La nuova vita Hakan Sukur: l'esilio e il bar in California per sfuggire all'arresto

Calcio
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L'ex attaccante di Inter e Galatasaray al New York Times ha raccontato la sua nuova vita in un bar della California, dopo che nel 2015 è stato costretto a trasferirsi a causa di un mandato di arresto emesso dal governo turco nei suoi confronti. Nel 2011 si era candidato con il partito di Erdogan, ma il presidente turco non gli ha perdonato la scelta di appoggiare Gulen

TURCHIA, SUKUR RISCHIA L'ARRESTO: IL PADRE IN CARCERE

Dai gol al Mondiale di Corea e Giappone alla maglia dell'Inter. Hakan Sukur, ex stella del calcio turco, avrebbe potuto immaginare qualsiasi tipo di futuro ma mai avrebbe ipotizzato di finire a servire caffè in un bar di Palo Alto, in California. E pensare che le ragioni per cui l'ex interista si trova a lavorare dietro un bancone dall'altra parte del mondo non hanno nulla a che vedere con il calcio. In un'intervista al New York Times, la prima da quando l'ex attaccante si trova negli Stati Uniti, Hakan Sukur ha raccontato di essere stato costretto a cambiare vita a causa di un mandato di arresto che il presidente turco Erdogan ha emesso nei suoi confronti. L'auto-esilio l'unico modo per sfuggire al carcere.

I problemi con il governo turco

Eppure nel 2011, Sukur aveva deciso di buttarsi in politica e si era candidato proprio con il partito di Erdogan. Grazie alla sua fama e soprattutto ai gol che fecero grande il Galatasaray a ridosso degli anni 2000 e che regalarono il terzo posto al Mondiale del 2002, era riuscito a ottenere senza problemi un seggio in parlamento. Poi lo strappo con Erdogan, quando il presidente decise di dichiarare guerra a Gulen, di cui Sukur era seguace: in quel momento la sua vita è cambiata. "Qualsiasi cosa facessi, subentravano problemi amministrativi e rogne di ogni genere", ha raccontato l'ex attaccante. Erdogan non gli aveva perdonato quel "tradimento": "Se avessi fatto altre scelte, avrei avuto una bella vita e se avessi detto quello che volevano sarei diventato ministro. Adesso invece mi tocca vendere caffè, ma almeno non ho pero tutto il rispetto  che ho di me stesso".

La nuova vita in California

Invece, la sua vita ha preso tutt'altra piega: il padre è finito in prigione per quasi un anno, i suoi beni sono stati confiscati, dalle case ai conti in banca. Così, nel 2015 dopo aver salutato dagli amici, ha deciso di partire con la famiglia per la California. Una nuova vita, magari meno sfavillante di quella che avrebbe potuto avere, ma: "Voglio che i miei figli siano liberi - spiega Hakan Sukur - voglio che visitino altri paesi e che imparino a convivere con alre culture. Quando abbiamo capito che le cose in Turchia sono iniziate a precipitare abbiamo deciso di andar via". Durante il golpe contro Erdogan del 2016, infatti, Sukur era già oltre Oceano nel suo Tuts Bakery and Cafe di Palo Alto, ma fu comunque accusato di aver partecipato a quel colpo di stato proprio a per i legami che aveva con Gulen: "La Turchia resta il mio paese - ha spiegato al New York Times - amo la mia gente anche se adesso hanno un'idea distorta su di me a causa del condizionamento dei mass media. Ma credo che non sarà sempre buio e che un giorno la luce tornerà e che anche noi un giorno potremmo tornare a casa, per riabbracciare i miei genitori che ora vedo su FaceTime". Tra caffè e croissant, il vizio del gol non lo ha perso: continua a giocare a pallone in una squadra locale dove continua a segnare come ai tempi del Galatasaray. E mentre aspetta di vedersi rinnovare il visto, che scadrà nel 2020, continua a pensare ai suoi progetti, nonostante le sue difficoltà. Ma c'è sempre qualche intoppo. Il sogno è quello di costruire un centro sportivo, ma mancano i finanziatori: "Non è facile, la gente ha paura di farsi vedere con me".