Gattuso nuovo re di Spalato. Il suo primo agente lo racconta: "È sempre lo stesso Rino"

Quello sguardo sempre un po’ imbronciato, quelle guance spesso arrossate per le troppe grida dalla panchina. Quella voglia, a volte, di entrare in campo di corsa per fare lui stesso l’intervento. Non è che fosse poi tanto diverso Gattuso quando era giovane, anzi. L’espressione è rimasta la stessa: i capelli sono solo un po’ più grigi, ma il carattere non è cambiato. “E ve lo posso garantire: è lo stesso Rino di sempre”. A raccontarlo a Sky Sport Insider è il suo primo agente, Tiberio Cavalleri. Uno di quelli che ha contribuito a rendere grande il calcio italiano dagli anni ‘90 in poi. “Mi ricordo ancora il mio primo incontro con lui quando era ancora negli Allievi”. Era la stagione 94-95: “Il Perugia era in B e Gaucci mi aveva invitato a vedere una loro partita. Avevo due miei giocatori ai tempi: Negri ed Evangelisti”. E Gattuso? Cavalleri è figlio dello storico direttore sportivo Renato, che ha fatto diventare importantissime piazze come Atalanta, Brescia . Con il padre, Tiberio ha lavorato da scout prima di intraprendere la carriera di agente. Quella forma mentis gli è rimasta per individuare i giocatori che poi avrebbe rappresentato. “Ho sempre osservato i giocatori prima di capire se volessi averli nella mia scuderia. Mi piace vederli sul campo, dal vivo. Ecco, dopo la partita della prima squadra, sono rimasto a Perugia per andare a vedere una partita delle giovanili. Giocavano gli Allievi, appunto, e rimasi colpito da quel centrocampista di grande temperamento e con discrete qualità tecniche. Dopo poche settimane contattai lui e la sua famiglia e cominciai a seguirlo”. È storia nota come fu difficile per la famiglia Gattuso accettare che, dalla Calabria, il figlio giovanissimo si trasferisse più a nord per giocare a pallone. Ma da quel momento le cose cambiarono. Il primo intrigo di mercato Cavalleri fu il suo primo agente, lo accompagnò fino agli anni in Serie A e prima del trasferimento in Scozia, quando il rapporto lavorativo si interruppe in maniera particolare. “Parto da lontano. Nel ‘96, con il Perugia in Serie B ma in lotta per la A, contattai Gaucci per conto del papà di Rino, che stava incontrando qualche difficoltà con la sua azienda. Gli chiesi una mano. Approfittai di quell’occasione per ricordare al presidente che Gattuso non aveva ancora un contratto da professionista. ‘Metta mai che entri in campo ed esordisca… Rischia di attirare l’interesse di altre e di andare via a parametro’”. “Nella stagione 96-97, Rino esordì proprio in Serie A. Fu un bel momento, ma poi iniziò a non rispondere più alle mie chiamate. E quando un giocatore non ti risponde più, vuol dire che c’è qualcosa che non va. Venni a sapere poco dopo che Alessandro Gaucci aveva denunciato la sua scomparsa: non si vedeva più al convitto dove viveva, non si sapeva più che fine avesse fatto. Pochi giorni dopo ricevetti una chiamata proprio dal papà di Gattuso: mi chiedeva di volare a Glasgow per firmare un contratto quinquennale con i Rangers”. “Allora mi sono fermato. Probabilmente adesso mi farei meno scrupoli, perché il mercato ha preso una sua piega precisa. Ma siccome dicevano che gli agenti in qualche modo rubavano i giocatori alle società per portarli da altre parti, non volevo che la mia reputazione venisse intaccata. Decidemmo di separarci lì”. Su Gattuso e altre storie di mercato, Cavalleri ha scritto anche un libro. Si chiama ‘Ho fatto gol!’. Le strade in quel momento si erano separate, ma il rapporto con il centrocampista è proseguito anche al Milan. “Con i rossoneri ho sempre avuto dei legami professionali. Ho rappresentato Panucci, poi Pirlo, Inzaghi e Bonera. Mi è capitato più volte di passare da Milanello e di incrociare Rino. Ci siamo sempre sentiti, anche solo con dei messaggi”. Una storia di oltre trent’anni, che è rimasta solida nel tempo. “Per la partita contro la Dinamo Zagabria, accompagnato dal mio collaboratore Giovanni De Vito, abbiamo deciso di fare un lungo viaggio in macchina verso Spalato. Ore e ore di autostrada, non finivamo più. Ma Rino ci teneva a ospitarci: siamo stati con lui e la sua squadra in ritiro e abbiamo visto la vittoria per 1-0. Il giorno dopo ci ha invitati a pranzo. E ho capito perché all’Hajduk sia riuscito a piacere a tutti”. Perché? “È rimasto come quel ragazzino che avevo conosciuto a 15 anni. Di temperamento e con delle idee. Rino non ha mai accettato il compromesso. Era di quella linea del ‘Sbaglio con scelte mie, non con quelle degli altri’. Per quello credo che in Italia abbia faticato di più, anche se non so bene cosa sia successo. A Spalato ha imposto i suoi princìpi: era una squadra con delle regole un po’ lasse, con dei giocatori abituati a lavorare in un certo modo. Invece, dopo vent’anni esatti dall’ultima volta, ora si ritrovano a combattere per lo scudetto. Lì è un idolo”. Proprio dopo quella partita, che a suo modo rappresenta quasi una svolta per il campionato dell’Hajduk, si era commosso Rakitic. “Vedere Gattuso in lacrime negli spogliatoi dopo questa vittoria fa riflettere, è uno stimolo per tutti”, ha detto l’ex Barcellona tornato a Spalato in estate, dopo averla lasciata ai tempi delle giovanili. E in effetti in Croazia le cose stanno andando benissimo. 32 punti in 16 partite giocate e primo posto ex aequo con il Rijeka, che gode solo di una differenza reti leggermente migliore. La squadra è solida, fa divertire. Ha entusiasmo. Per l'Hajduk ha anche deciso di tagliare quella barba che lo contraddistingue da oltre vent'anni: un'iniziativa benefica a cui ha partecipato ben volentieri. Bresciano doc, Cavalleri racconta il suo rapporto con Gattuso con quel tono lombardo che solo all’apparenza può sembrare distaccato. Ma appena scavi, ti rendi conto di come un legame professionale nemmeno troppo lungo sia diventato molto profondo. In qualche modo, anche se viene dall’altra parte di Italia, lui e Rino si assomigliano. Si sono trovati. E quel percorso cominciato nel ‘95 ha avuto una sua evoluzione, certo. Ma non si è mai interrotto.

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