Il centrocampista ex Barcellona racconta i suoi primi sei mesi in Giappone: "In Spagna ero svuotato in corpo e anima, ora sono più tranquillo. Mi sono liberato di quella pressione che avevo. L'adattamento è stato difficile, ma ora sto bene con la mia famiglia. Studio il giapponese un paio di volte alla settimana, ma qualche ragazzo sta imparando lo spagnolo proprio per comunicare con me"
INIESTA: "IN FUTURO MI VEDO COME ALLENATORE"
Andrés Iniesta ha ormai cambiato vita da sei mesi, lasciando l'Europa e iniziando una nuova avventura in Giappone. Il suo Vissel Kobe ha chiuso al 10° posto l'ultimo campionato, con il centrocampista spagnolo che ha realizzato 3 reti in 14 presenze. E Iniesta ha raccontato l'inizio della sua esperienza asiatica, tra differenze con l'Europa e sorprese: "I tifosi vivono le partite per quello che sono veramente – ha dichiarato a Equire - Incoraggiano e protestano, ma non si arrabbiano. Alla fine di ogni incontro è normale andare a salutare i tifosi, a prescindere dal risultato. Poco dopo il mio arrivo abbiamo perso sei o sette partite di fila ma, nonostante i risultati, i tifosi ci trattavano bene. I giapponesi vivono la sconfitta in modo diverso da come facciamo in Europa. Questa è la filosofia che mi è costato di più assimilare e comprendere, sono sempre stato molto competitivo e non mi è mai piaciuto perdere. Ora provo a imparare da loro e a vederla con occhi diversi. Questo tempo trascorso al Vissel Kobe è stato sicuramente più calmo rispetto a quello passato al Barcellona. In Spagna ero svuotato di tutto, in corpo e anima, e non avevo più niente. Giocare a calcio nel nostro paese è impegnativo a tutti i livelli, non solo per lo sport. La pressione di essere in un club come il Barcellona era altissima. Quando ho deciso di andare via mi sono liberato di quella tensione, in Spagna non potevo sbagliare mai mentre in Giappone la pressione è molto diversa, posso fallire ma mi divertirò lo stesso".
"Adattamento difficile, sto imparando la lingua"
Iniesta racconta poi la vita asiatica: "L'adattamento non è stato facile nei sei mesi in Giappone, sia per quanto riguarda lo sport che per quanto riguarda la famiglia. Le usanze qui sono radicalmente diverse dalle nostre, ma ora ci siamo adattati con mia moglie e i miei figli. Sono arrivato in Giappone dopo la Coppa del Mondo in Russia, non ho avuto il giusto tempo per organizzarmi. In questi mesi abbiamo assimilato le differenze tra le due culture. Qui sono molto più tranquillo, questo si riflette anche negli stadi. La lingua? Per le domande più semplici ho iniziato a parlare giapponese. Con mia moglie ricevo lezioni un paio di giorni a settimana. Ma quando si tratta di discussioni più complicate parlo con un traduttore, che è il mio vero salvatore e mi accompagna sempre. Ma sono stato sorpreso dallo sforzo che tanti ragazzi stanno facendo per imparare lo spagnolo solo per comunicare con me".