En?gma: "Ho fatto il telecronista, ora canto l'Old Trafford. Mio padre mi ricorda Vialli"

En?gma è un rapper attivo sulla scena hip hop italiana dal 2008, dove si è distinto per rime visionarie capaci di unire tecnica, introspezione e un approccio d’autore. Dopo dieci anni di pubblicazioni indipendenti, inaugura ora una nuova fase del suo percorso grazie alla collaborazione con Asian Fake e con l'uscita del singolo “Old Trafford”, prodotto dal rapper e produttore discografico Jack The Smoker. En?gma è un grande appassionato di sport. di calcio in particolare. Ha anche un passato da telecronista di partite di Serie C in Sardegna. E ci ha spiegato che secondo lui “c’è una similitudine tra racconto sportivo e la reppata, devi sempre scegliere le parole giuste con musicalità”. Nel suo destino c’era la musica. Anche se il calcio è sempre nel suo cuore, tanto da dedicare una canzone allo storico stadio del Manchester United. Abbiamo parlato con lui del suo nuovo progetto, delle sue passioni sportive e della sua musica, “per persone profonde e sensibili”. Comincio chiedendoti una cosa che mi ha sempre incuriosito degli artisti e di chi fa musica, cosa si prova a devi far uscire un album o un singolo, a cui magari hai lavorato tanto tempo, e lo devi condividere col mondo? "Intanto non vedi l'ora che succeda. In questo caso, non mi era mai successo di tenere per così tanto tempo delle canzoni e un progetto 'nell'ombra,' senza che uscisse. Queste canzoni le ho da tanto tempo, il disco da quasi due anni. Non vedi l'ora che gli altri lo possano sentire. Da una parte hai il sentimento che dopo un po’ determinate canzoni quasi ti stufano, perché nel processo sia creativo che poi tecnico di rimare le ascolti spesso. Però poi nel momento in cui escono, ti immagini cosa stanno pensando i fruitori, hai quel tipo di sensazione che non vedi l'ora che succeda e allo stesso tempo cerchi di empatizzare quasi con chi in quel momento ha le cuffiette, sta ascoltando quello che tu stai raccontando e cerchi di capire cosa stai suscitando con le tue parole, con le immagini che hai creato" Quando senti che è il momento di mettere in parole i tuoi pensieri? Sei uno che va per la sua strada, che segue l'istinto o prendi in considerazione anche i gusti della gente che ti segue? "Dopo tanti anni sicuramente un po' cambi, anche senza volerlo. Cambia il tuo modo di esprimerti, cambia il tuo modo di esporre le cose. Dopodiché credo che più o meno tutti hanno voglia di arrivare alle persone, nel senso di far sentire quello che provano. Quindi se si riesce a trovare una chiave migliore per arrivare a quello che si vuole esprimere alle persone, chiaramente si cerca di limare determinati aspetti della propria scrittura. Nel corso degli anni mi è capitato di pensarci, perché soprattutto agli inizi sono sempre stato molto criptico, molto complicato per determinati 'palati'. Ho cercato di fare un'autoanalisi a riguardo, senza perdere il mio genuino modo di pensare e di interpretare la scrittura. Tendenzialmente mi faccio molto ispirare dal suono, dalla musica, dalla strumentale che scelgo. Quindi prima seleziono, nell'80% dei casi, il tappeto sonoro o perlomeno lo scheletro di quello che poi sarà la strumentale finale, e da lì mi faccio suscitare le emozioni. Poi passo al processo di scrittura" Non so se ti piacciono le definizioni, però come si potrebbe definire la tua musica? "Dico sempre profonda, un qualcosa per persone profonde e sensibili tendenzialmente. Di certo non qualcosa di superficiale. In due parole ti direi profondità e sensibilità" Sei mai stato all'Old Trafford? "No, non sono stato all'Old Trafford, l'unico stadio inglese che ho visto e che è un'esperienza che mi porto ancora nel cuore è quando sono andato a vedere nel 2017 Southampton-Manchester City a Southampton, al St. Mary's. È stata un'esperienza fantastica. Accanto avevo uomini e donne di una certa età che erano ancora tifosissimi della squadra. È stata un'esperienza quasi sociale in qualche modo, perché capisci quanto anche in una città come Southampton, una città molto industriale e non estesissima, ci sia un attaccamento al club che unisce. È una cosa che capita di frequente in Inghilterra, è emozionante e significativa" Invece per quanto riguarda la tua frequentazione negli stadi italiani? "Sono stato a San Siro, all'Olimpico, a Marassi e allo lo Juventus Stadium, lo chiamo ancora così. Ricordo ovviamente le partite e le emozioni che ho provato in quel momento. Un’altra bellissima esperienza è stata quella di vedere la Nazionale in un contesto serio, quello di una competizione importante come l'Europeo del 2016. Ho visto Italia-Belgio a Lione. Un viaggio che ho fatto con degli amici storici, con i quali ci vedevamo meno. Quando parte l'inno nazionale, si crea una situazione molto trascinante da un punto di vista emotivo, sono cose che avvicinano. Io sono più tifoso della Nazionale che tifoso di club, perciò è stato un qualcosa di veramente emozionante" Quindi non hai una squadra del cuore? "Sì, sì, ce l'ho, sono juventino. Però mi piace il calcio in generale. Da ragazzino sognavo di fare il giornalista sportivo, poi le cose nella mia vita sono andate diversamente, c'è stato il treno della musica" Perché la Juventus? Spesso c'è un familiare, un papà, un fratello o un amico che condiziona la scelta. "Sì, è una questione di famiglia sostanzialmente. In casa si tifava Juve, mi è rimasta 'appiccicata'. Poi mio padre è sempre stato molto affascinato dai bianconeri, tra l'altro assomiglia un po' a Gianluca Vialli. Quando ero piccolo avevo anche una maglia della Samp, poi però ho sempre tifato Juve, anche per questa simpatia nei confronti di Vialli. Avevo otto anni quando la Juve vinse quella Champions, lui era il capitano" È vero che hai avuto un passato come telecronista calcistico? "Sì. Dal 2019 al 2023. Sono venuto dalla Sardegna a Milano per studiare Scienze della comunicazione, ho avuto per un po' di anni un obiettivo, quello di diventare telecronista. Nel 2019 c’è stata la possibilità di fare delle telecronache di Serie C, perché l'Olbia Calcio in quel momento era in Serie C. Il telecronista abituale era malato. Mi hanno fatto fare una prova e gli è piaciuta molto. Da quel momento per quattro anni ho fatto le telecronache dell'Olbia e negli ultimi due anni anche della Torres e del Sassari. È stata un'esperienza bellissima, perché il racconto sportivo in tempo reale secondo me ha delle similitudini con quello che è poi la 'rappata': devi sempre scegliere le parole giuste con musicalità, con un tratto distintivo, con una timbrica giusta e accattivante. Secondo me non sono così distanti come mondi" Hai un telecronista che ti piace di più? Anche di quando eri bambino. "Sicuramente i telecronisti che raccontavano la Champions in quegli anni. Sandro Piccinini su tutti. Poi quando a 17/18 anni ho vissuto il Mondiale con Fabio Caressa. Piano piano i nomi cambiano, ecco perché poi li vai ad associare ai vari eventi che ti rimangono più impressi" Ti piacciono anche altri sport oltre al calcio? "Marginalmente seguo il tennis e il basket. Però diciamo che, tornando al discorso dell'Italia, quando c'è la Nazionale in gioco mi piace guardare veramente tutto, sia il basket sia il volley, è un attaccamento patriottico. Gli sport mi piacciono tutti. Anche se mi capita una partita di pallanuoto in tv la guardo volentieri, sport che tra l'altro ho praticato per un paio d'anni" Cosa pensi di Jannik Sinner? Per te è il simbolo dello sport italiano in questo momento? "Più che un simbolo lo vedo proprio come un'ispirazione per quello che dovrebbe essere uno spirito di rinnovamento nello sport italiano. Dedizione al lavoro, pulizia di comunicazione, l'espressione di un certo tipo di valori che probabilmente spesso è mancata allo sport. Magari non un simbolo già in questo momento, forse un simbolo in divenire, con qualcosa di evocativo. Perché è come se rappresentasse una nuova era per lo sport italiano. Ed è particolare il fatto che venga da uno sport che prima di lui non aveva questa attenzione" Riesce a trascinare un Paese intero ormai con le sue partite. Gli italiani si uniscono soprattutto per lo sport e per la musica. Per altre cose siamo divisi, però è bello che ci siano dei momenti di condivisione. "Come con la Nazionale di calcio. Poi Sinner gioca ovviamente come singolo, rappresentando una nazione. Mentre per esempio quando gioca l'Italia c'è sempre qualche simpatia o antipatia in base alla squadra di appartenenza e al tifo. Invece Sinner riesce a mettere d'accordo tutti" Un argomento che mi sta molto a cuore è quello dei giovani. Ti senti un riferimento per loro? Senti la responsabilità nei confronti dei tuoi fan? "Dico la verità, non ho mai sentito questo senso di responsabilità. Ho sempre cercato con il mio modo di fare di dare un esempio. Per esempio quando ti interfacci con dei fan dopo un live: il modo di comportarti, l'umanità che ci metti, l'educazione, il modo di parlare con loro, secondo me questo già è un segnale. Quando ti vengono a parlare e ti dicono che sei più alla mano di quanto pensassero. Già così sei un riferimento, perché fai capire come ci si deve comportare, perché l'educazione si sta un pochino perdendo tra le nuove generazioni. Certo, è brutto generalizzare, però a volte vedo dei comportamenti un po' prepotenti e arroganti. Io ho sempre cercato con i miei modi di fare essere un esempio di comportamento" Quando leggi di episodi di violenza tra i giovani cosa pensi? Perché secondo te ne ricorrono così spesso? "Bisognerebbe affrontare il problema a monte. Io non invidio per nulla il diciottenne di oggi. È veramente difficile se non hai delle figure guida, secondo me nella maggior parte dei casi mancano dentro casa o nelle scuole. Non si trovano delle figure di riferimento che possano ben inquadrare le nuove generazioni, perché non si riesce a gestire tutto il flusso dei social. Quando ho a che fare con dei ragazzi più giovani, cerco sempre di comprendere il loro mondo, di comprendere come lo vedono, come lo vivono e cercare poi di dare dei consigli. Questa violenza non mi stupisce, perché sono inquieti, è anche normale per un adolescente in quel momento della sua vita. Però c'è un'aggravante esterna che è questo bombardamento continuo di informazioni. I social portano a questo, a un confronto costante, a una competizione continua, a un senso di inadeguatezza che porta frustrazione. E la frustrazione porta poi inquietudine, che può sfociare in violenza" Prossimi impegni? Prossimi progetti? Vuoi dare un appuntamento al pubblico? "Il mio disco esce a brevissimo, entro la fine del 2025. L'appuntamento principale è il nuovo disco ufficiale, che uscirà per Asian Fake. Non pubblicavo dal 2021, quattro anni sono tanti nella discografia. A gennaio ero uscito con un EP totalmente prodotto da Salmo: erano 5 tracce, un piccolo ritorno sulla scena. Chiuderemo il 2025 con un disco ufficiale che segna il mio ritorno e l'inizio di una nuova fase della mia carriera" In bocca al lupo. "Ti ringrazio. Viva il lupo. Io dico sempre così"

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Barbara Grassi