Il muro del calcio e le elezioni tedesche

“Scegli la democrazia! Contro il razzismo e l’esclusione”: sono scesi in campo con questa maglia i giocatori dello Schalke 04 nella partita di Zweite Liga contro il Darmstadt. Un vero e proprio slogan elettorale, politico nel senso più profondo del termine, in un match che si è giocato domenica pomeriggio, mentre si svolgeva la più delicata e critica tornata elettorale della storia tedesca dal 1945 a oggi. Un gesto clamoroso e persino inedito, un appello contro l’ascesa dell’estrema tedesca della AFD stampato sulle divise, esposto nel modo più visibile e orgoglioso. Ma non è stato un gesto isolato nel calcio tedesco. Forse il più mediatico e rumoroso. Ma non una sorpresa nel mondo della Bundes e Zweite Liga, che evidenzia semmai ancora di più quanto la Germania sia, oggi, un Paese ancora molto diviso al suo interno. Ovest ed Est, nonostante l’unificazione che quest’anno compirà 35 anni, non sono mai stati così lontani e segnati da un’incomunicabilità a tratti preoccupante. Nei Länder della ex DDR l’estrema destra di AFD è il primo partito con il 34% dei voti, percentuale dimezzata negli stati dell’Ovest. In questo contesto, il calcio tedesco è stato uno dei protagonisti in questi mesi. Non solo quindi lo Schalke 04 o il St. Pauli, club che da sempre considera inscindibili calcio e messaggio politico. Molte tifoserie, quasi tutte a ovest, si sono mobilitate e con esse club e anche giocatori e allenatori. A partire dalla Schickeria, gruppo ultras del Bayern Monaco, anch’esso da sempre schierato su posizioni antifasciste, ma anche gli ultras Corrillo del Friburgo. Entrambe le tifoserie si sono mosse pubblicamente, in particolare in occasione del 27 gennaio, Giorno della Memoria. I tifosi del Bayern hanno ricordato, come da tradizione, i membri del club morti nei campi di concentramento nazisti. Quelli del Friburgo hanno colorato la curva con un’imponente coreografia con il classico simbolo dell’antinazismo tedesco, il pugno che spezza la svastica, e la scritta: “Nessun oblio, nessun perdono”. E tanti tifosi sono stati partecipi se non addirittura promotori delle tante manifestazioni che negli ultimi mesi, in moltissime città tedesche, hanno visto scendere in piazza centinaia di migliaia di persone per difendere i valori della democrazia contro il ritorno dell’estrema destra in Germania. Anzi, spesso sono stati incoraggiati dagli stessi club. Il Borussia Dortmund, per esempio, viene ricordato per come negli scorsi anni intraprese un’aspra e decisa battaglia per eliminare le minoritarie frange razziste dal ‘muro giallo’. E in occasione del voto il club giallonero non si è tirato indietro. "La nostra croce sul prato: la vostra croce per la democrazia!" : prima del match contro l'Union Berlino è stata realizzata una croce nel cerchio di centrocampo, per invitare i tifosi del Borussia a votare. Così come hanno preso posizione i tifosi del Werder Brema. E un’altra lotta sta nascendo in seno alla curva dell’Eintracht Francoforte. Dopo l’addio del presidente Peter Fischer, il presidente ultras dichiaratamente antifascista, alcune frange di destra hanno provato a riprendere posizione all’interno dello stadio, ricevendo in cambio la reazione della parte antifascista. Quando fu rieletto presidente del club nel 2018, Fischer fece un vero e proprio discorso politico rivolto a tutta la Bundesliga, chiedendo di prendere posizione contro l’AFD sempre più in crescita di consensi. “Ci dobbiamo impegnare senza esitazione nella difesa dei valori della nostra società” disse Fischer, che da capo ultras, rappresentante di oltre 22 mila soci del club, riuscì a diventare presidente del club vincendo le elezioni. Sì perché questa è un’altra caratteristica del calcio tedesco: la regola del ‘50+1’ prevede che non ci possano essere grandi azionisti di maggioranza e che i club siano quindi di fatto in mano ai tifosi-soci. Questo ha portato, nel corso degli anni, a vivere il club non solo come semplici supporters ma come responsabili delle decisioni dei club. Il che ha generato, spesso, anche discussioni sulle posizioni da prendere in merito alle questioni politiche. Durante la crisi siriana, per esempio, diverse società, sostenute dai tifosi, si impegnarono per accogliere o donare fondi ai rifugiati. E spesso nelle curve si sono letti striscioni con la scritta: “Refugees Welcome”. Ma stiamo pur sempre parlando di club della Renania, della Baviera o di Amburgo. Insomma, stiamo parlando degli stati che appartenevano alla Germania Ovest. Nell’est la situazione è decisamente diversa: dall’Hansa Rostock a Dresda, nei Länder dell’est proliferano invece le frange ultras dichiaratamente di estrema destra che non disdegnano anche manifestazioni violente del loro credo. Così come nelle province, anche dell’ovest, la situazione è sempre meno netta. Le elezioni hanno confermato che il fronte democratico ha retto, per ora, allo sfondamento dell’estrema destra. Il calcio ha fatto, come in nessun Paese europeo, la sua parte. Non solo ultras, club e tifoserie più o meno schierate. Ma anche giocatori e allenatori. Prendere posizione, in Germania, non solo non è visto come un’intromissione della politica nello sport ma quasi un impegno e un dovere morale. Per i tedeschi la storia, fino ad ora, è stata presa sempre molto seriamente, così come la colpa nazista. Ci si ricorda per esempio della nazionale tedesca contro l’Ungheria agli Europei del 2021, la fascia di Neuer arcobaleno per difendere i diritti LGBTQ+ contro le politiche omofobe del presidente Orban. Con Goretzka che scrisse un post dopo la partita: “Distribuite amore”. Anche in questi mesi giocatori e allenatori hanno preso posizione. Da Xabi Alonso a Marco Rose fino a Hoeness, storico dirigente Bayern. Il più chiaro è stato l’allenatore del Friburgo, Christian Streich, che non ha usato mezzi termini per mettere in guardia dall’ascesa dell’AFD: “Mancano cinque minuti a mezzanotte” ha detto, segnalando il pericolo. Mezzanotte è passata, il muro per ora ha retto. Anche grazie a quei muri, gialli verdi bianconeri e biancorossi, del calcio.

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Alberto Pontara