Quel che la Serie A toglie, la Champions ridà: l'Italia c'è

Champions League
L'esultanza di Ibrahimovic, autore del primo dei due gol con cui il Milan ha battuto il Bate Borisov nella terza giornata di Champions League (Foto Getty)
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L'ANALISI di Giorgio Porrà. L'ultimo turno di campionato, con poco gioco e pochi gol, aveva gettato ombre sulla qualità del nostro calcio. Poi in Europa la prospettiva è cambiata, con il pari del Napoli contro il super Bayern e le vittorie delle milanesi

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di GIORGIO PORRA'

Quei palloni sparacchiati nei popolari una certa paura l'avevano messa. Quel ruminare calcio senza costrutto sembrava la sintesi più lucida del complessivo disagio. Insomma, dopo gli strafalcioni dell'ultimo turno di campionato, diventava difficile spargere ottimismo sugli impegni delle italiane in Champions. Sbagliato. Come spesso ci succede ritroviamo gioco e risultati in Europa. E restituiamo benessere anche ai pancini doloranti di quei milionari un po' naif. Niente di straordinario, s'intende. Ma di questi tempi due vittorie ed un pareggio fuori dai confini rappresentano patrimonio da urlo. Anzi, nel caso del Napoli qualsiasi iperbole appare del tutto giustificata.

Perché fermare il Bayern, questo Bayern tritatutto, significa aver acquisito una precisa dimensione internazionale. Che autorizza  a questo punto qualsiasi pensierino malizioso. A maggior ragione dopo una notte nella quale non tutto è filato liscio, coi tedeschi a lungo padroni del centrocampo, Cavani avvitato su se stesso, la difesa in sofferenza nei disimpegni e nelle chiusure centrali. Quisquilie per questo Napoli da esportazione anema e core ed attributi d'amianto. La verità è che comincia ad affiorare qualcosa di epico nelle sue prestazioni europee, con il "catino delle streghe", il San Paolo per i media tedeschi, ormai all'ultima picconata sullo scetticismo di quelli che si ribellano alla retorica del "dodicesimo uomo".

Certo, per fabbricare imprese questa squadra ha sempre necessità di prosciugare il proprio serbatoio di energie. E le riserve non valgono i big, in quest'ottica Mazzarri dovrà calibrare l’inevitabile turnover. Ma il fuoco sprigionato col Bayern incenerisce ogni perplessità. Almeno per ora. Almeno sino a quando le lame rotanti di Maggio affetteranno l’erba nemica con la ferocia esibita l’altra notte.

Anche l’Inter pare in netta ripresa.  Può far respirare il suo presidente. Il Moratti visto nel dopomatch col Lilla aveva l’aria di uno appena sfuggito ad un attacco alieno. Occorre comprenderlo. In Francia, al di là del golletto di Pazzini, comunque preziosissimo, sono riapparse qualità che parevano irrimediabilmente perdute. Thiago Motta ha restituito senso logico alla manovra, e pazienza se in tanti arricciano il naso davanti al suo football moviolato. Sneijder sulla trequarti ha riproposto quelle giocate di prima, quelle aperture improvvise che il baby Alvarez non può garantire. E dietro il miracolo di una difesa non più sbrindellata come in occasione del naufragio siculo, Julio Cesar a fare Batman, Lucio non più sfarfallante, Chivu soldato quasi insuperabile. Anche se quelle diciassette conclusioni concesse ai francesi segnalano crepe ancora vistose negli equilibri del reparto. Ora però non disturbate il "normalizzatore".

Sa quello che deve fare. Questa Inter per ritrovarsi ha necessità dell'assennatezza tattica di Ranieri. Che anche a Lilla ha vinto all’italiana, squadra corta e ripartenze. Per ora e’ quello che serve. L'emergenza non è passata. Sarebbe folle imporre calcio più spregiudicato.

Idee chiare che continuano a circolare anche nella testa di Allegri. Come il Boateng trequartista atipico sul quale insiste con successo. Col Bate Borisov il ghanese è stato decisivo, il suo gol un abbagliante capolavoro. Non avrà piedi fatati, farà fatica nello stretto, ma sa bene quando sfruttare fisico e tempi d'inserimento. La storia stabilirà se il principe dietro le punte sarà intuizione destinata a durare. Per adesso l'importante è che il Milan sia praticamente sbarcato negli ottavi recuperando infortunati eccellenti e parte delle caratteristiche vincenti dell'anno passato. Senza contare che Ibra ha uffcialmente annunciato la temporanea chiusura delle ostilità con il suo ego sempre in ebollizione. Giura che resterà in rossonero sino a fine contratto. Grande notizia. Ma non sufficiente per guardare negli occhi il Barça senza paura. Se il Milan vuole davvero strappargli il primo posto, è obbligato a crescere parecchio. Oltre a dover spiegare a Van Bommel che non sempre paga affidarsi allo stellone per rimediare a certi scarabocchi da oratorio.  

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