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Robinho, inoltrati richiesta di estradizione e mandato di arresto per violenza sessuale

brasile
©Getty

Mandato d'arresto internazionale con richiesta di estradizione per Robinho. L’ex attaccante, al Milan tra il 2010 e il 2014, è stato condannato in via definitiva a 9 anni per violenza sessuale di gruppo avvenuta il 22 gennaio 2013

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La Procura di Milano ha inoltrato al ministero della Giustizia la richiesta di estradizione e il mandato d'arresto internazionale per Robson de Souza Santos (detto Robinho), ex attaccante del Milan, condannato il 19 gennaio in via definitiva assieme all'amico Ricardo Falco a 9 anni di carcere per violenza sessuale di gruppo su una 23enne albanese, che subì abusi in un locale del capoluogo lombardo la notte del 22 gennaio 2013. Gli atti a carico dell'ex calciatore e del suo amico, entrambi in Brasile, sono stati firmati dal pm Adriana Blasco. Robinho, 38 anni, è stato per quattro stagioni fantasista del Milan tra il 2010 e il 2014.

Cosa succederà adesso a Robinho?

La Costituzione brasiliana non consente l'estradizione dei propri cittadini, quindi al momento sembra remota la possibilità che Robinho e l'amico Ricardo Falco vengano consegnati alle autorità italiane.

Robinho licenziato dal Santos

La Suprema Corte ha reso definitivi i 9 anni decisi dal tribunale milanese, a seguito dell'inchiesta del pm Stefano Ammendola, e confermati dalla Corte d'appello il 10 dicembre 2020. Per l'ex attaccante e per l'amico nel corso delle indagini non erano state emesse misure cautelari, mentre altri uomini, che avrebbero preso parte alle violenze, non erano stati trovati. Per questa vicenda il Santos, squadra carioca per la quale il calciatore era tornato a giocare dopo le esperienze in Turchia, aveva inizialmente deciso di mettere Robinho fuori rosa, per poi annullare definitivamente il contratto nell'ottobre 2020 (dopo che erano state pubblicate sui media brasiliani intercettazioni del processo).

La ricostruzione dei fatti secondo le indagini

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Robinho avrebbe fatto bere la ragazza fino al punto da renderla incosciente e poi il gruppo l'avrebbe violentata a turno, senza che lei potesse opporsi, in un guardaroba di un locale notturno della movida milanese, dove la giovane si era recata per festeggiare il compleanno. Il sostituto pg di Milano, Cuno Tarfusser, nel processo d'appello aveva chiesto la conferma delle due condanne. Nelle motivazioni della sentenza di secondo grado la Corte ha scritto che l'ex attaccante e i suoi "complici" (altri quattro gli irreperibili) hanno manifestato "particolare disprezzo" nei confronti "della vittima che è stata brutalmente umiliata".