Neymar è tornato (e fa un po' quello che vuole)

La cosa più divertente fu leggere, nel comunicato con cui l’Al-Hilal salutava Neymar dopo la rescissione del contratto, che lo ringraziava pure. “Il club esprime la propria gratitudine a Neymar per quello che ha fatto nell'Al-Hilal”. Ma grazie di cosa?, abbiamo pensato tutti. Forse per aver accettato un contratto da 80 milioni di euro all’anno, con annessi benefit da paura , per non dire da ridere, come la deroga alla legge islamica che altrimenti gli avrebbe impedito di dormire con la compagna, Bruna Biancardi, visto che i due non sono marito e moglie. O forse il grazie era proprio per aver rinunciato a tutto ciò, rescindendo il contratto dopo un’esperienza durata appena 428 minuti sul campo, distribuiti in 7 partite nell’arco di un anno e mezzo . È stato stimato che tra stipendi e bonus vari abbia intascato circa 200 milioni, quasi 30 a partita; ma la felicità non ha prezzo. Neanche questo prezzo. Quello che l’ha salutato con meno affetto è stato Jorge Jesus, il suo allenatore in terra araba. O perlomeno non con il rispetto che si deve a Neymar, perché, non dimentichiamolo, Neymar resta una star mondiale, e non è carino dirgli in faccia “Non può più giocare ai livelli a cui siamo abituati. Le cose sono diventate difficili per lui, purtroppo”. Sì, avete capito bene: il calcio arabo era diventato troppo difficile per Neymar. Ad ogni modo, quel che conta è che tutto ciò ormai rappresenta il passato. Il presente di Neymar è il Santos, il club che lo rese una star a 17 anni, quando con un impresentabile taglio di capelli e il cerottino sul naso stupiva il mondo e che lo vendette per 88 milioni al Barcellona della MSN . Il club in cui è tornato per ritrovare la gioia e i dolci ritmi brasiliani a 33 anni, l’età che aveva Cristiano Ronaldo quando scelse la Juventus e la Serie A come nuova sfida. Neymar è tornato, e adesso fa quello che gli pare. Soprattutto in campo. Lo fa e gli riesce. Che in Brasile fosse una sorta di divinità lo si era intuito dopo la sua prima apparizione nel campionato Paulista. Un tempo contro il Botafogo, con la 10 che fu di Pelé sulle spalle , al termine del quale gli avversari si mettono ordinatamente in fila per avere un selfie-ricordo con lui. Un tempo nel quale ricomincia a disseminare sul campo dribbling, giocoleria varia e cadute, ma non pensate male, perché non si tratta di quei tuffi che l’hanno reso tante volte un meme. Stavolta oltre al fumo c’è anche della sostanza, sotto forma di tre ammoniti e un espulso tra gli avversari per colpa/merito suo. Per il primo gol bisogna attendere altre tre partite, ma quando il 17 febbraio, contro l’Agua Santa, viene fischiato un rigore al Santos, il Brasile si ferma per un attimo. Neymar si prende il pallone senza voler essere un duro – ma nel suo caso glielo avrebbero dato i compagni, se non se lo fosse preso lui – gli dà un bacio e dopo la classica paradinha spiazza il portiere . Poco ci manca che la partita venga interrotta come accadde il 19 novembre 1969 quando Pelé, sempre su rigore, segnò il suo gol numero mille, con invasione di fotografi e tifosi, O Rey portato in trionfo dalla folla e intervistato in campo, mentre è lassù, a partita ancora tecnicamente in corso. Nel caso di O Ney ci si limita a una grande festa, con tutta la squadra inginocchiata in cerchio con gli indici al cielo a ringraziare per il ritorno al gol del campione, a distanza di 502 giorni e 11mila chilometri dall’ultimo. Ma la ritrovata libertà, che si traduce in leggerezza, di Neymar la vedi nel modo in cui in campo si gode il pallone tra i piedi , gironzola esplorando tutte le zone del suo nuovo giardino portando al guinzaglio gli avversari, giocherella con la sfera, sperimenta anche nuovi colpi. Sarà un caso che in carriera non avesse mai segnato direttamente dalla bandierina del corner e che il primo gol così l’abbia fatto al suo ritorno in Brasile? Per non parlare della nuova “finta di colpo di testa”, copyrightizzata nel corso della sfida vinta contro il Noroeste: in una delle sue escursioni a centrocampo, bullizza l’avversario con un sombrero forse più bello che utile e poi, mentre la palla sta ricadendo, finge di colpirla di testa mettendo in crisi il poveretto, scosso al punto che quasi perde l’equilibrio. Boato della folla. E fuori dal campo? Lì, oltre a poter dormire con Bruna o con chi gli pare senza viverlo come una concessione, l’hanno fatto anche presidente di una squadra di Kings League, il torneo inventato da Piqué che è appena approdato anche in Brasile. E qual è la prima cosa che ha provato a fare da presidente? Il mercato, ovviamente. Ma alla rovescia, cercando cioè di portare un giocatore dalla Kings League al Santos. Oggetto del suo corteggiamento Kelvin Oliveira, campione di calcio a 7 con un passato in quello a 11 , tornato alla ribalta a dicembre, quando con i suoi 14 gol ha regalato al Brasile il Mondiale di Kings League. Bene, Neymar l’ha chiamato a sé – ma non per averlo nella squadra di Kings League di cui è presidente, bensì come compagno d’attacco nel Santos – e lui gli ha risposto “no, grazie”. Forse Neymar, in questo momento in cui tutto gli riesce e tutto gli è concesso, un po’ ci sarà rimasto male.

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Vanni Spinella