Da Olbia a San Siro: Billy Costacurta incontra Salmo

E’ cominciato tutto qui, da questo lungomare di una città che apre le porte ai turisti di tutto il mondo e che questa settimana ha ospitato Calciomercato L’Originale per la prima tappa della tournée estiva. La città che ha visto nascere e crescere, musicalmente e non solo, Maurizio Pisciottu. Per tutti, Salmo. Il fratello e agente di Salmo, Sebastiano, li osserva a pochi metri di distanza. L’idea, nata per gioco, di una chiacchierata tra i due è nata tra i campi di padel e il suo matrimonio, pochi giorni fa. E parte proprio da lì. Abbiamo appena assistito insieme al matrimonio di tuo fratello che hai celebrato tu... “L’ho preso in giro, è stato divertente”. Senza troppi giri di parole. Vorresti sposarti? “Più che sposarmi vorrei avere un figlio. Pam, così. C’è ancora un po’ di tempo, ma il tempo dopo un po’ scade”. Tu fai rap però con delle suggestioni di punk e di blues, come mai? Sono cose talmente anomale, soprattutto nei concerti? “Beh è anomalo sì, nel mondo del rap è molto anomalo perché non sono in tanti a farlo, secondo me adesso stanno uscendo fuori degli artisti che stanno riuscendo a mischiare le due cose. Io ho avuto la fortuna di essere nato e cresciuto in questa città , dove quando ero ragazzino eravamo veramente in quattro a ascoltare musica hip hop, avevamo i pantaloni larghi, abbiamo preso calci nel culo e gli schiaffi perché è una città estremamente punk rock, punk metal e a un certo punto mi hanno inglobato, sono cresciuto tra i lupi, è stato bello perché mi hanno aperto la capoccia e ho capito che per fare rap comunque devi passare dagli strumenti, dalla musica reale suonata, ho preso anche poi nel tempo delle lezioni di respirazione perché volevo, neanche di canto ma di respirazione. E ti dico: essere cresciuto qua in questa città ha formato poi lo stile che ho attualmente, che è un mix di tante cose”. Di tante cose che hai scoperto anche all'estero? “Sì, sì, sì, soprattutto... in Inghilterra, in Inghilterra siamo partiti con la band, volevamo fare musica, solo che l'Inghilterra ti schiaccia completamente, diventi parte integrante di un meccanismo. Lì facevamo due volte i training day, due lavori al giorno, però lì mi sono accorto di quello che avrei fatto poi". Mentre eri lì hai capito che avresti fatto tutto? “Sì, sono entrato in un club, sparavano musica elettronica e i rapper cantavano sopra ed era una cosa nuova, innovativa. E lì ho detto, ok, voglio fare questo”. Questo però l'hai fatto a un certo punto, prima facevi qualcos'altro, forse facevi dello sport? “Sì, ho giocato a pallone, mi fa strano dirlo a te, che sei un campione incredibile, però io come tanti ragazzi ho pensato di giocare a pallone, che il mio futuro fosse il calcio, anche perché...” Hai sognato quindi di poter fare il calciatore? “Sì, sì, sì, ma è strano, tuttora mi rimangono dei lasciti. Io ho fatto come il ragazzino che gli manda la carne in gola, no? Perché da ragazzino poi ho preso un calcio in faccia e ho odiato il calcio”. Hai preso un calcio in faccia? “Sì, sì, sì, sì, sì”. Ma quello è uno dei motivi per cui hai abbandonato? “È il motivo per cui ho abbandonato, perché in quel periodo mi rimbalzava in testa, già facevo musica, vedevo tutti i miei compagni che diventavano sempre più bravi, sempre più bravi di me, e a un certo punto ho detto, sai, forse non è proprio la strada che devo prendere". Stavo pensando al calcio in faccia, quindi io posso aver fatto smettere tante persone, perché io ho dato tanti calci. “Hai dato tanti calci in faccia?” No, adesso sinceramente no. E quindi quello ti ha fatto cambiare? “Sì, il segno del destino”. Ti ha fatto spostare verso la musica? “Sì, già facevo musica, no? Avevo come l'amante pronta, lì, che dicevo, ma vuoi vedere che forse sono innamorato dell'altra, dell'amante? Allora a un certo punto ho detto, boh, sarà che poi è arrivato il calcio del destino, ho detto, ok, devo fare musica. E mi ha dato ragione. Però ero molto appassionato, mi piaceva un sacco. Poi, ti ripeto, sono cresciuto in una famiglia di calciatori, mio fratello era molto bravo, quindi pensavo fosse quello il destino”. La mia motivazione è stata quella di giocare a San Siro, e quindi quella mi ha spinto veramente, anche quando ero giovane, a fare qualche sacrificio. Però in realtà tu non ci sei passato dalla strada principale, ma ci sei arrivato da dietro. Da dietro, è strano. Con la seconda opzione. “È stato... È stato una roba incredibile. Il live a San Siro è stato così incredibile che non mi ricordo tutte le fasi di quando siamo saliti. Ero così concentrato che l'ho proprio rimosso. È strano San Siro perché poi sali sul palco e dici, ok, è tutto qua, sembrava più grande. Però ovviamente da piccolo il sogno era arrivarci col calcio, però ci sono arrivato con la musica, quindi...”. La cosa che a me fa ridere è che quando io, le prime due o tre partite, quando io giocai a San Siro, qualche insulto mi arrivò. Naturalmente, che ne so. “Quanti anni avevi?” Eh, avevo vent'anni. Vent'anni, sì, sì. E quindi immagino che in realtà a te l'entusiasmo... “No, per fortuna a me non mi hanno insultato”. No, a me piacerebbe sapere, nel momento in cui, la prima volta, quando sei salito su quel palco con tutta quella gente, immagino circa 60, 55 mila persone, tutti adoranti verso di te. “Allora, ti racconto perché in realtà avevo aperto il live di Jovanotti. Il primo San Siro l'ho fatto aprendo il live di Jovanotti. Però era l'apertura, c'erano solo 30 mila davanti e nessuno mi voleva. Poi dopo ho avuto la fortuna di fare il San Siro con il mio pubblico. E lì è stata un'emozione incredibile, meglio di qualsiasi altra cosa”. Adesso, a settembre, credo che tu abbia... “Allora, a settembre parte il tour da Rho, Fiera Rho, Milano. Ci sarà il Lebonski Park, che è molto carino, è una cosa organizzata molto figa, che intrattiene le persone. E poi da lì partirà tutto il tour mondiale, finisce poi a Miami. Altro che calciatore, direi. “Allora, faccio a te la domanda. Tornando indietro, avresti fatto musica o il calciatore?”. Bah. Sai che però, quando ti ho visto salire, l'eccitazione che avevi, la faccia che avevi. Quando sei salito sul parco per la prima volta, perché c'ero, io una persona così felice non avevo le cose. “Molto, sì, come un bambino”. Probabilmente uguale alla mia. Abbiamo raggiunto i nostri sogni.

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