11 settembre 2001: dov'erano i campioni nel giorno dell'attentato

11 settembre

Alfredo Corallo

©Getty
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Furono ore di passione anche per tanti campioni dello sport: un giovanissimo Cristiano Ronaldo rimase sconvolto davanti al crollo delle Torri Gemelle durante la sua prima intervista, Federer era appena tornato dagli US Open, mentre l'Uefa decise di far giocare ugualmente Roma e Lazio in Champions. E la Juventus fu costretta alla fuga a Oporto da un "allarme bomba"

 

Quel pomeriggio di settembre il sole batteva ancora molto forte su Praça Marquês de Pombal, nel cuore pulsante di Lisbona. L'appuntamento con l'inviato di SportTV era fissato subito dopo pranzo e Cristiano non voleva sfigurare con i vecchi amici di Madeira: era passato in barbearia, il gilet nuovo, una t-shirt bianca splendente, fresca di lavatrice, elettrizzato al massimo per la sua prima intervista importante. Era già una stella nell'Accademia dello Sporting, aveva appena firmato il suo primo contratto da professionista e il dormitorio nella residenza dello Stadio Alvalade cominciava ad andargli stretto; così, da quell'estate del 2001, si era trasferito in un piccolo hotel del centro, tra l'Avenida da Liberdade e il parco Edoardo VII. In "doppia" con Miguel Paixao (l'amico di sempre, l'uomo che oggi è la sua 'ombra' e tra l'ideatori del Museo CR7 di Funchal). Certo, una stanza modesta, con il lavandino e un bidè nascosti da un separè, un comodino (in due), una radio portatile con lettore cd incorporato ma con l'elettromestico fondamentale: la playstation! Il 16enne Ronaldo racconta delle sue giornate, trascorse tra gli allenamenti e le passeggiate nella Baixa, si sposta in metro (con la fermata comodamente sotto l'albergo) e confessa di non guadagnare molto, "300 contos a settimana" (400 euro dell'epoca) gestiti interamente dalla sua manager di fiducia: mamma Dolores. "Mia madre tiene tutti i miei soldi in banca - spiega - quando ne ho bisogno, glieli chiedo. Si occupa lei di tutto". 

 

È in questo momento del video che la telecamera indugia sui due ragazzi, sconvolti dalle immagini che stanno scorrendo in televisione: sono le 14.05 (il fuso del Portogallo è di un'ora indietro rispetto all'Italia) e il secondo aereo si è appena schiantato sull'altra torre del World Trade Center. Poi il servizio continua... come la vita di quell'adolescente, che oggi - a 20 anni esatti dall'attentato delle Torri Gemelle - plana di nuovo su Old Trafford, non vive più in un anonimo ostello e a New York è proprietario di un appartamento del valore di 18 milioni di dollari, con vista sullo skyline di Manhattan e Ground Zero. Ma questa è un'altra storia.

Casa di Ronaldo a New York
La vista del lussuoso appartamento di CR7 a New York

 

L'11 settembre di Messi, Federer e del "sopravvissuto" Thorpe

Se Ronaldo assisteva atterrito alla scena dal suo angolo di pace nella terra di Amália Rodrigues - e a mezz'ora dall'Estoril, dove domenica Valentino Rossi aveva aggiunto un altro mattoncino in classifica, verso il primo trionfo mondiale in top-class - il suo "gemello diverso" Lionel Messi avrà fatto altrettanto dall'alloggio che aveva ricevuto in dotazione dal Barcellona - sulla Gran Via de Carles III, a una decina di minuti d'autobus dal Camp Nou - di ritorno dalle vacanze estive nella sua Rosario. E, rimanendo in tema di "GOAT", Roger Federer si trovava nella Grande Mela fino a pochi giorni prima dell'attacco terroristico di al Qaida che causò quasi tremila vittime, eliminato (il 5 settembre) agli ottavi degli US Open da Andre Agassi e rientrato in Svizzera per prepararsi al torneo di Mosca. "Ero al National Tennis Center di Biel e mi allenavo in palestra - ricorda il campionissimo di Basilea - ho ricevuto un messaggio sul telefono e sono corso alla tv: non potevo credere a quello che stava succedendo, che qualcuno potesse anche soltanto immaginare di fare una cosa del genere. È stato uno shock". Fa ancora più impressione pensare che le finali di Flushing Meadows si svolsero a ridosso della tragedia: le sorelle Williams scesero in campo l'8, Lleyton Hewitt e Pete Sampras il 9, a meno di 48 ore da quell'inferno di fuoco. Cui scampò per miracolo il campione australiano di nuoto Ian Thorpe, reduce dalle 6 medaglie d'oro ai Mondiali di Fukuoka e in vacanza negli States, diretto alle Twin Towers e salvato da una distrazione benedetta: aveva dimenticato la macchina fotografica in hotel ed era tornato a prenderla. Un sopravvissuto.

Venus e Serena Williams
Venus e Serena Williams nella notte della finale degli US Open 2001, tre giorni prima dell'attacco terroristico - ©Ansa

 

Roma-Real, Totti e quel gol nella notte più triste

E l'Italia sportiva? Per i romanisti non era un martedì come gli altri: quella sera, dopo 17 anni dall'amara finale di Coppa dei Campioni persa ai rigori con il Liverpool, gli uomini di Fabio Capello - freschi di scudetto - tornavano sulla ribalta europea più prestigiosa e per giunta all'Olimpico, davanti a 70mila spettatori, contro il Real Madrid dei Galacticos. Con Francesco Totti al debutto  assoluto in Champions, insieme ad Antonio Cassano e Vincenzino Montella, che intervistammo nel decennale della strage. "Eravamo basiti - rammentò - incollati allo schermo, come tutti. Furono momenti di sgomento, ma noi dovevamo anche pensare al Real... e invece arrivammo allo stadio discutendo solo delle notizie che provenivano da New York". L'allora presidente della Lega, Franco Carraro, aveva informato l'Uefa della necessità di rinvio per "ragioni di sensibilità e per ragioni logistiche", ma da Nyon non ne vollero sapere (si optò per il lutto al braccio e un minuto di silenzio). Alla fine - per la cronaca - vinsero gli spagnoli 2-1 e toccò a Totti segnare la rete giallorossa, su rigore, nella serata più triste. E non andò meglio alla Lazio di Nesta, Diego Simeone, Crespo, Simone Inzaghi, in trasferta a Istambul e sconfitta 1-0 nella stessa notte dal Galatasaray, in un'altra partita priva di senso.

Francesco Totti in Roma-Real Madrid dell'11 settembre 2001
©Getty

 

L'allarme "bomba" nell'hotel della Juve

Finalmente, la mattina seguente l'Uefa decide per il rinvio degli altri match di coppa in programma, compreso quello della Juventus, già volata ad Oporto. La dirigenza bianconera si metterà subito in moto per rientrare in Italia, su un aereo privato, anche se  dovrà fare i conti con uno "scherzo" macabro: il centro commerciale al fianco del loro hotel si chiamava "World Trade Center" e qualcuno aveva comunicato alla polizia che sarebbe saltato in aria, con una bomba, gettando nel panico più assoluto i giocatori, tra cui Alessandro Del Piero. "Sulle Twin Towers c'ero stato due mesi fa - racconterà Alex nel viaggio di ritorno - pazzesco pensare che non ci siano più. Meglio non giocare, sicuramente: nessuno di noi è riuscito a concentrarsi sul calcio. E poi, magari fermarsi è un segnale che può servire". Qualche settimana più tardi, con la tensione internazionale ancora a livelli altissimi, il volo che riporterà in Portogallo i ragazzi di Marcello Lippi per il recupero della sfida sarà costretto a cambiare rotta all'improvviso per non imbattersi nelle esercitazioni dei caccia francesi in allerta per l'Afghanistan. E oggi, a vent'anni di distanza, nulla sembra essere cambiato.