiero di Mancini – se sono andato via troppo presto da Milano? Non ho rimpianti, forse ci voleva più pazienza, ma le scelte vanno fatte sul momento e io decisi di mollare". Il presente è la Nazionale, realtà nella quale Mancini sembra già perfettamente calato: “Il lavoro del Ct è diverso da quello dell'allenatore del club. Devi allenare, studiare, scoprire le qualità dei calciatori". La sensazione è quella di un feeling sempre più saldo, tanto che il sogno nel cassetto è quello di “allenare a lungo la Nazionale, significherebbe aver fatto bene o aver vinto gli Europei”. Senza porre divieti ad altre opportunità: La Juve? "Nella vita mai dire mai davanti a niente. Ma non è il momento di sognare: l'Italia è un punto di arrivo".