Milan-Barça story: la mattanza di Atene, Cruijff umiliato
Champions LeagueStasera è la 13a volta che le due squadre s'incontrano in sfide ufficiali. In perfetta parità i precedenti: 4 vittorie rossonere, 4 catalane, altrettanti pari con 16 reti ciascuno. L'unica finale di Champions nel '94 fu una lezione di calcio. FOTO E VIDEO
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di Alfredo Corallo
Quella serataccia il buon Johann se l'andò proprio a cercare. Si era fatto pure fotografare con la coppa qualche giorno prima della partita. E' destino che quando vede Milan gli dice male. Eppure la scoppola del '69 al Bernabeu il Profeta avrebbe dovuto rammentarla, sebbene fosse giovanissimo. Macché. Le assenze per squalifica di Baresi e Costacurta lo avevano gasato a mille. Così, alla vigilia: "Noi abbiamo Romario, e voi? Desailly? Chi..." e giù con la sua risatina smargiassa (ma cosa vai a stuzzicare una bestiaccia come il francesone?). All'Olimpico di Atene il Barcellona ne prenderà 4, come l'Ajax un quarto di secolo prima, che Cruijff è ancora rosso dalla vergogna. Massaro diventerà l'incubo ricorrente di Zubizarreta, poi letteralmente ridicolizzato dal pallonetto geniale di Savicevic. Il sigillo lo metterà Desailly, ça va sans dire. "Poteva finire 7-0" ammetterà un 23enne Guardiola, faro di una squadra che fino all'imbocco del sottopassaggio era il Dream Team del pallone, spumeggiante, armonica, iperoffensiva (95 gol nell'ultima Liga) capace di aggiudicarsi una quaterna di campionati in sequenza e la Coppa dei Campioni '92, soffiandola alla grande Sampdoria di Vialli & Mancini con una cannonata di "Rambo" Koeman. Era il Barça dei Nadal, Bakero, Amor, Begiristain, Goikoetxea, Michael Laudrup e Hristo Stoickov, Pallone d'oro in quel 1994 dopo l'exploit della sua Bulgaria nel mondiale americano.
PRECEDENTI - La supersfida di stasera al Meazza sarà la 13.a ufficiale nella storia incrociata di rossoneri e blaugrana. Curioso, ma neanche troppo, che i numeri siano in assoluto equilibrio: su 12 gare disputate 4 sono le vittorie milaniste, 4 quelle catalane e altrettanto i pareggi. In perfetta parità anche il computo delle reti: 16 ciascuno. Come dire che nel tempo le due compagini si siano bilanciate, benché in fatto di Champions il Diavolo conduca 7-4.
LA BATOSTA E LA VENDETTA - Certo l'impatto fu abbastanza scioccante per i meneghini: il 4 novembre del 1959, nell'andata degli ottavi di Coppa dei Campioni, gli spagnoli, guidati da Helenio Herrera e con le stelle Suarez e Kubala, s'imposero a San Siro per 2-0. Peggio al Camp Nou, una mattanza, sonoro 5-1. Dovranno trascorrere 30 lunghi anni per vederli nuovamente di fronte, stavolta in palio c'è la Supercoppa Europea, che ai tempi si assegnava sul doppio match. A Barcellona - dove il Milan aveva conquistato la Coppa a maggio stritolando lo Steaua - finisce 1-1, rigore di Van Basten e pari di Amor; a Milano ci pensa "Bubu" Evani con una sventola mancina delle sue a regalare il trofeo al presidente Berlusconi.
I LAMPI DI SHEVA E DINHO - Da questo momento i confronti tra le due si fanno frequenti (sempre in Champions) da diventare quasi un classico. Dopo la sovracitata finalissima di Atene si torna in Catalogna nel 2000, nella prima - e unica - vittoria corsara dei rossoneri: è la magica notte della strana coppia Coco-Bierhoff. Pirotecnico il match di ritorno (3-3) impreziosito dalla tripletta di Rivaldo e dalla doppietta di Albertini. Un successo per parte nel 2004, annata dorata di Shevchenko e antipasto per quella di Ronaldinho (indimenticabile la rete con il no-look e la frecciata nel sette), mentre pesantissimo è il gol di Giuly al Meazza nel 2006, perché consegna ai suoi la finale di Parigi poi vinta sull'Arsenal.
CLONATI - Il resto è storia recente, la zuccata di Thiago Silva che a settembre ha gelato Messi e compagni sancendo il definitivo 2-2 . Ora ci si gioca la testa del girone ma soprattutto il prestigio, per Allegri rappresenta un'importante prova del nove contro la formazione più forte del pianeta. Guardiola l'ha plasmata sullo squadrone di Cruijf, di cui Pep, tuttavia, è l'unico a non esserne un replicante. Non si sognerebbe mai di dire, sullo stile dell'Olandese volante: "Noi abbiamo Messi, e voi? Ibrahimovic? Ibra chi...". Ne andrebbe della sua incolumità fisica. In fin dei conti Desailly era un buono. Lui.
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Quella serataccia il buon Johann se l'andò proprio a cercare. Si era fatto pure fotografare con la coppa qualche giorno prima della partita. E' destino che quando vede Milan gli dice male. Eppure la scoppola del '69 al Bernabeu il Profeta avrebbe dovuto rammentarla, sebbene fosse giovanissimo. Macché. Le assenze per squalifica di Baresi e Costacurta lo avevano gasato a mille. Così, alla vigilia: "Noi abbiamo Romario, e voi? Desailly? Chi..." e giù con la sua risatina smargiassa (ma cosa vai a stuzzicare una bestiaccia come il francesone?). All'Olimpico di Atene il Barcellona ne prenderà 4, come l'Ajax un quarto di secolo prima, che Cruijff è ancora rosso dalla vergogna. Massaro diventerà l'incubo ricorrente di Zubizarreta, poi letteralmente ridicolizzato dal pallonetto geniale di Savicevic. Il sigillo lo metterà Desailly, ça va sans dire. "Poteva finire 7-0" ammetterà un 23enne Guardiola, faro di una squadra che fino all'imbocco del sottopassaggio era il Dream Team del pallone, spumeggiante, armonica, iperoffensiva (95 gol nell'ultima Liga) capace di aggiudicarsi una quaterna di campionati in sequenza e la Coppa dei Campioni '92, soffiandola alla grande Sampdoria di Vialli & Mancini con una cannonata di "Rambo" Koeman. Era il Barça dei Nadal, Bakero, Amor, Begiristain, Goikoetxea, Michael Laudrup e Hristo Stoickov, Pallone d'oro in quel 1994 dopo l'exploit della sua Bulgaria nel mondiale americano.
PRECEDENTI - La supersfida di stasera al Meazza sarà la 13.a ufficiale nella storia incrociata di rossoneri e blaugrana. Curioso, ma neanche troppo, che i numeri siano in assoluto equilibrio: su 12 gare disputate 4 sono le vittorie milaniste, 4 quelle catalane e altrettanto i pareggi. In perfetta parità anche il computo delle reti: 16 ciascuno. Come dire che nel tempo le due compagini si siano bilanciate, benché in fatto di Champions il Diavolo conduca 7-4.
LA BATOSTA E LA VENDETTA - Certo l'impatto fu abbastanza scioccante per i meneghini: il 4 novembre del 1959, nell'andata degli ottavi di Coppa dei Campioni, gli spagnoli, guidati da Helenio Herrera e con le stelle Suarez e Kubala, s'imposero a San Siro per 2-0. Peggio al Camp Nou, una mattanza, sonoro 5-1. Dovranno trascorrere 30 lunghi anni per vederli nuovamente di fronte, stavolta in palio c'è la Supercoppa Europea, che ai tempi si assegnava sul doppio match. A Barcellona - dove il Milan aveva conquistato la Coppa a maggio stritolando lo Steaua - finisce 1-1, rigore di Van Basten e pari di Amor; a Milano ci pensa "Bubu" Evani con una sventola mancina delle sue a regalare il trofeo al presidente Berlusconi.
I LAMPI DI SHEVA E DINHO - Da questo momento i confronti tra le due si fanno frequenti (sempre in Champions) da diventare quasi un classico. Dopo la sovracitata finalissima di Atene si torna in Catalogna nel 2000, nella prima - e unica - vittoria corsara dei rossoneri: è la magica notte della strana coppia Coco-Bierhoff. Pirotecnico il match di ritorno (3-3) impreziosito dalla tripletta di Rivaldo e dalla doppietta di Albertini. Un successo per parte nel 2004, annata dorata di Shevchenko e antipasto per quella di Ronaldinho (indimenticabile la rete con il no-look e la frecciata nel sette), mentre pesantissimo è il gol di Giuly al Meazza nel 2006, perché consegna ai suoi la finale di Parigi poi vinta sull'Arsenal.
CLONATI - Il resto è storia recente, la zuccata di Thiago Silva che a settembre ha gelato Messi e compagni sancendo il definitivo 2-2 . Ora ci si gioca la testa del girone ma soprattutto il prestigio, per Allegri rappresenta un'importante prova del nove contro la formazione più forte del pianeta. Guardiola l'ha plasmata sullo squadrone di Cruijf, di cui Pep, tuttavia, è l'unico a non esserne un replicante. Non si sognerebbe mai di dire, sullo stile dell'Olandese volante: "Noi abbiamo Messi, e voi? Ibrahimovic? Ibra chi...". Ne andrebbe della sua incolumità fisica. In fin dei conti Desailly era un buono. Lui.
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